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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Fattura inviata per sbaglio a casa della ex moglie: condannato gestore telefonico

Riconosciuto il danno da violazione della privacy scaturito da inadempimento contrattuale. La compagnia dovrà risarcire il suo utente

Aveva espressamente chiesto che la fattura gli venisse recapitata via mail. Invece a riceverla è stata l’ex moglie. Una nota compagnia telefonica è stata condannata per danno da violazione della privacy scaturito da inadempimento contrattuale. Il giudice di pace di Brindisi, Maria Romanazzi, ha accolto il ricorso presentato dagli avvocati dello studio legale dell’Adoc Uil Brindisi, Marco Elia e Marco Masi, per conto del loro assistito, un uomo residente in provincia di Brindisi. Questi nel 2018 attivò una nuova linea fissa, con espressa richiesta di fatturazione online. Ma nonostante gli accordi contrattuali presi con l’utente, la fattura arrivò a casa della ex, che così venne a conoscenza del numero di telefono e di altri dati personali dello stesso. Poco dopo, sulla nuova linea telefonica fissa, il ricorrente ha ricevuto delle telefonate “mute”: cosa che in passato non si era mai verificata. 

avvocati marco masi e marco elia-2

Tutto ciò ha creato una situazione di tensione nel nuovo nucleo familiare dell’utente, che non ha potuto far altro che cambiare il numero di telefono. Sebbene non sia possibile stabilire un nesso diretto di causalità fra l’errato invio della fattura e le telefonate anonime, il giudice rimarca come “la consapevolezza che il proprio recapito fosse nella disponibilità della ex moglie ha indubbiamente creato una situazione di particolare stress emotivo nel soggetto, già provato dal divorzio”. 

Il gestore, a detta del giudice, ha peccato di “negligenza nei rapporti con il cliente” per non aver utilizzato, come pattuito, la comunicazione via mail. “La responsabilità, quindi, va individuata – si legge nella sentenza – nell’inadempimento contrattuale da parte del gestore, per non aver garantito le condizioni previste espressamente dal contratto”. Il giudice riconosce inoltre la sussistenza nel danno non patrimoniale qualificabile quale danno da violazione della privacy, in quanto “l’inadempimento contrattuale, dal quale è scaturito il danno, ha pregiudicato in modo significativo i benefici che l’utente intendeva conseguire cambiando il numero di rete fissa, ovvero la propria tranquillità domestica”. 

Il danno da violazione della privacy a seguito della diffusione di dati personali è stato quantificato nella somma complessiva di 500 euro, a fronte di una richiesta pari a mille euro avanzata dai legali dell’Adoc. La parte soccombente è tenuta inoltre al pagamento delle spese e competenze di causa. 

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