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Cronaca

Quell'ex allevamento ittico nascondeva una bomba ecologica

Lo ha scoperto l'Arpa nel sopralluogo assieme ai vigili del fuoco dopo l'incendio di oggi: amianto, fusti di oli e liquidi di scarto, plastiche. Tutto fuso e surriscaldato dal calore

BRINDISI – L’ex allevamento ittico “Orovivo dell’Adriatico Srl”? Una vera e proprio bomba ecologica, peggio di quelle discariche disseminate nel perimetro del petrolchimico consortile scoperte nei mesi scorsi dall’Arpa, e oggetto di una indagine della procura della Repubblica dopo le denunce arrivate all’esito dei sopralluoghi. Ed è stato ancora una volta un sopralluogo del Dipartimento Arpa Brindisi assieme ai vigili del fuoco dopo l'incendio di questa mattina ad accertare la realtà, probabilmente non l’unica – petrolchimico e Micorosa a parte – che si cela nelle aree abbandonate della zona industriale di Brindisi.

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Una abitudine inveterata a scaricare sul territorio, inquinandolo, il costo economico e sociale dei rifiuti speciali pericolosi prodotti soprattutto da imprese artigiane, cui occorrerebbe risalire per stroncare una spirale che soffoca non solo le zone destinate agli insediamenti produttivi, ma le campagne e la costa. Oggi, al termine degli accertamenti condotti tra le masse fumanti appena spente dai vigili del fuoco del comando provinciale, i tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale hanno chiesto al Comune di Brindisi la messa in sicurezza urgente del sito (resta da capire anche quali siano le competenze del Consorzio Asi, a questo punto).

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E domani mattina sarà depositata in procura la relazione con la notizia di reato, accompagnata dalla richiesta di sequestro del capannone. Al momento si procede contro ignoti. Una situazione, da quanto si apprende, drammatica. L’ex allevamento ittico era diventato nel tempo una grande discarica clandestina con tonnellate di lastre di eternit, fusti di oli esausti e altri liquidi, plastiche, e anche spazzatura “ordinaria” che comunque bruciando sprigiona diossina. Quelle che una volta erano vasche di allevamento dei pesci ne erano piene. E il calore dell’incendio ha sciolto, fuso, liberato le sostanze.

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Quindi, per liberare davvero questa città e il suo territorio dai veleni, bisogna allargare il raggio di azione ad una categoria di inquinatori che non si trova nei grandi impianti, e che abbandona ovunque gli scarti di carrozzerie, falegnamerie, officine meccaniche, imprese edili, per aggirare i costi di smaltimento. Al termine di questa filiera non c’è solo la vergogna per le condizioni in cui viene ridotto il territorio, ma anche la salute delle persone. Le videocamere devono essere usate anche per fermare il disastro ambientale in atto. Di “fuochi” a Brindisi se ne vedono troppi, negli ultimi anni.

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