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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Se chiude Tecnimont, ogni proclama sul rilancio della chimica è una balla

BRINDISI – Ti accorgi della loro presenza a volte troppo tardi, quando nella sala di un consiglio di amministrazione lontana migliaia di chilometri decidono per la chiusura, come è accaduto per Biomateriali, nata con fondi per il Sud, diventata una azienda di eccellenza – l’unica in Italia – nel campo delle protesi aortiche sintetiche, poi venduta agli americani di Vascular che l’hanno spremuta per bene, poi l’hanno smontata e se la sono portata a casa loro a Boston. Qui hanno lasciato 30 tecnici ad alta specializzazione senza lavoro e una sede in Cittadella della Ricerca chiusa. Ora tocca a Tecnimont, 67 posti di lavoro, tutti ingegneri, quasi tutti meridionali, salentini. Capaci di missioni difficili come può essere progettare un impianto chimico, una delle cose più difficili nel mondo dell’impiantistica industriale. La casa madre, Maire Tecnimont, plancia di comando e controllo quasi interamente italiana, vuole chiudere. A meno che, e qui sta il paradosso, non siano i lavoratori a trovare una via di uscita.

BRINDISI – Ti accorgi della loro presenza a volte troppo tardi, quando nella sala di un consiglio di amministrazione lontana migliaia di chilometri decidono per la chiusura, come è accaduto per Biomateriali, nata con fondi per il Sud, diventata una azienda di eccellenza – l’unica in Italia – nel campo delle protesi aortiche sintetiche, poi venduta agli americani di Vascular che l’hanno spremuta per bene, poi l’hanno smontata e se la sono portata a casa loro a Boston. Qui hanno lasciato 30 tecnici ad alta specializzazione senza lavoro e una sede in Cittadella della Ricerca chiusa. Ora tocca a Tecnimont, 67 posti di lavoro, tutti ingegneri, quasi tutti meridionali, salentini. Capaci di missioni difficili come può essere progettare un impianto chimico, una delle cose più complesse nel mondo dell’impiantistica industriale. La casa madre, Maire Tecnimont, plancia di comando e controllo quasi interamente italiana, vuole chiudere. A meno che, e qui sta il paradosso, non siano i lavoratori a trovare una via di uscita.

Bisogna capire cosa è il Centro di Ingegneria di Brindisi di Tecnimont. Qui nascono, per farla breve, i progetti di impianti per la produzione delle poliolefine, poco meno del cinquanta per cento delle materie plastiche impiegate in Europa: tutta la famiglia del polietilene a bassa ed alta densità, il polipropilene. Quasi tutto ciò che beviamo e mangiamo è confezionato in contenitori derivati dalle poliolefine. Ma a Brindisi, dove il Centro di Ingegneria Tecnimont è capace di questo ma anche d’altro, con un portafoglio clienti che va dal Messico alla Germania, da Israele all’Iran, dalla Cina al Brasile e all’Arabia Saudita, per decidere la chiusura basta – denunciano i lavoratori – la fine di un rapporto preferenziale tra Maire Tecnimont e l’americana Lyondell - Basell.  Ma noi non possiamo essere Basell – dipendenti, sappiamo fare molto di più, dicono gli ingegneri del centro brindisino di Tecnimont. Abbiamo coordinato la nostra attività per anni con il centro di Mumbai in India, dove i dipendenti sono 2mila, siamo in grado di gestire i progetti alla stessa maniera della sede centrale.

Ma cosa conta l’ingegno italiano, e che fine sta facendo la parte di esso che ha lavorato negli ultimi anni a Brindisi? Ci portano via pezzo per pezzo la logistica, ma adesso anche le professionalità, i centri di progettazione. Nessuno scriverà una lettera al ministro Romani, per questo, se ne può essere certi. Non è possibile che per i centri di progettazione e di ricerca si agisca come nelle decantierizzazioni al Petrolchimico alla fine degli anni Settanta: Belleli, Sartori, tante altre grandi appaltatrici che erano rimaste aggrappate alla grande fabbrica per oltre 15 anni, ai primi segnali di crisi sgomberarono il campo. Così è stato per Cerano e per altri grandi cantieri. Adesso gli ingegneri di Tecnimont, i quali affermano che ci sono altre strade da intraprendere dopo la fine del rapporto privilegiato con Basell, chiedono alle amministrazioni locali di impedire questa chiusura, che sarebbe assurda, soprattutto appena due anni dopo la dichiarazione di intenti da parte di Tecnimont di fare del suo centro di Brindisi un polo di eccellenza per lo sviluppo di progetti sulle poliolefine.

Questa è la sintesi della vicenda. I dettagli sono nella lettera aperta dei 67 ingegneri e tecnici che alleghiamo con un link in calce a questo articolo. Ora vedremo cosa sapranno fare Brindisi e la Regione Puglia per impedire che anche Tecnimont chiuda. Sarebbe una clamorosa contraddizione delle politiche – dichiarate – di rilancio della chimica in questo territorio.

Lettera aperta lavoratori Tecnimont 31-05-2011

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