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Marinò difende le aziende: "Se non avesse tenuto l'industria, saremmo affondati"

BRINDISI - Confindustria a muso duro non contro l’ambiente, come denunciano gli ambientalisti, ma contro gli ambientalisti stessi. Il presidente dell’associazione industriali di Brindisi, Giuseppe Marinò, stavolta non ci sta, non la manda a dire, e respinge al mittente le tesi recentemente esposte dal movimento contro la bozza di convenzione fra enti locali e società elettriche, Enel in testa.

BRINDISI - Confindustria a muso duro non contro l’ambiente, come denunciano gli ambientalisti, ma contro gli ambientalisti stessi. Il presidente dell’associazione industriali di Brindisi, Giuseppe Marinò, stavolta non ci sta, non la manda a dire, e respinge al mittente le tesi recentemente esposte dal movimento contro la bozza di convenzione fra enti locali e società elettriche, Enel in testa.

“La firma del protocollo sarebbe il seppellimento dei progetti animati dalle idee-guida ‘Città d’acqua’, ‘Sviluppo sostenibile’ e ‘Per una Puglia migliore’, rispettivamente avviate in questi anni dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione”: da questo assunto hanno preso le mosse le argomentazioni del fronte ambientalista riunito ieri a palazzo Nervegna. Per tutti ha preso la parola il giudice Michele Di Schiena, che ha scandito le priorità di un modello di sviluppo altro da questo proposto ai tavoli fra società elettriche e istituzioni.

Riduzione dell’uso del carbone in quantità non inferiore al 25 per cento rispetto al 2004, senza compensazioni, copertura del carbonile, regole chiare sulle energie rinnovabili (sui piccoli ma anche sui grandi impianti), sono alcune fra le questioni dalle quali lo sviluppo di Brindisi non può prescindere, dicono gli ambientalisti, priorità che non trovano riscontro nella bozza di protocollo incriminata.

Marinò replica tono a tono, attaccando frontalmente lo scenario disegnato ieri a palazzo Nervegna: “Un quadro apocalittico – ha dichiarato il presidente di Confindustria -, che attribuisce alle convenzioni un potere distruttivo di alternative opportunità di sviluppo, al momento solo ipotetiche. Anche affermazioni, tipo ‘Brindisi succube delle grandi industrie’, lasciano a dir poco perplessi. In un  momento in cui il livello di emergenza occupazionale è salito al di sopra di quello di guardia, invece che leggere di proposte reali, di progetti da avviare a breve termine, di soluzioni da attuare senza alcuna possibilità di deroga, si costruisce l’attenzione dei media su tematiche trite e ritrite, che crediamo abbiano stancato anche l’opinione pubblica”.

“Facciamo riferimento a fatti specifici: il modello della green economy è già fallito, visto quello che si legge in merito alle fonti energetiche rinnovabili, o è ancora attuale?”, incalza Marinò, e affonda: “Cosa significa essere succubi del sistema industriale? Purtroppo, si continua ad ignorare che, se abbiamo potuto evitare un vero e proprio disastro economico-sociale, lo dobbiamo alla sostanziale tenuta del sistema delle grandi aziende presenti nel nostro territorio nei diversi comparti, dalla chimica all’energia all’aeronautica. Ci sembra quanto mai inadeguato, quasi fosse una sindrome da provincialismo, l’atteggiamento di sudditanza verso le grandi aziende, attribuendo alle stesse volontà egemoniche rispetto al territorio”.

L’intervento di Marinò solca la distanza, siderale, fra il fronte ambientalista e quello industriale. Due idee, due modelli di sviluppo in antitesi, dato di fatto rientrerebbe in una qualche logica se non fosse che – per gli ambientalisti il punto è quello – gli enti locali sembrano stare da una parte piuttosto che dall’altra. La bozza di convenzione sarebbe la prova provata della scelta di campo istituzionale.

Non è così che stanno le cose per il numero uno di Confindustria succeduto ai vertici dell’associazione all’attuale presidente della Provincia Massimo Ferrarese: “Occorre rafforzare le eccellenze del territorio senza che questo ostacoli nuovi modelli di sviluppo sostenibile”, è l’invito di Marinò. Seguito dal monito: “Non possiamo permetterci il lusso, di fronte a migliaia e migliaia fra disoccupati e lavoratori in situazioni da mesi di utilizzo degli ammortizzatori sociali, per la crisi delle rispettive aziende, di considerare la possibilità di ridurre o addirittura chiudere alcuna attività produttiva presente sul nostro territorio”.

Il riferimento è all’ex vicepresidente del Consiglio regionale Carmine Dipietrangelo, che ha ricordato agli ambientalisti come “le battaglie non possano essere condotte contro una sola industria: credete veramente che si possa parlare di sviluppo della città senza ottenere prima la chiusura di una centrale come quella di Brindisi Nord?”.

Le conclusioni di Marinò puntano il dito altrove, e si capisce: “Nello stesso tempo occorre, invece, agevolare – ciascuno per le proprie competenze – i nuovi investimenti, già pianificati e che giacciono da anni in attesa che si completino gli iter autorizzativi. Ci riferiamo soprattutto ad investimenti per miglioramenti ambientali e della filiera produttiva già insediata. In conclusione, siamo certi che le reali condizioni di difficoltà del nostro territorio prevarranno su logiche di carattere anche involontariamente strumentale e comunque lontano dalla realtà che quotidianamente stiamo vivendo”.

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