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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cultura

"Pantheon, io voto per Durano"

Nella sua recente visita a Brindisi, il Nobel Dario Fo non ha mancato di parlare di Giustino Durano, nostro concittadino, che spartì con lui apprensioni e successi di una carriera che, inizialmente condivisa, portò poi, sempre sul palcoscenico, a traguardi sostanzialmente diversificati, comunque di consensi e affermazioni.

Nella sua recente visita a Brindisi, il Nobel Dario Fo non ha mancato di parlare di Giustino Durano, nostro concittadino, che spartì con lui apprensioni e successi di una carriera che, inizialmente condivisa, portò poi, sempre sul palcoscenico, a traguardi sostanzialmente diversificati, comunque di consensi e affermazioni.

<<Giustino era eclettico, geniale e con una intelligenza superiore>> ha detto Dario Fo indicato tra i “monumenti viventi dell’umanità”, artista a tutto tondo: uomo di cultura, autore, regista, attore, opinionista, critico, ecc. Se Giustino Durano fosse stato vivo, attestazioni del genere tributatigli da un personaggio come Dario Fo  gli avrebbero fatto certo piacere.

Era nato qui, a Brindisi, Giustino, nel 1923 nell’antica casa di famiglia ubicata nel rione di San Benedetto, dove insiste l’omonima, artistica chiesa che lo aveva visto vispo frequentatore fino ai 21 anni, quando a Bari debuttò nel 1944 in uno spettacolo per le Forze Armate, insieme a Cesare Polacco, Gino Latilla e Ninni Lembo.

Giustino Durano ha attraversato sessant’anni di spettacolo italiano con rara versatilità: attore, autore, cantante, regista, imitatore, fantasista, mimo. Un caratterista sì, ma di carattere, con un tocco lunare da pierrot dello “sprofondo Sud”, come amava definirsi lui; un caratterista che piaceva al pubblico e intrigava i signori della scena come: Wanda Osiris, Giorgio Strehler, Paola Borboni che gareggiavano per aggiudicarsene la straordinaria mimica e la dizione duttile, inarrivabile.

Sempre a Bari, dopo lo spettacolo di fronte alle Forze Armate, in stagioni indimenticabili per “serietà e professionalità” dei comici, affiancò Peppino De Filippo in commedie e varietà. E’ del 1952 l’incontro decisivo con Dario Fo nella rivista Cocoricò: un sodalizio poi arricchito da Franco Parenti che, nel 1953-54, avrebbe fruttato gli storici successi de: “Il Dito nell’Occhio” e “Sani da Legare”.

Arguto, allegro, irresistibile nella satira, amatissimo dai bambini per i quali creò memorabili programmi radiofonici, fu parimenti perfetto nelle interpretazioni di Shakespeare, Weiss, Gorkji, Neruda, Pirandello.

Calcava con naturalezza le scene ovunque ci fosse un pubblico da intrattenere: dai cabaret ai night; dalle birrerie ai casinò; dai Grand Hotel alla tivù; al circo (in tournèe con Togni), alla lirica, perfino baritono nel “Barbiere di Siviglia”. Aveva scelto la Toscana, la città di Prato, come sua abituale residenza, tuttavia, la Puglia e Brindisi erano tutto per lui.

Diceva: <<Se il cuore avesse le corde potrei dire che le sento vibrare ogni volta che si profila all’orizzonte la mia terra. Quando torno a Brindisi, per esempio, so di poter incontrare ancora una volta i miei amici e compagni di scuola. E poi, i premi… quanti premi mi danno a Brindisi.>>

In effetti, non si sbagliava, Brindisi ha voluto bene a Giustino Durano, anche se la città avrebbe potuto far di più per lui: l’attuale nuovo teatro avrebbe dovuto portare il suo nome, ma le cose, purtroppo, non sono andate in questo verso.

I brindisini che ormai contano una “certa età” possono legare un ricordo a Giustino Durano, così,  tra le cose fortunate della mia vita, anche se ero solo un bambino, annovero quella di averlo visto recitare dal vivo, nel vecchio “Verdi”, nel 1951, nello spettacolo di rivista Chicchirichì.

Altre volte, quando Giustino venne a Brindisi ad incontrare i suoi antichi colleghi di classe, come: la signora Isabella De Monte, Ettore Giorgio Potì (giornalista); Rocco Mele (medico); Giovanni Poli (avvocato); Enzo Minunni (professore); Gigetto Passante (imprenditore); Aldo Luceri (letterato); Italo Amorella (agronomo) ed altri ancora, affabile qual era, lo avvicinai e parlando tranquillamente con lui, capii che la passerella, la ribalta, le luci, l’occhio di bue, il ciak, gli applausi gli erano così familiari da non poterne vivere lontano, tanto era il fascino che esercitavano nella sua vita; tutto ciò era il suo mondo, la sua casa: il palcoscenico o il set cinematografico, che lo portavano a spendersi fino all’ultima sua energia, erano la ragione della sua vita, la ragione del suo vivere quotidiano.

Ancora più apprezzabile in lui era il fatto che si proclamasse “autodidatta dello spettacolo”, egli, è vero, non aveva frequentato scuole o accademie di recitazione, ma aveva in sé enormi ed inesauribili energie, idee e qualità che gli consentivano di fronteggiare qualsiasi situazione, di gareggiare in bravura con qualsiasi altro attore o comunque uomo di spettacolo.

Brindisi gli ha dedicato lo spiazzo antistante il Teatro che è stato chiamato “Piazzetta Giustino Durano”, dal 20 gennaio 2012 è stato immortalato dal mondo della Scuola, poiché il Liceo Artistico Musicale porta il suo nome. Tuttavia, la sua più grande soddisfazione, quella a cui ogni bravo attore aspira, Giustino Durano se l’è presa interpretando magistralmente il ruolo del mite cameriere-zio di Roberto Benigni, ne: “La vita è bella”, contribuendo all’assegnazione dell’Oscar alla magnifica pellicola.

Dopo questa fatica, Giustino, già sofferente, si ammalò e per lui, poi, è calato definitivamente il sipario, ma noi suoi concittadini ed imperterriti estimatori, ecco, lo applaudiamo ancora, ma certamente non basta, allora, cogliendo una provocazione del politologo Peppino Caldarola, gran fautore del binomio “cultura-politica”, Giustino Durano può trovare degnamente posto nel Pantheon degli uomini illustri del Meridione d’Italia che, comunque, hanno nobilitato, dando lustro, all’Italia tutta intera.

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