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Un solo privato punta a prendersi il porto. Nessuno dica che non lo sapeva

Intervengo per l'ultima volta su questa vicenda. La responsabilità del futuro del porto traghetti ora è nelle mani di chi oggi non può dire di non sapere. In piena coscienza, spero. Questa è la città dove tutti lamentano che le condizioni di vita ed economiche sono dovute a scelte scellerate che 'altri' hanno preso al posto loro

Intervengo per l’ultima volta su questa vicenda. La responsabilità del futuro del porto traghetti ora è nelle mani di chi oggi non può dire di non sapere. In piena coscienza, spero. Questa è la città dove tutti lamentano che le condizioni di vita ed economiche sono dovute a scelte scellerate che ‘altri’ hanno preso al posto loro. Questa è la città dove tutti parlano di porto, ma ‘per sentito dire’, dove tutti si ricordano dei tanti traghetti nel porto interno e si lamentano perché non ci sono più, e ognuno ha una sua spiegazione a questo.

Tutti hanno una loro convinzione ed una loro idea sul perché il porto è morto ma pochi, davvero pochi, hanno la voglia di approfondire e di leggere al di là dei titoli dei giornali. Nessuno vuole essere protagonista del proprio destino. Tutti preferiscono rimanere spettatori. Spettatori sono molti che addirittura operano nel porto e chi in questo momento soffrono di un sistema che sta portando le loro aziende in povertà.

Seno di Ponente e Villaggio Pescatori-2Negli anni l’ignavia e la superficialità, sovrane in città, hanno permesso ai cosiddetti ‘poteri forti’ di continuare a decidere delle sorti del porto, a proteggere le caste forti, quelle che rimangono nell’ombra ed in silenzio e a far passare per ‘demolitori dell’immagine portuale’ coloro i quali sono usciti dall’ombra, o non ci sono mai stati, e hanno cercato di evidenziare le criticità e denunciato le continue palesi illegittimità. Con informazione distorta e volutamente superficiale si cerca di banalizzare i problemi e si fa demagogia.

La politica, rea di non essere mai riuscita a designare manager in grado di cambiare le sorti del porto, è stata spesso a guardare ed una parte di essa si è limitata a visite istituzionali alla corte del re di turno incensando le intenzioni ed enfatizzando i risultati di gestioni in realtà fallimentari come succede ancora in questi giorni. Alcuni rappresentanti politici che costantemente frequentano i corridoi dell’autorità per sconosciute ragioni, si ergono a paladini in difesa di posizioni già fallite.

Il voler privatizzare il porto concedendolo ad un armatore, che giustamente guarda il proprio interesse e che non avrà nessun interesse ad aprire ad altri armatori, sarebbe potuta essere una questione sulla quale confrontarsi. Oggi non c’è più l’alibi dell’informazione non pervenuta in maniera completa, e se fino qualche anno fa le leggi sulla trasparenza non esistevano, oggi è possibile andare a fondo al problema, basta leggere ed informarsi. L’epilogo è sotto gli occhi di tutti.

Una carboniera al molo Enel-2Si è già deciso di dare il porto in gestione ad un singolo armatore e la decisione è già stata presa da tempo a monte, dall’alto. Non c’è logica o buon senso che tenga. L’armatore diventerà anche impresa portuale e per i prossimi 20 anni avrà la massima capacità decisionale su quello che era il porto traghetti della città.  Non avrà bisogno di far lavorare le imprese portuali perché egli stesso diventerà un’impresa portuale di Brindisi e potrà fare tutto il lavoro in autonomia. Un armatore che non punta sui passeggeri, come tutti sanno, e che potrà scegliere se accettare o meno un altro armatore che magari voglia puntare sul traffico passeggeri o fargli concorrenza.

Leghiamo il destino del porto al destino di una società privata. Come hanno fatto Taranto con Evergreen o Gioia Tauro con Maersk.  Sono porti che si sono legati ai più grossi armatori del mondo e che oggi falliscono miseramente solo perché quegli armatori hanno detto ‘basta’ e hanno cambiato porto o strategie. Nel frattempo non avendo creato alternative non c’è più speranza per migliaia di lavoratori, imprese e di tutto l’indotto che in questi anni ha dovuto sopportare condizioni di miseria imposte dal monopolio.

