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Riforma porti: la moratoria idea balorda e dannosa per Brindisi

Il porto di Brindisi rischia di diventare sempre più argomento di recriminazioni e di rivendicazioni di facciata mentre per gli altri porti si decide e ci si attrezza per il futuro. Le polemiche non sono mai mancate così come non mancano in questo periodo in cui si sta decidendo una riforma della portualità, attesa e necessaria da temp

Il porto di Brindisi rischia di diventare sempre più argomento di recriminazioni e di rivendicazioni di facciata mentre per gli altri porti si decide e ci si attrezza per il futuro. Le polemiche non sono mai mancate così come non mancano in questo periodo in cui si sta decidendo una riforma della portualità, attesa e necessaria da tempo.

Brindisi ha vissuto e vive con disagio questo passaggio. Ma di iniziative forti e credibili, di proposte costruite in trasparenza e con procedure di partecipazione condivise per il porto, non si è vista neanche l'ombra. Intanto l'autorità portuale di Brindisi continua, con il suo bilancio, a drenare parassitariamente risorse e a languire. Tutto va sempre in una sola  direzione: conservare lo status quo contribuendo a prolungare l'agonia di un porto che, così come è,  ha un futuro incerto.

Facciamo un po' il punto. Dopo anni di tanto parlare e di tentativi, con questo governo e grazie al ministro Delrio, è stata varata finalmente una riforma dei porti. Dalle 24 autorità portuali oggi esistenti, di cui 18 attualmente commissariate, si passa a 15 autorità di sistema che dovranno gestire complessivamente i 54 maggiori scali portuali italiani. Dovevano essere 14 ma in Puglia, dove era prevista una unica autorità di sistema, ne sono state decise due, una a Taranto e l'altra a Bari con Brindisi.

Ho avuto modo in altri interventi di sottolineare che questa scelta è strategicamente e logisticamente sbagliata. Le logiche campanilistiche e di potere, di cui anche questo governo non è immune, hanno avuto il sopravvento sulla razionalità e sulla efficacia della proposta di un sistema portuale pugliese.

Nella riforma, al di là di questa scelta, sono contenuti, però, novità e innovazioni che fanno saltare le rendite burocratiche e i parassitismi che si sono addensati negli anni attorno alle vecchie autorità portuali e  che in molti casi non hanno saputo garantire e valorizzare gli interessi e le potenzialità degli stessi porti e delle comunità che in essi e per essi operano. Brindisi ne è un fulgido esempio!

Alla guida delle nuove autorità di gestione sono previste strutture leggere: un presidente, un segretario generale, un comitato di gestione snello e rappresentativo dando così un taglio netto ai vecchi comitati portuali, pieni di conflitti di interessi e di opportunismo. Sono inoltre previste semplificazioni: uno sportello doganale per ogni sistema portuale invece delle singole emanazioni delle agenzie delle dogane, procedure rapide per la redazione e approvazione dei piani regolatori portuali.

Nei giorni scorsi, però, nella conferenza Stato-Regioni, convocata per il parere sullo schema di decreto legislativo recante "Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali”, è stato trovato un compromesso che rischia di vanificare la riforma.

Il compromesso indica che il suddetto decreto legislativo debba prevedere, su richiesta motivata dei presidenti delle Regioni al presidente del Consiglio, la proroga fino a tre anni della gestione autonoma delle autorità portuali attuali.

È un compromesso stravagante. Nei prossimi tre anni, su richiesta delle Regioni, si potrebbe determinare la sopravvivenza di molte delle vecchie autorità portuali e un sistema portuale a geometria variabile, con diverse forme giuridiche di gestione e amministrazione dei porti. Le Regioni per non avere problemi politici e istituzionali territoriali potrebbero essere orientati a procrastinare lo status quo di alcune autorità portuali. Non a caso questo compromesso è stato voluto dalle regioni che hanno già problemi di questa natura. E la riforma? E il piano nazionale della logistica e della portualità?

Ragioniamo. Qualora il compromesso trovato avesse effetti ci troveremmo di fronte alla ingovernabilità e inaffidabilità totale della stessa riforma.  Ci sarebbero da una parte le nuove autorità di sistema, snelle, con nuovi poteri e dall'altra le vecchie autorità per le quali si è chiesta la loro proroga.

Nelle autorità riformate ci sarebbero comitati portuali composti in maniera totalmente diversa rispetto ai precedenti che invece sopravvivrebbero nelle autorità prorogate per tre anni. Un guazzabuglio anche per quanto riguarda i poteri, le opere portuali, le competenze amministrative. L'Agenzia delle Entrate e quella delle Dogane dovrebbero adattare la propria organizzazione alle diverse scelte di ogni regione. Compagnie internazionali commerciali, terminalisti, operatori si troverebbero a fare i conti con regimi diversi. Come si vede più che di un compromesso si tratta di un vero e proprio monumento all'improvvisazione o una presa in giro a discapito dei porti le cui autorità sarebbero prorogate.

Nel piano della logistica e della portualità che è stato approvato dalla stessa conferenza Stato-Regioni saranno presi in considerazione i sistemi portuali o le vecchie autorità portuali? La risposta è scontata. Saranno le autorità di sistema che avranno la meglio e avranno più chance.

E veniamo alla Puglia e a Brindisi. Qualcuno ha chiesto, facendo riferimento a quanto deciso dalla conferenza Stato-Regioni, la moratoria di tre anni per la autorità portuale di Brindisi. Ammesso che la Regione Puglia  attivi la procedura e che si ottenga la moratoria, per tre anni si ritornerebbe a tre autorità portuali delle quali due, nuove, di sistema, Bari e Taranto, gestite con nuovi poteri, più snelle, efficaci e di riferimento del coordinamento nazionale della logistica e della portualità e un'altra, quella di Brindisi, gestita con il  vecchio regime.

Un'ipotesi a dir poco balorda, controproducente per lo stesso porto di Brindisi. La moratoria se è un modo per prendere tempo,  rischia solo di far perdere tempo prezioso al porto, rendendolo più marginale, provvisorio e residuale. Il doppio regime che si determinerebbe in Puglia a seguito della moratoria avvantaggerebbe certamente le autorità di sistema, Taranto e Bari. Brindisi continuerebbe nell'andazzo e nella incertezza.

Gli altri porti si doterebbero di strutture e infrastrutture, utilizzerebbero le opportunità del piano della logistica e della portualità e i relativi finanziamenti che dovranno essere compatibili e approvati dal governo secondo il suddetto piano, sarebbero favoriti dalle nuove procedure amministrative e potrebbero utilizzare servizi più competitivi e coerenti con la nuova normativa e con la logica di sistema.

Brindisi invece continuerebbe a sprecare risorse, ad agire al di fuori di qualsiasi sistema e in una situazione di provvisorietà. Sarebbe più debole. Allora più che di una moratoria di sopravvivenza, il porto di Brindisi, la città, hanno bisogno, innanzitutto, di essere parte di un sistema, di riprendere, con autorevolezza e unità, la battaglia per una autorità unica regionale, e, contestualmente, prepararsi per contrattare le condizioni funzionali, progettuali e strategiche per una sua valorizzazione.

E questo anche se non si riuscisse ad ottenere risultati in questa direzione e se si dovesse rimanere nella nuova autorità di sistema portuale dell'Adriatico meridionale. Brindisi si doti di proposte e progetti e non si faccia prendere in giro.

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