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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Una valanga di immobili su cui decidere, ma il Castello Svevo se lo vende la Difesa

BRINDISI – Federalismo demaniale, atto primo. Dopo l’approvazione dell’apposito decreto da parte del Consiglio dei Ministri il 20 maggio scorso, a Regioni, Province e Comuni cominciano ad arrivare lunghi elenchi. Da questi sono esclusi gli immobili demaniali, sono esclusi gli immobili della Difesa (o che alla Difesa interessa alienare direttamente) e dei Beni culturali, ma l’elenco dei terreni e dei fabbricati dei quali il Comune di Brindisi, soprattutto, ma anche altre amministrazioni della provincia dovranno decidere se chiedere o meno l’acquisizione, è abbastanza lungo e comprende non pochi ruderi, ma anche aree e strutture collocate in zone-chiave.

BRINDISI – Federalismo demaniale, atto primo. Dopo l’approvazione dell’apposito decreto da parte del Consiglio dei Ministri il 20 maggio scorso, a Regioni, Province e Comuni cominciano ad arrivare lunghi elenchi. Da questi sono esclusi gli immobili demaniali, sono esclusi gli immobili della Difesa (o che alla Difesa interessa alienare direttamente) e dei Beni culturali, ma l’elenco dei terreni e dei fabbricati dei quali il Comune di Brindisi, soprattutto, ma anche altre amministrazioni della provincia dovranno decidere se chiedere o meno l’acquisizione, è abbastanza lungo e comprende non pochi ruderi, ma anche aree e strutture collocate in zone-chiave.

Non c’è, nella lista, il Castello Svevo, sede dal 1909 del Comando Marina. “Non c’è – spiega il sindaco Domenico Mennitti – perché è già stato deciso dalla stessa Marina Militare e dal Ministero della Difesa di metterlo in vendita assieme ad altre fortezze e immobili storici con aste internazionali, E devo dire, anche se la cosa non è ancora ufficiale, che tale soluzione mi trova d’accordo. Il Comune non avrebbe mai potuto disporre delle risorse necessarie per garantire il buono stato e la completa fruizione del castello. Invece una destinazione turistica affidata ad operatori di adeguato livello (cosa che dovrebbe essere garantita dal mercato cui si rivolgerà l’asta), riverserà adeguati capitali per le necessarie manutenzioni e le la valorizzazione dell’intero complesso”.

Ma chiunque arrivi, lascerà libero il passaggio per collegare finalmente lungomare Regina Margherita a via Provinciale S.Vito, sbloccando la circolazione tra centro storico e vie di uscita e di accesso alla città? “E’ indubbio che sarà così”, dice Mennitti. Naturalmente la notizia ne comporta un’altra: la conferma del fatto che la Marina Militare (e il distaccamento Arsenale), lasciando l’attuale base nel Seno di Ponente dopo un secolo, o lascerà anche Brindisi con una perdita secca per il Pil della città, oppure accetterà di trasferirsi a Capo Bianco dove l’Autorità Portuale può investire una somma adeguata in logistica per ospitare i servizi di cui che la stessa Marina necessita. Ma questa è un’altra partita.

Per restare ai beni immobili sui quali il Comune di Brindisi deve decidere, l’elenco comprende i fabbricati dell’ex Zona nafta Ponte Piccolo, con l’effetto immediato – da verificare – di aprire finalmente un varco anche nel Seno di Levante mettendo in comunicazione il porto interno con S.Apollinare e il porto medio attraverso un circuito doganale chiuso (miracolo a tempo avvenuto solo in occasione della visita Papale del giugno 2008). Sempre nel porto, sono stati considerati alienabili anche i capannoni ex Saca compresi nel perimetro dell’Arsenale Militare, e la ex Carbonifera di via Minniti.

In città spiccano tutta l’area della ex caserma Ederle e di piazza Castello e l’ex campo militare del Paradiso. Lungo la costa c’è una lunga teoria di costruzioni e terreni. Si va dalla Salina Vecchia Pandi Villanova, e al chiosco bar e alle strade di Lido Presepe – Torre S.Gennaro (Comune di S.Pietro Vernotico), a sud, all’intero complesso di Materdomini Intappiate, alle strutture di Punta Penne (ex batteria costiera ed ex  caserma della Finanza), e persino i vecchissimi ruderi e i terreni a Scianolecchia-Pennagrossa (Comune di Carovigno) che potrebbero essere trasferiti al Consorzio di gestione di Torre Guaceto, a nord.

Ma ci sono anche, nelle campagne, le ex polveriere di Montenegro, Cillarese, Fiume Grande e Sbitri, i fabbricati dell’ex campo di fortuna “Aldo Giannelli” di Brancasi, e addirittura l’ex campo di volo “Maddaloni” sulla Mesagne-S.Pancrazio Salentino. Si potrebbe continuare ancora a lungo. Ma bisognerà riflettere e decidere bene. Ecco, infatti, cosa prevede il decreto. "L’attribuzione dei beni non demaniali ha luogo sulla base delle richieste degli enti territoriali, che debbono indicare le modalità e i tempi di utilizzo; i beni non richiesti confluiscono in un patrimonio vincolato e sono valorizzati e alienati, sulla base di accordi tra Stato e Regioni o Enti locali, entro trentasei mesi”. Insomma, se i Comuni non decidono, perdono tutto.

Ancora: "I beni attribuiti al patrimonio disponibile degli Enti territoriali possono essere alienati solo dopo la loro valorizzazione attraverso le varianti allo strumento urbanistico; i beni trasferiti agli enti territoriali possono, dopo l'approvazione delle varianti urbanistiche, essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare; con cadenza biennale possono essere attribuiti ulteriori beni; attraverso consultazioni tra Regioni, Enti locali e Amministrazioni periferiche statali sarà garantito l'utilizzo ottimale dei beni pubblici". Quindi bisognerà avere le idee molto chiare, prefigurando anche gli indirizzi che dovranno essere seguiti da terzi acquirenti, e in ogni caso i Comuni dovranno costituire appositi fondi immobiliari con terreni e fabbricati acquisiti.

Infine, “le maggiori risorse derivanti a Regioni ed Enti locali dall'alienazione o dalle quote dei fondi immobiliari saranno destinate, per il 75%, alla riduzione del debito dell'ente, e per la parte residua alla riduzione del debito statale; ogni alienazione di immobili da parte delle Regioni o degli Enti locali sarà preceduta dall'attestazione della congruità del prezzo da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio". Perché non bisogna dimenticare che il federalismo demaniale altro non è che uno dei presupposti del federalismo fiscale.

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