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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cultura

Come eravamo nel 1754, anno nero

BRINDISI - Qual era la qualità della vita a Brindisi 250 anni fa? Come si viveva in città, quali erano le attività della popolazione? Quanti erano gli abitanti? E quali i cognomi e i nomi più comuni? E le strade si chiamavano come oggi? Lo si può scoprire leggendo “Il libro delle anime – Brindisi 1754”, una ricerca coordinata da Loredana Vecchio, con prefazione di Katiuscia Di Rocco, che la Hobos Edizioni di Brindisi ha stampato in un libro che sarà nei prossimi giorni in libreria, e al quale hanno collaborato la scuola media Da Vinci - Alighieri e la Biblioteca arcivescovile De Leo.

BRINDISI - Qual era la qualità della vita a Brindisi 250 anni fa? Come si viveva in città, quali erano le attività della popolazione? Quanti erano gli abitanti? E quali i cognomi e i nomi più comuni? E le strade si chiamavano come oggi? Lo si può scoprire leggendo “Il libro delle anime – Brindisi 1754”, una ricerca coordinata da Loredana Vecchio, con prefazione di Katiuscia Di Rocco, che la Hobos Edizioni di Brindisi ha stampato in un libro che sarà nei prossimi giorni in libreria, e al quale hanno collaborato la scuola media Da Vinci - Alighieri, la Biblioteca arcivescovile De Leo, l'Archivio di Stato di Brindisi e la Biblioteca Provinciale .

Al libro, stampato presso la Italgrafica di Oria, in vendita al prezzo di 15 euro, è allegato anche un cd che comprende l’elenco dei nuclei famigliari della città, dove abitavano, la loro condizione, e dei nomi degli abitanti in ordine alfabetico. Il lavoro sarà presentato al pubblico sabato 15 dicembre prossimo, alle ore 17,00, presso il salone del Museo Provinciale in piazza Duomo, con la partecipazione del prof. Angelo Massafra, ordinario di Storia Moderna presso la facoltà di Lettere dell’Università di Bari.

Nella scheda del libro, Loredana Vecchio scrive: “E’ il racconto del vivere quotidiano e della qualità della vita degli abitanti di Brindisi nel 1754, allora facente parte del Regno di Napoli. Un tempo storico particolare per la città, colpita da eventi naturali devastanti, quali terremoti, pestilenze e carestie che causarono numerose vittime e ingenti danni, tali da portare allo spopolamento e alla sua quasi totale distruzione”.

“Un periodo studiato, oltre che sui testi storici, attraverso l’analisi e il confronto di due documenti che rappresentano, in definitiva, i due volti diversi della società del tempo: lo Status animarum, che rispecchia la voce clericale e del popolo, uno dei primi censimenti, realizzati dalla Diocesi attraverso i propri parroci in occasione della benedizione pasquale delle abitazioni; e il Catasto onciario, la voce giuridico-amministrativa, un inventario dei beni posseduti in ogni università, realizzato per disposizione di Carlo di Borbone, re del Regno di Napoli”.

“Dalla lettura del libro si possono ricavare tantissime informazioni utili per  un’analisi socio-economica della popolazione: l’ammontare della stessa, l’ampiezza dei gruppi familiari declinati interamente (per numero di figli e di altri componenti), la distribuzione della popolazione nella vicarie (i quartieri del tempo), la maggiore o minore distribuzione di ricchi o di poveri in una data zona, la strada in cui le famiglie abitavano, le relazioni di parentela rispetto al capofamiglia, la provenienza (se forestieri) e l’età di ogni componente, il lavoro svolto, i beni posseduti e i servizi in base ai quali ogni cittadino doveva pagare le tasse, la tipologia dell’abitazione in cui la famiglia viveva (palazzo, casa palazziata, casa terranea, basso – di proprietà o in affitto - casa franca e libera), i cognomi e i nomi più diffusi in ogni vicaria e in totale”.

“Tante le curiosità. Ad esempio, la modesta estensione della città che andava dalla Marina alla Strada Conserva, al di là della quale esistevano giardini ed orti con case sparse: a nord la Contrada del Pero o di S. Martino e a sud la via Porta Lecce e i Giardini di S. Crispieri. La chiesa ed il convento di S. Benedetto erano già al limite dell’abitato. Giardini ed orti erano presenti al confine con le mura della città. Ed ancora: in rapporto al territorio così modestamente urbanizzato e ad una popolazione di 8604 abitanti, di cui 500 ecclesiastici, chiese e  conventi erano davvero tanti! Ed un motivo c’era”.

Nel libro sono spiegati i perché dell’ingiuria nei confronti dei brindisini, considerati “latri e ssassini” e del detto “li brindisini sontu amanti ti li furastieri”.In realtà, la società brindisina nel 1754 era varia, nel senso che c’era solo un gruppo di autoctoni e, invece, molti immigrati. All’interno della popolazione erano venuti a differenziarsi dei gruppi sociali ben distinti: l’uno, quello ristrettissimo dei ricchi, dei nobili e dei cosiddetti magnifici, di coloro che vivevano del loro o esercitavano le professioni liberali; l’altro degli artigiani e, infine, quello dei pescatori, degli agricoltori e dei braccianti.

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