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Emergenza Covid-19 Oria

Infermiere positivo al Covid: "Iniziate a credere a questo virus e a proteggervi"

Dal 10 dicembre scorso è a casa, con sintomi. Si tratta di Edmondo Galluzzo, 34enne di Oria, da un anno infermiere a Jesolo (Ve) e dal 22 novembre associato a un reparto Covid

ORIA - “Il covid esiste, l’emergenza sanitaria è reale e tutti dovrebbero contribuire per fermare l’epidemia. Basta con il negazionismo, per uscire da questo disastro ognuno deve cominciare a rinunciare a qualcosa”. Questo appello arriva direttamente da un infermiere che lavora in un reparto Covid e che dopo aver visto con i suoi occhi la malattia adesso la sta vivendo sulla sua pelle. Ha contratto il Covid-19 e dal 10 dicembre scorso è a casa, con sintomi. Si tratta di Edmondo Galluzzo, 34enne di Oria, da un anno infermiere a Jesolo (Ve) e dal 22 novembre associato a un reparto Covid nel locale ospedale. 

“Voglio raccontare la mia esperienza nella speranza che la gente cominci e credere seriamente a questo virus”, esordisce il giovane infermiere contattato telefonicamente da BrindisiReport. E’ risultato positivo nell’ambito degli screening settimanali cui sono sottoposti gli operatori sanitari. E dopo tanti tamponi negativi, il 10 dicembre è risultato positivo. Ha sintomi riconducili a una forte influenza, vive da solo, ha con sè termometro e saturimetro, monitora costantemente il suo stato di salute, un amico e collega provvede a fornirgli la spesa. Anche la Protezione civile e l’Azienda sanitaria si stanno occupando di lui. Ma non è di sè che vuole parlare. Ha preso il Covid-19 e il suo quadro clinico al momento non è preoccupante. 

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Dal suo appartamento di Jesolo vuole raccontare tutto quello che gira intorno a questo brutto virus. Di pazienti che soffrono, parenti preoccupati, infermieri che si ammalano e colleghi che fanno doppi turni, di personale sanitario che purtroppo non riesce a superare la malattia. Di famiglie lontane, divise, preoccupate. Di doppie tute, doppi guanti, visiere, barba tagliata per far aderire la mascherina, di forte stress. Di pazienti "lucidi" che vedono morire quello del letto accanto e incrociano le dita per la loro sorte non nascondendo lacrime di paura. 

“Il sistema sanitario è a rischio crollo, anche noi siamo umani, anche noi ci ammaliamo nonostante le precauzioni, siamo sempre meno e se i casi continuano ad aumentare, se arriva la terza ondata sarà davvero complicato gestirla. Non accetto più il comportamento dei negazionisti, non riesco più a leggere i commenti che deridono chi ha scelto di non trascorre il Natale in famiglia, chi ha scelto di restare al Nord per non mettere a rischio gli altri. La situazione è più seria di quello che sembra e tutto quello che si racconta nei servizi giornalistici è vero. Non basta fare un tampone 48 ore prima per scongiurare i contagi”. 

Da quando lavora nel reparto Covid Edmondo ha il volto segnato dalla mascherina, a fine turno le divise sono bagnate “Sembra che stiamo sbarcando sulla luna, indossiamo calzari, camici in Tnt (tessuto non tessuto), doppi guanti, mascherine e visiere in un ambiente già riscaldato dagli impianti di condizionamento. A ogni turno è come se stessimo facendo una sauna”. Ma questo è l’aspetto meno grave. C’è la paura, lo stress. Ci sono poi i pazienti a cui si deve fare un sorriso nonostante il loro quadro clinico sia disastroso. Ci sono i parenti preoccupati nello schermo del telefonino o del tablet che vedono i loro cari segnati da una malattia che non ha garanzie di guarigione. Ci sono ruoli che si annullano, medici che imboccano i malati, infermieri che si occupano dell’igiene del degente. Quando si entra nella stanza dove ci sono malati di Covid l’unico obiettivo e alleviare il dolore del paziente e non solo quello fisico. 

Edmondo Galluzzo lo sa bene, la sua tesi di laurea parla proprio di “Relazioni funzionali tra infermiere e paziente: il ruolo dell’empatia nelle dinamiche terapeutiche”.  “Non si tratta solo di entrare nella stanza covid, somministrare la terapia e prendere i parametri. I pazienti sono monitorati da telecamere, quindi anche se restano soli sono comunque tenuti sotto controllo, ma una volta che siamo accanto a loro il tempo si annulla. Cerchiamo di alleviare tutte le loro sofferenze soprattutto quelle psicologiche. Si devono trovare le parole giuste per non farli sentire soli, per dargli coraggio, si devono trovare le parole giuste anche con i parenti. Chi sta a casa soffre allo stesso modo. Non ci sono visite e questo peggiora la situazione. Noi non siamo solo infermieri”. 

Nonostante tutte le precauzioni Edmondo ha preso il Covid-19. Come è stato possibile? Potrebbe chiedersi qualcuno: “Perché nonostante le indicazioni dicono di restare meno tempo possibile nella stanza succede che un paziente accusa altri problemi, diversi da quelli previsti, come semplicemente quelli legati ai bisogni fisiologici. Allora succede che si fa di tutto per aiutarlo, perchè non si deve ignorare nulla e questo provoca permanenze più lunghe in camera che hanno le loro conseguenze. Perchè il paziente non è un numero ma una persona”. 

E’ un fiume in piena l’infermiere oritano, ed è la rabbia a spingerlo a rendersi testimone di questa pandemia. Adesso non può aiutare i pazienti, è lui stesso un paziente così dall’isolamento cui è costretto a vivere cerca di dare il suo contributo, lanciando un appello: “Si deve credere a questo virus, si deve avere prudenza, c’è un’emergenza sanitaria in corso e non ci sono complotti. Salta il Natale? Pazienza. Ognuno deve cominciare a rinunciare a qualcosa nella speranza che questo brutto periodo passi presto e senza ulteriori danni”.

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