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Consorzio Asi, tutto ancora bloccato. E i problemi delle zone industriali si aggravano

BRINDISI - Il direttore di Confindustria Brindisi, Angelo Guarini, aveva commentato novanta giorni fa, non senza una punta di sdegno: “L’Asi ai politici? Era prevedibile”, correva il tre settembre dell’anno ancora in corso. Era ancora la vigilia delle nomine in seno alla assemblea consortile che preludeva al pasticciaccio brutto della politica nostrana, quello che ha trascinato la zona industriale brindisina, a un altro mezzo anno di paralisi dopo tre lustri o poco più, di commissariamento.

BRINDISI - Il direttore di Confindustria Brindisi, Angelo Guarini, aveva commentato novanta giorni fa, non senza una punta di sdegno: “L’Asi ai politici? Era prevedibile”, correva il tre settembre dell’anno ancora in corso. Era ancora la vigilia delle nomine in seno alla assemblea consortile che preludeva al pasticciaccio brutto della politica nostrana, quello che ha trascinato la zona industriale brindisina, a un altro mezzo anno di paralisi dopo tre lustri o poco più, di commissariamento.

L’assemblea designata a lacrime e sangue, ormai è pacifico per tutti, è illegittima, e contrariamente a quanto si pensava in principio (altro non fare che varare il nuovo statuto adeguandolo alla legge 2 dell’8 marzo 2007, entro novanta dalla designazione, poi scioglimento), secondo le ultime notizie dovrebbe essere invece subito azzerata e sostituita da un’altra composta solo dai sindaci dei quattro Comuni associati e dai presidenti di provincia e Camera di Commercio. Questa dovrebbe poi varare il nuovo statuto.

Ma l’ordine dalla Regione non risulta sia giunto alla sede dell’Asi all’ex Punto Franco. A meno che non sia stato impartito direttamente al commissario Armando Serra, ma anche in questo caso nessun passo. Insomma, il tempo scorre ancora e trascorre inesorabilmente senza che alcuno prenda mezza decisione, levi la voce, decida il che fare. Eppure ci sarebbe solo da convocare l’assemblea, varare lo statuto benedetto, e poi dotare il consorzio del minimo sindacale di organi utili a far muovere sui binari giusti l’ente. Come hanno già fatto senza porre tempo in mezzo a Bari, a Lecce, a Taranto e pure in Capitanata. A Brindisi no, la solfa è un’altra.

La Regione non sollecita. La Provincia di Brindisi con i Comuni di Brindisi, Fasano, Ostuni e Francavilla non muovono un dito, come pure la Camera di Commercio. Insomma, si discute di tutto, dalle facezie ai massimi sistemi, convenzioni energetiche che potrebbero cambiare il volto della politica industriale brindisina incluse, e tutti sembrano attendere il beau geste della svolta, dall’unico che in fondo può ancora permettersi di aspettare: il commissario Armando Serra.

Qualcuna delle priorità appese al chiodo dei ritardi quindicinali? Le aveva passate in rassegna a denti stretti proprio Guarini, a nome degli imprenditori tutti: “Guardi, malgrado antifurto, sistemi d’allarme, e ogni sorta di misura contro i raid criminali, i furti e le scorrerie nella zona industriale continuano ad essere ben superiori alla soglia d’allarme. Esiste un problema sicurezza che va affrontato il più rapidamente possibile, e in maniera organica, di concerto con le istituzioni. Esiste poi un problema infrastrutturale serio, a partire dall’Adsl. E’ impensabile che nelle nostre zone industriali la capacità di navigazione sia a intermittenza, o non ci sia affatto. Idem per manutenzione stradale e illuminazione.

Insomma, problemi elementari che rendono la quotidianità in seno alle imprese assai complicata. Glielo dico anche guardando alle abissali differenze fra la nostra zona industriale e quelle nelle quali mi capita di imbattermi più di qualche volta, all’estero. C’è un abisso incolmato ma non incolmabile. Dovremmo avere più riguardo anche all’aspetto dell’accoglienza. Non so immaginare cosa pensa un imprenditore ospite venendo in visita dalle nostre parti”.

Ma si sa invece cosa pensano gli imprenditori locali, ancora alle prese con la questione delle bonifiche a Brindisi, a Francavilla con la carenza di infrastrutture, e quelli del primo lotto di Ostuni abbandonati tra strade rotte e capannoni abbandonati. E si sa cosa ne pensano i 30 dipendenti mollati da Veolia assieme al termodistruttore di rifiuti speciali (di proprietà Asi), con la terza protoga di cassa integrazione in scadenza il 31 dicembre, costretti a sperare di riceverne una quarta altrimenti sarà la fine perchè l'impianto è ancora sotto sequestro da parte della procura di Brindisi, che indaga sulla base di un esposto della stessa Veolia.

Non c'è nessuno all'infuori del sindacato ad occuparsi di loro. Non c'è stato un provvedimento della magistratura come quello dell'indagine sul Petrolchimico; lì la fabbrica l'hanno fatta andare a condizione di un ricondizionamento degli impianti. Qui no, tutto chiuso da subito. E non si sa sino a quando. C'è una società, la Cisa di Massafra (gruppo Marcegaglia) che ha vinto il bando per subentrare a Veolia. Ma ci sono i sigilli. La gente ha paura di perdere tutto. E quell'impianto che ha fruttato palate di milioni a tanti sembra ora dimenticato dalla politica come se scottasse. Un impianto di proprietà dell'Asi, che contribuiva in maniera importante alle entrate dell'ente. Gli operai però non possono permettersi i lussuosi tempi della politica.

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