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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Intervento/ Il caso Grimaldi e la crisi del porto visti da un giovane di 20 anni

Sono un ragazzo di 20 anni, da sempre appassionato di traffico aereo e marittimo, e quindi, in questo caso, scrivo come osservatore del porto di Brindisi. Sono stati pubblicati tantissimi articoli in questo periodo in merito alla richiesta di concessione avanzata dal Gruppo Grimaldi

Sono un ragazzo di 20 anni, da sempre appassionato di traffico aereo e marittimo, e quindi, in questo caso, scrivo come osservatore del porto di Brindisi. Sono stati pubblicati tantissimi articoli in questo periodo in merito alla richiesta di concessione avanzata dal Gruppo Grimaldi; hanno parlato le parti politiche, hanno parlato i rappresentanti dell’Autorità portuale, il sindaco, gli operatori portuali. Per questo motivo sento il bisogno di scrivere questa lettera in qualità di cittadino osservatore delle dinamiche di un sistema portuale che sono andate affievolendosi via, via con il passare degli anni.

Ho viaggiato con traghetti da Brindisi per la Grecia praticamente da sempre, e le prime traversate le ho effettuate con la Adriatica di Navigazione. Sono però purtroppo due anni che ho deciso di non partire più dal porto di Brindisi, a causa di mancanza di collegamenti diretti con le isole Ionie, in particolare con Corfù. Brindisi aveva la fama (l’imperfetto è, purtroppo, obbligatorio) di essere la porta per l’Oriente. Il maestoso porto naturale, che abbiamo la fortuna di avere e che ci invidiano, è stato il gate storico verso la Grecia, l’Albania, la Turchia, l’Egitto e perfino porto di partenza della Compagnia delle Indie Orientali.

E abbiamo avuto da sempre la fama di porto fondamentale, da cui sono transitati personaggi storici del calibro di Cesare, Pompeo, Virgilio, Marco Pacuvio, Orazio, Gandhi. Galateo scriveva nel Liber De Situ Iapygiae: “Ci sono solo tre porti al mondo: Giugno, Luglio e Brindisi”, a testimonianza della sicurezza naturale che dava e dà il nostro porto alle navi, che è continuativa durante tutti i periodi dell’anno.

È bene sempre premettere questi particolari storici, perché dovrebbero aiutarci a vedere in prospettiva ciò che invece il porto di Brindisi è diventato adesso. Brindisi era la porta dei commerci e del turismo: è stato per anni l’unico porto d’Italia per poter raggiungere direttamente non solo Corfù, ma anche Paxoi, Cefalonia e Zante, senza nemmeno contare le destinazioni che un tempo facevano parte del network di contatti che ora, per forza di cose, non è più conveniente raggiungere con un collegamento diretto in nave, come Pireo, Creta, Cesme e Izmir. 

Il porto dovrebbe essere onore e vanto della città, portatore di crescita, di cultura, generatore di lavoro. Invece a Brindisi sembra che si nasconda un sadico gusto nel maltrattarlo, nel vederlo perire lentamente. Vorrei dunque creare alcuni punti di riflessione, prendendo anche spunto dalla lettera inviata dall’ufficio legale del Gruppo Grimaldi a questa testata.

Innanzitutto si dovrebbe precisare che, dal momento dall’abbandono del nostro porto da parte di Adriatica nel 1999, Brindisi ha comunque continuato ad avere collegamenti stabili con la Grecia con compagnie, tutte greche, che hanno contribuito a scrivere pagine positive della storia del porto, compagnie come Med Link Lines, la storica Fragline, Strintzis Lines/Blue Star Ferries, Maritime Way, Endeavor Lines, Agoudimos Lines ed Hellenic Mediterrenean Lines, giusto per citarne alcune. Questa cattiva fama che si vuol creare intorno alle compagnie greche è, a mio avviso, ingiusta, in quanto è proprio grazie a queste se il porto è rimasto attivo e competitivo.

L'Eurocargo Brindisi-2Parlando invece propriamente della concessione, ci sono questi punti che si dovrebbero considerare: appurato che, nel porto interno, i traghetti attualmente utilizzati hanno dimensioni superiori alla capacità delle banchine del Seno di Levante; Sant’Apollinare è oggetto di lavori che si spera portino a creare nuovi ormeggi, come si può pensare che un porto grande come il nostro, che attualmente ha l’handicap di avere solo tre accosti disponibili per navi traghetto di grandi dimensioni, possa permettersi di dare in gestione ad un privato, il quale oltretutto è uno dei gruppi armatoriali più potenti al mondo, gli unici ormeggi disponibili? Come si potrebbe creare la competizione, che è ciò che dà vivacità ad un porto?

Il pensiero comune che in questi giorni circola tra le impressioni di alcuni cittadini che stanno seguendo sui giornali questa vicenda è che: poiché non c’è nessun altra compagnia che al momento vuol venire a Brindisi, tanto vale dare tutto in gestione ad una sola compagnia per la “modica” durata di 20 anni, così siamo sicuri che comunque il porto avrà sempre e comunque collegamenti.

