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Cronaca

Valtur: "Patron in odor di mafia"

PALERMO - Fu il traino dell’Ostuni turistica. Oggi rischia di finire incagliato in una inchiesta antimafia tutta siciliana che però potrebbe avere ripercussioni anche nel tacco d’Italia. La Dia di Palermo ha infatti chiesto un sequestro di beni da 5 miliardi di euro a carico di Carmelo Patti, il patron di Valtur. A tanto ammonta il patrimonio dell’imprenditore di Castelvetrano, 78 anni, che è al vertice dell’azienda dei villaggi, uno dei quali si trova proprio sulla costa della Città Bianca, dal lontano 1998. Stando all’accusa Patti sarebbe in realtà il prestanome del boss Matteo Messina Denaro, attualmente latitante numero uno di Cosa Nostra.

PALERMO - Fu il traino dell’Ostuni turistica. Oggi rischia di finire incagliato in una inchiesta antimafia tutta siciliana che però potrebbe avere ripercussioni anche nel tacco d’Italia. La Dia di Palermo ha infatti chiesto un sequestro di beni da 5 miliardi di euro a carico di Carmelo Patti, il patron di Valtur. A tanto ammonta il patrimonio dell’imprenditore di Castelvetrano, 78 anni, che è al vertice dell’azienda dei villaggi, uno dei quali si trova proprio sulla costa della Città Bianca, dal lontano 1998. Stando all’accusa Patti sarebbe in realtà il prestanome del boss Matteo Messina Denaro, attualmente latitante numero uno di Cosa Nostra.

I dipendenti della struttura che si trova tra le località marine di Torre Pozzelle e Lamaforca sono un centinaio, già alle prese con il commissariamento che non è più soltanto una ipotesi ma divenuto realtà concreta a partire dallo scorso mese di ottobre, terminata la stagione 2011. Problemi economici per il colosso delle vacanze estive e invernale di italiani e stranieri. Un bel “buco” al quale si è tentato di porre rimedio, cercando però di non pregiudicare la posizione dei lavoratori. Un’altra tegola, ora, precipita sul Valtur di Ostuni, così come su tutti gli altri villaggi del territorio nazionale e non, siano essi in riva al mare o in alta montagna.

C’è una indagine patrimoniale condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo che riguarda proprio Carmelo Patti: la prima udienza del processo è fissata per il 20 aprile prossimo, davanti alla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani.  Ci sono tre collaboratori di giustizia a chiamare in causa il patron di Valtur per presunti rapporti con esponenti mafiosi del Trapanese: Nino Giuffrè, l'ex fidato di Bernardo Provenzano; Angelo Siino, che negli anni Ottanta era il "ministro dei Lavori pubblici" di Cosa nostra; e Giovanni Ingrasciotta, conoscitore di molti segreti del clan di Messina Denaro. Siino sarebbe stato addirittura testimone di un incontro fra il cavaliere Patti e Francesco Messina Denaro, il padre di Matteo.

La Dia, dopo aver passato al setaccio il patrimonio dell’imprenditore aveva chiesto al Tribunale l’applicazione dei sigilli, una misura anticipata possibile ai sensi della normativa antimafia in vigore una volta accertata una discrepanza tra beni accumulati e proventi delle proprie attività “lecite”. Se il divario non consente di giustificare il possesso di soldi e proprietà allora si può procedere preventivamente con il sequestro.

Il Tribunale di Trapani ha preferito temporeggiare: non è stata apposta la firma in calce all’istanza di sequestro, si dovrà prima valutare ogni dettaglio in un’aula di giustizia, al termine di un confronto tra accusa e difesa che avrà luogo in camera di consiglio, davanti a un giudice terzo. Il procedimento avrà inizio a breve e non è il primo “guaio giudiziario” per Patti che è indagato anche per favoreggiamento aggravato proprio nei confronti di Messina Denaro.

L'impero che la Dia chiede adesso di sequestrare è costituito dalla maggioranza di alcune società che gestiscono una ventina di villaggi turistici della Valtur, ma anche da abitazioni, terreni nella provincia di Trapani e a Robbio, in provincia di Pavia, dove Patti risiede ormai da anni. Da qualche mese la Valtur è in amministrazione straordinaria: è stata la famiglia Patti a chiederlo al ministro dello Sviluppo economico per far fronte a un indebitamento pari a 303,6 milioni l'anno, a fronte di un fatturato di circa 200 milioni. Così ai vertici dell'azienda sono arrivati tre commissari straordinari.

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