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Si spengono le luminarie, e torna il dilemma: città d'acqua o morte lenta

Le ultime luminarie dell'estate, quelle della festa patronale, sono spente e a Brindisi resta solo la luce naturale, quella che non abbaglia e non distoglie. Ed ecco nuovamente la realtà delle troppe saracinesche calate su corso Garibaldi che neppure la riapertura al traffico ha esorcizzato

BRINDISI – Le ultime luminarie dell’estate, quelle della festa patronale, sono spente e a Brindisi resta solo la luce naturale, quella che non abbaglia e non distoglie. Ed ecco nuovamente la realtà delle troppe saracinesche calate su corso Garibaldi che neppure la riapertura al traffico ha esorcizzato. Ci sono da tempo insistenti segnali che indicano la necessità si seguire strade nuove, per il terziario brindisino, ma ogni progetto ha bisogno di un modello di riferimento: un modello di città, un modello di sviluppo non solo enunciato, ma sostenuto da scelte amministrative precise.

Un locale commerciale vuoto in corso Garibaldi-2L’operazione urbanistica condotta sul lungomare, ad esempio, ha trovato una risposta in investimenti realizzati in nuovi locali pubblici. Un piccolo, limitato ma importante esempio di come un settore del centro storico abbellito, recuperato, convinca alcuni operatori ad impegnare risorse su offerte di qualità. E’ ciò che bisognerebbe realizzare in una parte molto più vasta dell’area urbana, quella maggiormente densa di storia e monumenti, e orientata sul porto interno. E’ un esperimento già condotto non molto lontano dal capoluogo.

A Mesagne il Comune quindici anni addietro circa ha dato vita ad una operazione basata su incentivi e agevolazioni rivolte a chi decidesse di recuperare strutturalmente ed economicamente immobili nel centro storico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. La trama più antica della città, nell’antica cinta muraria, è tornata a vivere. Un intervento forse non ancora completo, ma nella sostanza riuscito. Perché non ripetere a Brindisi una impresa che punti a ridare al centro storico nuova vita commerciale e turistica?

La gamma degli incentivi è ampia: dall’esonero a tempo da alcuni tributi, all’accordo su un tetto per gli affitti, agli incentivi agli investimenti ancorati alla partecipazione alle leggi regionali di sostegno e ad accordi tra Comune e istituti bancari. Ma deve essere chiara l’idea di città da realizzare, e l’economia di riferimento che – data la natura della crisi generale – non può essere solo o soprattutto quella dei consumi interni, bensì quella turistica. Brindisi può diventare una città turistica?

Corso Garibaldi a Brindisi-2Secondo l’idea di “città d’acqua”, che non può essere considerata una strada sbagliata solo perché è stata messa da parte, la risposta sono il mare e il porto. Ma qui la città ed i suoi poteri amministrativi si sono dimostrati deboli e spesso accondiscendenti di fronte a gestioni dell’Autorità Portuale assolutamente avulse dalle grandi questioni legate agli assetti urbanistici ed economici dell’area urbana e propense invece ad una deregulation che ha prodotto perdita di traffici e difficoltà per gli operatori economici, come dimostrano le vicende dei terminal individuati in aree dove non erano previsti dal Piano regolatore del porto del 1975, e assenti invece dove la vocazione del porto (e il piano regolatore) li prevedono, ciò il Seno di Levante e Sant’Apollinare.

Il risultato è che Brindisi non ha terminal: i progetti dei nuovi sono bloccati da indagini della magistratura, quelli esistenti sono adibiti ad uffici, i finanziamenti per nuovi accosti sono andati perduti in questo assurdo “monopoli” giocato nel porto di Brindisi. Ma le soluzioni per riprendere quota sono semplici: attrezzare il porto interno per il diporto nautico concedendo ad operatori privati tutte le banchine non necessarie per esigenze prevalenti; agevolare l’attività di assistenza ai grandi yacht; portare a Sant’Apollinare le navi da crociera di medie dimensioni; attuare con Enel un progetto di fornitura di energia elettrica alle navi in banchina per abbattere costi ed inquinamento; avvicinare di più alla città le grandi navi da crociera.

Saracinesche calate-2Su una idea condivisa di questo genere, si può immaginare una riconversione delle attività commerciali del centro storico e la nascita di nuove, con la massima apertura anche ad operatori esterni provenienti dalle città dell’area ionico-salentina che possono investire a Brindisi per le proprie botteghe artigianali, i propri negozi specializzati nei prodotti richiesti dal turismo che si sposta sul mare, ma non solo. E’ una vecchia ricetta, quella dei borghi portuali che vivono di marinai e navi. Brindisi deve solo ridiventare così, con alcune scelte coraggiose.

Non sono due corsi aperti o chiusi al traffico il nocciolo della questione, ma la decisione di smettere con il vivacchiare alla giornata, anticamera della morte lenta. Una decisione va presa soprattutto in vista della nascita – che prima o poi avverrà, alla fine di questa catena di rinvii – della nuova autorità logistico portuale del Basso Adriatico che vedrà insieme Bari e Brindisi. Quali idee e richieste Brindisi dovrà sostenere? Cosa offrirà alle compagnie armatoriali? Quali prerogative dovrà difendere? Quanti posti di lavoro intenderà conquistarsi nelle attività portuali? Questa è la città d’acqua che molti vorrebbero. Però, questa volta, chi lavora al porto e chi lavora nel commercio dovrebbe anticipare la politica, costruire un progetto e chiamare le amministrazioni locali ad un confronto. Altrimenti dovrà accontentarsi delle luminarie un paio di volte all’anno. (Le foto sono di Gianni Di Campi)

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