Basterebbe chiedere al presidente del porto di Taranto! Nessuno lo fa. Eppure sarebbe semplice, abbiamo anche creato un’associazione delle tre autorità portuali pugliesi, l’APP. Ma il presidente di Brindisi ha annunciato che non vuole più farne parte. Nessuno si è posto una domanda semplice: perché Grimaldi non continua a scalare il nostro porto come fa regolarmente da due anni ma lo vuole in gestione? Tutti sarebbero al suo fianco per cercare di proteggere il suo traffico e pretendere che l’autorità fornisca loro il massimo dei servizi! Sarei il primo a farlo.

La risposta è sotto gli occhi di tutti ma viene oscurata dal solito partito del qualunquismo: non vogliono concorrenza. Hanno trovato una città dormiente e accondiscendente. E hanno trovato un’Autorità Portuale debole e vogliosa di poter dimostrare di ‘aver fatto qualcosa’ per evitare punti oscuri sulla carriera dei propri manager. Che ha bisogno di statistiche e che non si preoccupa delle ricadute economiche al territorio. Non ce ne facciamo niente delle statistiche se non gira economia in città!

Sono d’accordo con il sindaco quando ha detto che questo Comitato Portuale si trova nella condizione di essere accusato di svendere il porto qualora dovesse dire di si alla concessione a Grimaldi, o di affossare il porto qualora dovesse bocciarla. L’unico responsabile di aver fatto trovare non solo il comitato, ma la città intera, in questo imbarazzo è  il presidente dell’Autorità Portuale, che non ha voluto condividere questa scelta a monte con nessuno se non con lo stesso Grimaldi. Al quale ha scritto già oltre un anno fa che le condizioni da lui poste possono trovare accoglimento, e permesso allo stesso di andare avanti con l’istanza successivamente ad una manifestazione di interesse.

Questo ha annullato qualunque eventuale margine di contrattazione con il colosso Grimaldi. A bocce ferme le criticità si sarebbero potute evidenziare secondo logiche di onestà intellettuale e di buon senso. Tutto questo ora va a farsi benedire. In quella che dovrebbe essere quindi una questione sulla quale confrontarsi e dibattere serenamente, l’Autorità, senza forse rendersene conto, alza il livello in bagarre e in battaglia.

Fender tra l'Eurocargo Brindisi e la SorrentoIl dibattito diventa scontro mediatico come l’articolo apparso sul Quotidiano di questa mattina. Le posizioni dell’Autorità Portuale non sono quelle di un Ente pronto a cercare di comprendere i motivi di contrarietà, ma una difesa di una posizione già acquisita, che coincide con quella di Grimaldi, ed un attacco a chi ‘osa’ avere un parere opposto. Nella più totale mistificazione e in uno stravolgimento incredibile della realtà, il presidente sostiene che nessuno, durante l’incontro avuto alla Camera di Commercio il 15 dicembre, ha saputo fornirgli delle risposte e delle alternative valide.

Anche chi sostiene l’idea del presidente, con dovuto il rispetto delle singole posizioni, come il delegato della Regione Giovanni Brigante, il presidente di Confindustria Pino Marinò, o chi rimane in silenzio e preferisce dire che non conviene esporsi per evitare ripercussioni come il rappresentante dei trasportatori in comitato portuale Giovanni Bonatesta, dovrebbe rispondere che non ciò è vero. C’è chi ha difeso il libero mercato come il presidente della Camera di Commercio Alfredo Malcarne e gli interessi del lavoro e di tutti gli operatori,  ma visto che è in disaccordo con le logiche dell’Autorità Portuale  forse anche lui è per questo forse considerato come colui che vuole il male del porto.

L’alternativa l’ha data Grimaldi e l’abbiamo ribadita ieri al presidente che evidentemente ha la memoria corta una notte: loro sostengono che le banchine di S. Apollinare e Costa Morena Est sono idonee a questo traffico. Oggi quelle sono banchine non infrastrutturate e per questo nessuno potrebbe pensare oggi di ormeggiare traghetti. Se Grimaldi non è più soddisfatto dei servizi che il porto pubblico gli offre e potrebbe continuare ad offrirgli negli anni e vuole a tutti i costi gestire in proprio un’area, si potrebbe seguire l’esempio di Barcellona: Grimaldi potrebbe costruire il proprio terminal e infrastrutturare le aree. Questo vorrebbe dire investire.

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