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Economia

Porto in perdita, aziende in crisi, ma tante polemiche inutili

Brindisi produce soprattutto liti, ma non approva più idee e progetti. I fatti ci condannano: siamo fermi

BRINDISI – Sullo sfondo dei soliti litigi e polemiche sulle strategie di sviluppo a Brindisi, ammesso che ve ne siano, il porto continua a perdere merci. Il crollo del traffico del carbone viene confermato anche dai dati del terzo trimestre 2019 diffusi dall’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Meridionale, e se la cosa può fare piacere ad alcuni settori dell’opinione pubblica, preoccupa invece fortemente gli operatori e gli addetti, perché con gli oneri dovuti da questa attività l’authority ha coperto sin qui costi e servizi.

Il prezzo del blocco delle opere

Il punto è che il blocco delle opere per le infrastrutture strategiche comporta un prezzo alto in termine di offerta alle compagnie, di sicurezza delle banchine, di capacità di restare agganciati al futuro del traffico marittimo e alle opportunità dei corridoi di trasporto europei ed extraeuropei. Quindi, dopo il carbone solo incertezze, debolezze e castelli di carta.

In un documento diffuso stamani da “Forum Ambiente, salute e sviluppo” c’è un passaggio breve dedicato al porto: “L’analisi tendenziale del primo semestre 2019 pubblicata dall’Autorità Portuale non è per nulla incoraggiante con saldi negativi sia per le merci che per i passeggeri. Non lo stesso si può dire per il porto di Bari che mostra incrementi in entrambi i settori”, e ancora “d’altro canto il porto necessita di un rilancio dei traffici a breve termine”.

Tubazioni per la condotta del gasdotto Tap nel porto di Brindisi-3

Ora abbiamo anche i dati del terzo trimestre e non è più tempo di constatazioni, ma di risposte. Perché Bari cresce? Perché grazie alle sinergie con le amministrazioni del territorio l’Autorità di sistema portuale ha già impegnato i fondi per tutti i progetti previsti, e la stessa cosa era accaduto in passato mentre a Brindisi si litiga, si polemizza, si blocca. Qui i progetti vanno al rallentatore, si inceppano, sono osteggiati anche da alcuni settori ambientalisti, inclusi quelli di ordinaria amministrazione, perché un pontile a briccole questo è in tutte le altre realtà, mentre a Brindisi diventa un mostro.

Le crociere? Hanno registrato da luglio a settembre (il trimestre di cui ci occupiamo), un 13,8 per cento in più. Può essere una vocazione, non ancora un business se si considera il saldo economico tra incentivi alle compagnie – per chi non lo sapesse, l’authority in questo settore ci perde – e ricadute, ma l’Adsp ci sta lavorando perché comunque se ne avvale l’immagine della città e del porto. Tuttavia bisogna fare in modo che le navi abbiano ormeggi dedicati, e un terminal degno di questo nome, quindi si punta ad acquisire quello privato di Costa Morena e c’è anche disponibilità a rifunzionalizzare in tal senso parte della ex Stazione marittima.

Manca la sinergia tra enti: prosegue l’emorragia delle merci

Tutto ciò si fa col dialogo e con la collaborazione tra enti. La comunicazione Comune – Autorità di sistema portuale a Brindisi (al contrario di Bari) appare puramente formale e sin qui poco produttiva. Se Brindisi vuole aprire le porte ad una grande opportunità di sviluppo e lavoro, di cui ha enorme bisogno, deve occuparsi del proprio porto.

Alla perdita nel traffico merci del 15,9 nel primo semestre 2019, si aggiunge quella dell’1,8 per cento (Bari +7,5) del trimestre luglio-settembre. I passeggeri dei traghetti sono aumentati dell’1,3 per cento (Bari +0,7 ma con 651.122 transiti contro i 266.660 di Brindisi). Analizzando il dato delle merci, le rinfuse solide accusano a Brindisi un -6,7 per cento: carbone -19,5 per cento, prodotti metallurgici - 85,7. Rinfuse liquide  -1,4 per cento,  -6,2 le merci varie in colli ma con un -2,2 nel settore ro-ro con una perdita di 1.223 Tir e trailer. Nel trimestre, Brindisi ha perso in tutto 33.175 tonnellate di merci rispetto allo stesso periodo del 2018.

Nave da crociera a Costa Morena Est - Brindisi-4

La polemica sull’industrialismo e la crisi reale

Il documento del “Forum ambiente, salute e sviluppo” prende di mira il professor Federico Pirro, docente universitario e consulente di Confindustria Brindisi, ma soprattutto osservatore dei processi industriali in Puglia, che “in una recente sortita” ha sostenuto “la necessità di dare spazio all’industria energetica e chimica imputando a indecisioni della locale amministrazione il ritardo di alcune realizzazioni (come  il biogas da rifiuto umido, l’impianto pilota di riciclo biomolecolare della plastica che però non risulterebbero neppure oggetto di proposta da parte delle aziende) e della mancata realizzazione della colmata di Costa Morena fermata per la verità da un parere di una commissione ministeriale”.

Ma senza investimenti privati e senza impianti, e col solo finanziamento (recente) della Regione Puglia per gli impianti di Brindisi, il ciclo dei rifiuti non si potrà mai chiudere in maniera virtuosa, si continuerà ad esportare gli Rsu del nostro territorio in quelli di altre province (su questo nulla da dire?); la transizione verso altre forme di produzione energetica nel Brindisino deve passare dall’impiego del gas, come la riconversione dello stabilimento petrolchimico deve passare dalla chimica verde.

Traghetti a Punta delle Terrare-3

Dobbiamo saperne di più sulla nostra salute

Parallelamente, bisogna fare l’approfondimento mai attuato dei dati epidemiologici, anche perché altrimenti non si capirà mai quale sia l’incidenza reale dei veri fattori (inquinamento industriale, da traffico, da attività portuale, da abitudini alimentari, da radon, da combustione di biomasse eccetera). Ciò è necessario anche per valutare quali sia la differenza tra il passato e il presente industriale, e se valga la pena di dire no anche a progetti per rendere “verdi” le attività portuali, la chiusura del ciclo dei rifiuti, la chimica e l’energia.

Discutere, ma non in eterno: ci vogliono fatti

Obiettivi che si raggiungo lavorando insieme a soluzioni. Il “Forum” sottolinea l’urgenza di aprire un confronto tra tutte le parti sull’emergenza economica brindisina, ma non deve essere il tavolo del solito scontro improduttivo. Il settore metalmeccanico è alle corde perché ha pagato un sistema di appalti penalizzante, quindi vanno riscritte alcune regole con Enel ed Eni che sono i maggiori committenti, e va fatta una distinzione tra le scelte imposte dal mercato aeronautico mondiale e le crisi dovute ad errori imprenditoriali locali; bisogna sbloccare il porto liberando la strada da posizioni francamente insensate; bisogna compiere subito i passi più semplici perché gli operatori possano programmare il proprio business e le proprie scelte.

Oppure bisogna prepararsi al peggio, senza dimenticare che ciò che accade all’acciaieria di Taranto interessa anche centinaia di lavoratori della provincia di Brindisi. Non c’è tempo da perdere: i giovani vanno via anche per questo, l’inconcludenza toglie le speranze.

               

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