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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

Brindisi e il Barocco: non solo chiese e palazzi, ma anche libri. E le volte a stella

Una perla dalla forma irregolare, che in portoghese prende il nome di "barroco", s'ipotizza avrebbe dato il nome all'indirizzo stilistico che, nel Seicento, avrebbe rivoluzionato l'arte italiana ed europea: il Barocco. A scegliere questo nome furono gli storici del secolo XVIII

BRINDISI - Una perla dalla forma irregolare, che in portoghese prende il nome di “barroco”, s’ipotizza avrebbe dato il nome all’indirizzo stilistico che, nel Seicento, avrebbe rivoluzionato l’arte italiana ed europea: il Barocco. A scegliere questo nome furono gli storici del secolo XVIII per definire  lo stile artistico del secolo precedente in cui si fece largo uso di linee curve ed irregolari, preferite a quelle dritte e semplici che invece avevano caratterizzato l’arte del movimento che aveva dominato il secolo precedente: il Rinascimento. L’equilibrio, la razionalità e la proporzione rinascimentale lasciarono, quindi, il posto, nel travagliato e complesso “secolo di ferro”, alla fastosità, al desiderio di stupire ed emozionare lo spettatore, all’illusione e alla teatralità barocca.

Le prime grandi manifestazioni dell’arte barocca videro la luce nella città eterna, Roma, per poi “ridisegnare” con le sue sculture e la sua architettura, l’aspetto di tanti edifici e chiese italiane. Il Barocco tratteggiò anche l’aspetto di molte città della Terra d’Otranto, Lecce in particolare, con risultati straordinari come la Basilica di Santa Croce, il Seminario o la chiesa di Santa Chiara. Delle sue manifestazioni nella terra di Brindisi si è parlato invece, martedì, nell’ambito della seconda sessione del IX Convegno nazionale di studi e ricerca storica organizzata dalla sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia.

Giacomo Carito-4Il convegno, patrocinato dal Comune di Brindisi, con l’adesione del Touring Club Italiano e del Gruppo Archeologico Brindisino, è stato coordinato da Giuseppe Rollo della Società di Storia Patria per la Puglia ed ha visto susseguirsi gli interventi di qualificati relatori che hanno approfondito alcuni aspetti dell’età barocca iniziando da quello storico-sociologico proposto da Giacomo Carito, presidente della locale sezione della Società di Storia Patria per la Puglia, che ha ricordato la complessità  del Seicento, secolo che nonostante fosse caratterizzato dalla paura della morte, dalle tante angosce e dalle pandemie ricorrenti, fu anche il secolo delle grandi scoperte scientifiche e astronomiche, con l’invenzione del telescopio e del microscopio.

Emilia Mannozzi-2Carito ha evidenziato come in epoca barocca il mondo “andasse in scena” , come tutto fosse allegoria: un insieme di segni e simboli che occultavano la grande paura del secolo: la morte. Nonostante questo, il Seicento fu, per il professore,  un secolo “capace di trovare in sé le energie per pensare al nuovo”. Dopo l’intervento di Emilia Mannozzi, direttrice del Museo Provinciale di Brindisi, che ha parlato del protocollo d’intesa sottoscritto dalla Provincia con alcune associazioni culturali (tra le quali la stessa Società di Storia Patria per la Puglia) per il potenziamento del museo e per la maggior fruizione dei  beni culturali, si è parlato di un altro aspetto importante dell’epoca barocca: i suoi riflessi sulle opere a stampa.

Stefania Rimola-2Il Seicento è considerato come il secolo di decadenza del libro. Il Barocco, però, investì anche queste opere. A parlarne è stata la paleografa Stefania Rimola, che ha illustrato i risultati di un suo lavoro di ricerca, ancora in atto, svolto sul Fondo Zongoli: opere a stampa dei secoli XVII-XIX custodite e già catalogate dalla Biblioteca provinciale di Brindisi. La Rimola ha descritto dettagliatamente le caratteristiche tecnico-formali dei preziosi libri analizzati, trattati religiosi e di teologia morale in buono stato di conservazione e pubblicati, per la maggior parte, tra Napoli e Venezia ed ha proposto un excursus molto interessante tra reclamantes (parola o più parole che venivano scritte nel verso dell’ultima carta, in basso, del fascicolo per anticipare la parola che apriva la prima facciata del fascicolo successivo), segnature (sistema per rilegare i volumi senza errori) frontespizi (prima pagina del libro che contiene il titolo ed altre indicazioni di pubblicazione che nel Seicento si arricchisce di elementi decorativi e tre tipologie di carattere: le capitali di testo, il tondo di testo e il corsivo) ed altri elementi che caratterizzavano i libri a stampa.

