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Cronaca

Una strada maledetta si è portata via Giorgio, che ne denunciava i pericoli

CEGLIE MESSAPICA - E adesso chi glielo racconta a Michelino? Troppo piccolo persino per ricordarne l’odore. Per imparare a sillabare papà. La favola nera di papà che non torna più a casa, mamma Grazia gliela racconterà come si fa coi bambini, inventando voli di angeli in cielo e per un poco potrà anche bastare. Ma non per molto. Quando Michelino crescerà vorrà sapere. Chiederà come e perché, e insieme a lui da subito lo chiediamo anche noi. Se non basta tutto il sangue versato su quella strada maledetta per intervenire. Lo diceva anche lui, il vigilante perduto nell’ennesimo schianto sulla Ceglie-Francavilla, amico dei giornalisti “denunciate – diceva -, non se ne può più, fatelo sapere a chi di dovere che la gente non può morire così”. Era fatto così, un ragazzone pieno di vita, con un senso speciale della divisa, come se insieme al giuramento avesse fatto voto di prendersi cura della vita degli altri. Senza risparmio. Vita breve e spezzata, maledettamente presto.

CEGLIE MESSAPICA - E adesso chi glielo racconta a Michelino? Troppo piccolo persino per ricordarne l’odore. Per imparare a sillabare papà. La favola nera di papà che non torna più a casa, mamma Grazia gliela racconterà come si fa coi bambini, inventando voli di angeli in cielo e per un poco potrà anche bastare. Ma non per molto. Quando Michelino crescerà vorrà sapere. Chiederà come e perché, e insieme a lui da subito lo chiediamo anche noi. Se non basta tutto il sangue versato su quella strada maledetta per intervenire. Lo diceva anche lui, il vigilante perduto nell’ennesimo schianto sulla Ceglie-Francavilla, amico dei giornalisti “denunciate – diceva -, non se ne può più, fatelo sapere a chi di dovere che la gente non può morire così”. Era fatto così, un ragazzone pieno di vita, con un senso speciale della divisa, come se insieme al giuramento avesse fatto voto di prendersi cura della vita degli altri. Senza risparmio. Vita breve e spezzata, maledettamente presto.

Perdoneranno mamma Mimma e papà Michele, la moglie Grazia e Michelino se la scomparsa di Giorgio non può restare un fatto privato. Questa morte riguarda una comunità tutta intera. Quando il cuore del vigilante ha cessato di battere fra le lamiere contorte, dopo la micidiale carambola sull’asfalto bagnato, la notizia è corsa sul filo, un tam-tam impazzito. Ceglie intera ha trattenuto il respiro con lui. Poi la conferma. “Giorgio? Proprio Giorgio Lorusso, davvero? Dio mio”. Fra rabbia e dolore ognuno ha raccontato la sua. Giorgio Lorusso ha vissuto poco, ma abbastanza per seminare sorrisi ricordi storie. Un sentimento antico, demodè quasi, del rispetto. La battuta al bar, lo scherzo, il caffè sempre pagato da lui, “Faccio io, nossignore”. La risata squillante e generosa, che si sentiva da lontano. Il sentimento di protezione nei confronti degli stranieri che hanno cercato rifugio e trovato casa in questa terra bella e difficile, nelle campagne, che visitava una ad una. Con una parola rassicurante per tutti.

La devozione per il Cavaliere, l’appartenenza a una parte politica non gli ha mai impedito di stringere relazioni, amicizie, di conquistarsi stime dall’altra parte. Non è un dettaglio. Piuttosto, una lezione di civiltà semplice semplice, naturale per lui quanto dura da imparare in un paese troppo spesso diviso da acrimonie di parte. Giorgio lo amava quel paese che era il suo, anche se come pochi ne conosceva limiti e asfissie, imparate fin da bambino, sgambettando intorno al nonno-poeta, Pietro Gatti. La consegna è di tenerle in serbo quelle storie minute, Giorgio ne ha lasciato un boccone per tutti. La consegna è di custodire l’aneddoto, l’istante, come un volume di versi in dialetto, quel tanto di buono che il vigilante ha lasciato. Frammenti strappati al cielo, troppo lontano per Michelino, eredità d’affetti che bisognerà restituire a lui quando sarà grande. Quando vorrà sapere chi era papà.

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