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Cronaca

Ex veggente, fine inchiesta: “Fantomatico progetto delle croci, truffa da quattro milioni”

Il pm conferma le accuse per Paola Catanzaro: “Nel sodalizio coinvolti il marito, due sorelle e altre cinque persone”. Contestati anche reati finanziari: redditi non dichiarati per 200mila euro in un anno

BRINDISI – Fine delle indagini sul fantomatico progetto delle croci e sulle finte doti mistiche di Paola Catanzaro, già Paolo, con conferma dell’accusa di essere stata a ideatrice e promotrice di un’associazione finalizzata alla truffa per un valore di almeno quattro milioni di euro, con l’aggiunta di reati fiscali perché in un anno avrebbe omesso di dichiarare almeno 200mila euro di redditi. Del sodalizio, secondo la Procura che ora si appresta a chiedere il processo, avrebbero fatto parte il marito Francesco Rizzo, due sorelle di Catanzaro e altre cinque persone, due delle quali avrebbero iniziato a collaborare con la magistratura.

Gli avvisi di conclusione delle indagini

matrimonio sveva cardinale-3-2-2La Procura di Brindisi ha concluso l’inchiesta su Catanzaro, in arte diventata Sveva Cardinale, a distanza di un mese e mezzo dall’arresto della brindisina, 43 anni, ancora ristretta nella sezione del carcere di Lecce, dopo che il Tribunale salentino, in funzione di Riesame, ha respinto il ricorso presentato dal difensore Cosimo Pagliara. Il penalista ha depositato ricorso in Cassazione per ottenere l’attenuazione della misura con il riconoscimento dei domiciliari. Ricorso anche per Francesco Rizzo, marito di Catanzaro, finito ai domiciliari, anche lui destinatario dell’avviso di conclusione e dunque a rischio di processo.

Lo stesso vale per gli indagati rimasti a piede libero: Giuseppe Conte, difeso dall’avvocato Pietro Campanelli del Foro di Bari; Addolorata Catanzaro e Giuseppa Catanzaro, sorelle di Paola Catanzaro; Stefania Casciaro, difesa dall’avvocato Gianfranco Palmieri del foro di Lecce; Anna Casciaro (stesso difensore); Lucia Borrelli, difesa dagli avvocati Felice Indiveri e Massimo Roberto Chiusolo del Foro di Bari; Anna Picoco, difeso dall’avvocato Carmelo Piccolo del Foro di Bari.

Le ipotesi di reato e i ruoli contestati

Il sostituto procuratore Luca Miceli, titolare del fascicolo, ha confermato l’impostazione iniziale in ordine alla presunta esistenza del sodalizio, evidenziando la credibilità di nove persone, indicate come “offese” dopo aver riscontrato l’attendibilità delle denunce sporte nei confronti di Catanzaro e delle persone che a lei sarebbero state vicine.  Il ruolo di promotore è stato contestato a Catanzaro: secondo il pm aveva “compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle vittime e delle azioni delittuose da compiere, nonché dei settore in cui investire i proventi dei delitti di scopo e ideatore del progetto delle croci, chiamato anche dei doni.

Gli altri sarebbero stati partecipi e in quanto tali, secondo il pm, avrebbero “fornito un costante contributo per la vita dell’associazione mettendosi a completa disposizione degli interessi del sodalizio, con il compito di avvicinare le vittime di turno, carpirne i segreti più intimi che poi venivano svelati a Catanzaro, la quale a sua volta li usava per suggestionare i malcapitati e far credere loro di avere poteri mistici e paranormali”. Avrebbero anche riscosso, secondo la contestazione, “le somme di denaro versate in contanti dalle vittime delle truffe e trasmesso loro i messaggi del mistico diretti a sugellare la fedeltà e il silenzio”.

