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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Vicientino non risponde al gip, arresto convalidato per l'uomo che lo aveva nascosto

MESAGNE - La ex primula rossa della Scu fa scena muta. Il “professore” Daniele Vicientino, 38 anni, si avvale della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Antonia Martalò e del pubblico ministero Alberto Santacatterina nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto nel carcere di Lecce questa mattina, alla presenza dell’avvocato difensore Raffaele Missere. Subito dopo si è tenuto l’interrogatorio di convalida della misura cautelare anche per il presunto favoreggiatore del boss mesagnese, il 48enne Luigi Dell’Atti di Erchie. Il giudice Giuseppe Licci ha contestato all’uomo che aveva messo a disposizione il casolare alla periferia di Torre Santa Susanna al presunto boss, amante delle epopee firmate Ken Follett, l’aggravante del favoreggiamento nei confronti di un latitante con posizione apicale nell’associazione mafiosa.

MESAGNE - La ex primula rossa della Scu fa scena muta. Il “professore” Daniele Vicientino, 38 anni, si avvale della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Antonia Martalò e del pubblico ministero Alberto Santacatterina nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto nel carcere di Lecce questa mattina, alla presenza dell’avvocato difensore Raffaele Missere. Subito dopo si è tenuto l’interrogatorio di convalida della misura cautelare anche per il presunto favoreggiatore del boss mesagnese, il 48enne Luigi Dell’Atti di Erchie. Il giudice Giuseppe Licci ha contestato all’uomo che aveva messo a disposizione il casolare alla periferia  di Torre Santa Susanna al presunto boss, amante delle epopee firmate Ken Follett, l’aggravante del favoreggiamento nei confronti di un latitante con posizione apicale nell’associazione mafiosa.

Il ruolo svolto da Vicientino nella frangia mesagnese della Scu, è tratteggiato a chiare lettere nelle dichiarazioni del pentito Ercole Penna. “Quando uso l’aggettivo nostro”, spiega il neo-collaboratore di giustizia in uno dei primi verbali scaturiti dalla conversione, “faccio riferimento al gruppo capeggiato da me, da Massimo Pasimeni, da Antonio Vitale, da Daniele Vicientino e dai nostri affiliati. Posso dire che noi quattro sostanzialmente stiamo sullo stesso piano al vertice dell’associazione e godiamo di poteri equivalenti. Nel periodo in cui Pasimeni e Vitale erano detenuti, io e Vicientino, liberi, godevamo di pieni poteri e potevamo prendere qualsiasi decisione riguardante l’associazione”.

“In altre parole, chi sta in libertà, potendosi muovere più facilmente di chi è detenuto, gode di un vero e proprio potere di supplenza – ha dichiarato il pentito - e può agire a nome dei capi che sono detenuti. Il potere di prendere decisioni a nome dell’organizzazione comprende anche i fatti più gravi come gli omicidi”. Lapidario, chiaro, puntuale come solo il pentito d’oro Ercole Penna sa essere. Nessun dubbio. Dopo la decimazione del quadrumvirato della Scu, per effetto dell’arresto di Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, a capo del clan dei Mesagnesi c’erano loro: Penna e Vicentino, a dividersi lo scettro, il territorio e gli affari.

Eppure, nella lista degli indagati colpiti dal decreto di fermo della procura antimafia di Lecce per effetto del quale il 28 dicembre scorso finirono in manette 28 sodali della Scu (veri o presunti), il nome di Vicientino curiosamente manca. Il procuratore capo della Dda Cataldo Motta ha spiegato perché: “Non figura fra gli indagati semplicemente perché era latitante”. Ma il carico pesante delle dichiarazioni di Penna, riguarda proprio Vicientino, non a caso entrambi i boss furono colpiti contestualmente dalla ordinanza d’arresto scaturita dalla operazione Calipso, risalente ad oltre sei mesi fa.

Accuse a seguito delle quali Penna ha scelto la via senza ritorno della collaborazione con la giustizia, Vicientino il percorso opposto della latitanza. Le rivelazioni di Penna sono suonate tutt’altro che nuove agli inquirenti. Piuttosto una conferma dei sospetti e dei “gravi indizi di colpevolezza” a carico del boss. Il 29esimo uomo, al quale i carabinieri già davano la caccia, è dunque Vicientino. Nell’ambiente – lo confermano anche il collaboratore Simone Caforio – lo chiamavano “il professore”, capo in prima con “diritto di medaglione”, “braccio destro e con ruolo di responsabile dei vari affiliati”.

Penna sostiene ancora che Vicientino svolgeva le funzioni di “cassiere” dell’associazione, imponendo ad ogni affiliato il versamento di un tributo da destinare a latitanti e carcerati, dichiarazioni confermate anche da Fabio Fornaro: “Vicientino controlla fra l’altro paesi come Carovigno e Ostuni dove il principale referente è  Albino Prudentino ex contrabbandiere che ha molti agganci in Romania e in Grecia e sta lavorando con la cocaina e molto con vestiti contraffatti che provengono da una fabbrica che lo stesso Albino ha in Romania”.

Il pentito prosegue: “Tutti i paesi ad eccezione di Brindisi, corrispondono un pensiero per i carcerati e la cassa, che è gestita da Vicientino”. Parole che fanno il paio con quelle dell’altro collaboratore, Simone Caforio, l’uomo che per la prima volta rivela la politica di pacieri della Scu concepita sia da Penna che da Vicientino: “I due capi Vitale e Pasimeni, con la loro affermazione hanno imposto una rigida divisione di ogni territorio che prevede per ciascun paese un referente ed un gruppo che non può agire al di fuori del territorio assegnato né reclutare affiliati in località diversa dalla propria. Questa soluzione è stata ideata da Penna e Vicientino, i più importanti luogotenenti dei boss, che hanno inteso in questo modo trovare soluzione alle infinite controversie e al caos che si era creato dopo i pentimenti di D’Amico e Leo”.

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