Raffaele Casciaro-2A parlare di scultura barocca in Terra d’Otranto è stato invece il professor Raffaele Casciaro, dell’Università del Salento, che ha descritto, con una serie di immagini, la statuaria del barocco leccese e salentino, la quale  “ha una caratterizzazione molto forte”. Casciaro ha quindi parlato dei più importanti scultori salentini del pre-barocco: da Francesco Zimbalo (1567-1631), padre di Giuseppe Zimbalo e autore del portale centrale della Basilica di Santa Croce a Lecce e dell’altare di San Francesco da Paola situato all’interno, a Vespasiano Genuino (1552-1637), scultore tardo manierista che nelle chiese della Puglia lasciò una ricca produzione di statue e la cui prima opera nota è un fonte battesimale custodito nella chiesa di Santa Maria della Lizza ad Alezio. Casciaro ha proseguito parlando poi della circolazione delle opere d’arte in Puglia prodotte a Napoli, del successo che ebbero gli altari e i busti reliquiario in età barocca (in questo periodo c’è un’insistenza sui temi devozionali) con una vasta produzione di gruppi di statue sul tema del Calvario. Casciaro ha, quindi, concluso il suo intervento parlando anche dell’architettura salentina barocca (che abbandona gli schemi squadrati per gli spazi ellissoidali) per terminare con la statuaria prodotta a Napoli e importata nel Salento (prodotta da scultori come Nicola Fumo, Aniello Perrone, Gaetano Catalano e Vincenzo Ardia) e la produzione delle opere processionali in cartapesta.

Da sinistra, Giuseppe Rollo e Antonio Caputo-2Di una delle  due colonne del porto di Brindisi, nel 1661. Come ricordato dettagliatamente  dal professor Antonio Caputo della Società di Storia Patria per la Puglia, la colonna crollò, per motivi inspiegabili, il 20 novembre del 1528 e i suoi resti rimasero a terra per ben centotrentadue anni senza che “nessuno ebbe mai la volontà rimetterla in sesto”. Il trasferimento a Lecce avvenne in seguito ad un fatto che si verificò nel 1656 e che colpì la Terra d’Otranto: un caso di febbre tifoidea che si diffuse in otto mesi e che risparmiò Lecce e Brindisi. L’evento, come ricordato da Caputo, fu ritenuto un evento miracoloso, ottenuto grazie a S. Oronzo. I leccesi, per ringraziare il santo, decisero di erigere un monumento che avesse delle caratteristiche particolari: doveva rappresentare il trionfo del cristianesimo sul paganesimo.

Il sindaco di Brindisi, Carlo Stea, decise, quindi, di offrire i resti a Lecce, per ringraziare il santo di aver liberato anche la nostra città dal pericolo peste. I suoi successori, i sindaci Giovanni Antonio Cuggiò, Carlo Monticelli Ripa e Andrea Vavotico erano contrari al trasporto dei preziosi resti, ma il vicerè di Napoli, il conte di Castrillo, ne ordinò il trasferimento. E Vavotico dovette acconsentire, nonostante i brindisini facessero le barricate di notte per ostacolare il trasferimento che, come ricordato ancora dal professore, durò un anno ad opera di due mesagnesi perché “nessun brindisino volle aderire a tale incombenza”.

Ilaria Pecoraro-2Infine, ultimo aspetto trattato durante la seconda sessione del convegno sull’età barocca ha riguardato la rivoluzione architettonica che i sistemi voltati stellari produssero nel nostro territorio . A parlarne è stato l’architetto Ilaria Pecoraro, che ha brillantemente illustrato ogni aspetto di questo particolare fenomeno costruttivo che durò tre secoli e caratterizzò le nostre antiche abitazioni, le  chiese, le masserie e l’edilizia di deposito. L’architetto ha mostrato i risultati di una sua ricerca che dura da qualche anno e che è ancora in atto e dalla quale è emerso che questo fenomeno costruttivo è tipico della Terra d’Otranto, non ha subìto influenze dall’area napoletana e si è presentato semplice nella modalità esecutiva, economico e funzionale.

La ricerca della Pecoraro ha evidenziato l’epicentro da cui si è originato il fenomeno, l’area a sud di Lecce ed ha mostrato poi esempi di volte a spigolo e volte a squadro aperto. L’architetto si è poi soffermato sul barocco romano e su quello di Brindisi, il cui esempio più importante è il Palazzo Arcivescovile, che s’ispira alla fabbrica romana del Collegio de Propaganda Fide. La Pecoraro ha concluso il convegno mostrando esempi di questo fenomeno costruttivo nella nostra provincia e ricordando che gli edifici che tra XVI e XVIII secolo sono stati coperti con i sistemi voltati stellari hanno rappresentato “la risposta barocca del nostro territorio”.

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