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Emergenza Covid-19

Covid: una stima di quanti il vaccino ha salvato e di quanti ne avrebbe potuto salvare

E' l’arma più preziosa per sconfiggere il virus. Se usato con poco criterio arreca solo benefici parziali, se usato nel migliore dei modi ci porterà, invece, finalmente fuori da questa pagina tragica

Del tutto vero che l’epidemia falcia i nonni e lascia quasi del tutto indisturbati i giovani. Tuttavia dire che è una prerogativa di questa pandemia è, da un punto di vista statistico, una balla colossale. Basterebbe dare un’occhiata ai dati Istat degli anni scorsi per accorgersi che la mortalità causata dal Covid-19 è simile a qualsiasi altra causa di morte. In altre parole, la percentuale delle persone in età avanzata che non ce la fa in questo ambito è del tutto simile a quella che non ce la fa per qualsiasi altra malattia.  L’imprecisione fa il paio con l’immunità di gregge, concetto di cui tutti chiacchierano, affezionandosene pure. Sino a quando non sapremo per quanto tempo i vaccini utilizzati ci proteggono dalla malattia, è del tutto inutile parlarne. E non perché non si ha fiducia nei vaccini – ci mancherebbe – ma per il semplice motivo che, se non si sa come realizzare qualcosa, è inutile discuterne. In questi momenti, ragionare sull’immunità di gregge, è come disquisire sul sesso degli angeli: l’ha capito persino Boris Johnson, che fu il primo a richiamarlo non tanto a proposito.

Badiamo piuttosto al vaccino, che è l’arma più preziosa in nostro possesso per sconfiggere il virus, ma che da solo non può tutto. Se infatti viene usato con poco criterio arreca solo benefici parziali; usato nel migliore dei modi ci porterà, invece, finalmente fuori da questa pagina tragica. Ne sono prova i risultati della campagna vaccinale, indirizzata adesso un po’ alla cieca, modalità buona per andare incontro ai privilegi di casta o a chi fa le file “alternative”, e passare in sottordine i cosiddetti interessi superiori. Eppure all’inizio sembrava fosse stato adottato il criterio più adeguato: procedere per far diminuire i decessi e la pressione sulle strutture sanitarie. Per questo, dopo aver correttamente pensato agli operatori dell’aria sanitaria e a chi è ospite delle Rsa, c’era l’intenzione (rimasta come al solito in larga parte pia) di proseguire vaccinando le persone con un certa età.

Il perché sarebbe stato utile è presto detto: se si guardano i bollettini periodici diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), si constata che i tassi di letalità (vale a dire il rapporto tra decessi e contagiati), tranne qualche decimale, narrano sempre la stessa storia: più l’età è avanzata e maggiori sono i rischi di non farcela, dopo esser transitati per le strutture sanitarie. Tanto per fare alcuni esempi, il tasso di letalità della classe di età dai 30 ai 39 anni è 0,1% (non ce la fa 1 persona sulle eventuali mille che contraggono la malattia); dai 40 ai 49 è 0,2% (2 su mille); tra gli over 70 è pari complessivamente al 19% (quindi 190 persone su mille non ce la fanno a superare la malattia). Come dire che la probabilità di morire a causa del Covid-19, una volta contratta la malattia, è per gli over 70 quasi 127 volte superiore a quella di chi ha tra i 30 ed i 49 anni. 

Tra le altre cose, procedendo per età, si sarebbero potute salvaguardare anche le persone affette da patologie o disabilità, invece nel concreto del tutto dimenticate. In definitiva, così non è stato, per cui i decessi continuano a mantenersi su livelli elevati e la pressione sulle strutture sanitarie continua a crescere. Proprio per stimare la grande utilità dei vaccini e dei benefici che si sarebbero potuti ottenere conducendo una campagna vaccinale basata sui criteri anzidetti, ho analizzato le variazioni intervenute sul tasso di letalità nel periodo di effettuazione delle vaccinazioni, sia per il Paese nel complesso, sia per la Puglia. 

I grafici proposti ne riassumono i risultati. Il grafico n. 1 ci fa notare che, a livello nazionale, il tasso di letalità si può stimare attualmente diminuito del 20% circa rispetto a quello riscontrato nel periodo appena precedente l’inizio delle vaccinazioni. Ci racconta inoltre che, se la campagna vaccinale avesse teso alla protezione delle persone fragili e vulnerabili, avremmo potuto conseguire un risultato ben superiore, vale a dire una diminuzione della letalità di quasi il 48% già nel corso dell’ultima decade di marzo. Ciascuno potrà a questo punto facilmente stimare quante vite umane il vaccino ha salvato e quante ne avrebbe potuto salvare se solo si fossero privilegiati gli anziani nella campagna vaccinale sin qui condotta.  

Tasso di letalità in Puglia (variazione percentuale media mobile a 7 giorni)-2

Il grafico n. 2 (foto in alto), dedicato alla Puglia, fa rilevare che al 23 marzo s’è ottenuto un calo del 9,50% nel tasso di letalità, e si sarebbe potuto conseguire un valore vicino al 21%. Si noti infine che la differenza tra il valore  regionale e nazionale è dovuta al fatto che il tasso di letalità della Puglia era inferiore nel corso della prima ondata, e quindi di più bassa consistenza iniziale. Anche qui ciascuno potrà verificare cosa si sarebbe potuto ottenere sfruttando appieno i vaccini.

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