Le doti mistiche

Tutti avrebbero finto che Catanzaro “possedesse doti mistiche che le permettevano di entrare in contatto con entità divine, come la Madonna e Gesù” e avrebbero anche “adottate tecniche volte a suggestionare l’interlocutore”. Nell’avviso di conclusione, il pm ha anche evidenziato il ruolo rispetto alla trasmissione alle vittime di messaggi “assertitamente inviati da Dio" e contenenti la loro chiamata da parte del Signore o ancora su come comportarsi nella vita sociale e di relazione. Nel provvedimento di arresto, firmato dal gip, era state sottolineate le vicende di donne che hanno sposato uomini indicati da Catanzaro, di altre che hanno abortito o ancora che si sono sottoposte a inseminazione artificiale.

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Le minacce di morte a bimbi in realtà mai nati

Nella lettura complessiva che di quelle denunce ha fatto il pm, viene contestato a Catanzaro il fatto di aver “approfittato della soggezione psicologica e di aver ingenerato il timore di pericoli immaginari”. Come ad esempio “la morte di due figli” prospettati all’imprenditore di Bari che per primo ha sporto denuncia. Bimbi in realtà mai nati ma che Catanzaro sosteneva che non solo fossero stati da lei concepiti, ma che erano destinati a salvare il mondo.

Il progetto delle croci

Il progetto delle croci sarebbe stato finalizzato alla “diffusione del messaggio evangelico e doveva consistere nella realizzazione e successiva diffusione nel mondo di croci in legno”, per salvare il mondo da guerra, carestie, terremoti. Attraverso condotte qualificate dal pm come “artifici e raggiri”, il gruppo sarebbe riuscito a procurarsi “periodiche elargizioni di denaro in contanti”. Somma che sarebbe invece finita nella disponibilità di Catanzaro. Con due aggravanti: aver cagionato alle persone offese un danno di rilevante entità e  aver ingenerato pericoli immaginari. La contestazione arriva sino al mese di maggio 2017.

I reati finanziari: omessa dichiarazione dei redditi

A tali contestazioni, si aggiungono quelle legate a reati di natura finanziaria, perché secondo l’accusa, Catanzaro “al fine di evadere le imposte sui redditi ometteva di presentare la dichiarazione annuale relative alle imposte dirette e all’Iva per il 2014”. In tal modo avrebbe tenuto nascosti al Fisco “elementi attivi di reddito per 200mila euro ed evaso imposte dirette per 79.170 euro, importo superiore allo soglia di non punibilità prevista dalle disposizioni di legge.

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La riscossione coattiva e gli atti fraudolenti

Non solo. Il pm contesta ai coniugi Catanzaro Rizzo di aver poste in essere “atti fraudolenti” nel periodo in cui la coppia venne sottoposta a verifica fiscale dai militari della Guardia di Finanza di Brindisi, finalizzati a “sottrarre Catanzaro dal pagamento di imposte su valore aggiunto e sanzioni amministrative relative, per un importo di un milione e 373.091 euro e 99 centesimi, per diversi periodi”.Più esattamente: 54.201, 62 per il periodo d’imposta 2011; 335.683,06 per il 2012; 258,597,65 per il 2014; e ancora 400.636, 68 per il 2015 e 323.898,98 per il 2016.

Le azioni, secondo l’accusa, sarebbero state finalizzate a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva su una polizza assicurativa di importo residuo pari a 44 mila euro, stipulata il 24 marzo 2014 con scadenza a vita della quale Catanzaro otteneva l’improvviso disinvestimento, senza alcuna valida motivazione.

Il rischio di processo

Gli indagati hanno venti giorni di tempo per presentare memorie o produrre documenti relativi a indagini difensive, oppure chiedere al pm il compimenti di atti di verifiche o ancora, nello stesso termine, rendere dichiarazioni o chiedere di essere sottoposti a interrogatori. Alla scadenza del termine, il pm deciderà se esercitare o meno l’azione penale con la richiesta di rinvio al giudizio del Tribunale.

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