Personalmente, una opinione del genere, mi incute paura e voglio sperare che chi sarà preposto a decidere non la condivida, in quanto dimostra una totale mancanza lungimiranza, una drammatica rassegnazione, sentimento che in questa città pare regnare sovrano, una completa mancanza di fiducia in un futuro più prospero dove le sorti del porto possano cambiare e si possa tornare ad avere indici in crescita. Le priorità di una compagnia possono variare nel tempo e Brindisi non dovrebbe rischiare di rimanere invischiata in una decisione che invece di portare la tanto annunciata crescita, possa invece rivelarsi una catastrofe.

Altra considerazione da fare è questa: nella domanda di concessione avanzata dal gruppo partenopeo sono ben chiare le richieste che vengono fatte, sono invece assenti, e probabilmente non a caso, le garanzie che in cambio si assicurano al porto. È ormai chiaro che Grimaldi punti tutto sul traffico dei camion: al momento sono in servizio delle navi per passeggeri e merci (Ro/Pax) che assicurano almeno una minima capacità passeggeri.

Ma, poiché si sa che il guadagno dato dal trasporto di un camion è nettamente superiore a quello dato dal trasporto di un’auto privata, chi potrebbe impedire, una volta ottenuta la concessione, a Grimaldi di trasformare la linea per la Grecia da linea mista passeggeri/merci ad una linea solo merci (Ro-Ro), analogamente a come avviene già oggi per la linea Ravenna-Brindisi-Catania? Si deve dare atto che dal 2012, anno di partenza della linea per la Grecia, ad oggi, il traffico tir è incrementato notevolmente, al contrario di quello di passeggeri e auto, ma che ricchezza portano alla città dei numeri di camion, tir e trailer che passano soltanto dal porto alla superstrada e viceversa?

Nella richiesta di concessione vi è anche la clausola che la compagnia diventi dunque terminalista, acquisendo il “terminal” all’interno dell’area portuale di Punta delle Terrare. Che piano di investimenti è uno che vuol prendere in gestione strutture già esistenti, seppur lacunose per diversi motivi, ma, ribadisco, comunque già presenti? Cosa rimane per gli “altri”?

Non sarebbe meglio se l’Autorità Portuale di Brindisi, cercasse di sistemarsela da sola quella struttura? Come in molti hanno detto in questi giorni, se si vuole davvero investire seriamente, perché la Compagnia non prende in gestione una delle tante aree del porto che non sono state ancora completate? Le ha nominate proprio Grimaldi nella lettera inviata a questo giornale, le aree come quella di Costa Morena Est e di Sant’Apollinare, che sono tutte da infrastrutturare.

Inoltre la compagnia napoletana, grazie alla concessione, diventerebbe anche impresa portuale, congedando, dunque, tutte le imprese portuali locali che attualmente lavorano con loro, con il risultato di un inevitabile aggravamento della crisi economica in cui già versano molte imprese portuali per via dei tempi che corrono, e che, prevedibilmente, scaturirebbero in una ondata di licenziamenti. Non mi sembra di aver letto, infatti, da nessuna parte la possibilità che Grimaldi crei nuovi posti di lavoro grazie alla concessione.

In merito alle destinazioni servite: dall’abbandono forzato per via della crisi greca di Endeavor Lines nel 2012, Brindisi ha perso tutti i collegamenti con le isole Ionie, con un conseguente pauroso declino del già basso numero di passeggeri che sceglievano Brindisi come porto di imbarco. Per il 2015 è stato annunciato un collegamento stagionale con Corfù, le cui vendite non sono ancora state aperte, ma questo annuncio non è comunque una sicurezza in quanto non sarebbe la prima volta che Grimaldi annuncia collegamenti verso questa isola e poi ci ripensa. Ma, comunque, nella richiesta di concessione non si pone alcuna garanzia a tutela delle destinazioni e del traffico turistico.

Queste personali considerazioni mi hanno portato dunque ad arrivare al succo della questione: come si può pensare di accordare una concessione per 20 anni avendo tutti questi interrogativi e questi limiti logistici e strutturali? A maggior ragione, inoltre, se dovessimo porci anche i limiti dettati dal “recente” piano regolatore portuale datato 1975, allora non dovremmo parlare nemmeno di Punta delle Terrare, in quanto quell’area, secondo il piano regolatore vigente, non ha come destinazione d’uso l'approdo di navi/traghetto. Però a Brindisi ci piace essere fuori dagli schemi quando si tratta di regole.

L’Autorità Portuale di Brindisi è però molto favorevole a qualsiasi proposta avanzata da Grimaldi, sin da quando hanno iniziato a scalare il porto, applicando anche trattamenti di favore mai visti prima per nessuna altra compagnia. Si spera che, con la scadenza prossima del mandato dell'attuale presidente, e con il probabile accorpamento con l’Autorità Portuale del Levante, si cambi musica.

Si potrebbero scrivere libri sui problemi del porto di Brindisi, investimenti sbagliati, noncuranza, pratiche di ormeggio arcaiche, degrado del porto interno e della ex stazione marittima, mancanza di banchine elettrificate (e potremmo permettercele benissimo visto che Brindisi “gode” della presenza di tre centrali elettriche), il povero Castello Aragonese mandato in rovina da atti di vandalismo e di delinquenza. Ma per il momento, non possiamo e non dobbiamo permettere a nessun privato di seppellire quel poco che ci resta. Non dobbiamo.

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