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Intervento/ S.Teodoro, la cultura: non ci siamo

Cultura in greco si dice “politismòs”, da “polis” che come si sa è la città. Quando parliamo di cultura, dunque, il riferimento non può essere generico o astratto, ma deve fare i conti con la polis, la città di riferimento: quindi con i suoi abitanti ed i suoi amministratori.

Cultura in greco si dice “politismòs”, da “polis” che come si sa è la città. Quando parliamo di cultura, dunque, il riferimento non può essere generico o astratto, ma deve fare i conti con la polis, la città di riferimento: quindi con i suoi abitanti ed i suoi amministratori. E uno. Poi ci sono gli assiomi, verità che non si discutono, che dovrebbero guidarci la mente e le scelte, perché dovrebbero metterci tutti d’accordo su cose fondamentali. Uno tra questi dice che una città senza conoscere la sua storia non può vivere bene il suo presente né progettare degnamente il proprio futuro. E due.

Siccome non c’è due senza tre, pensiamo pure che ogni città ha l’amministrazione che merita. E l’opposizione che merita. E gli intellettuali che merita, come i commercianti e gli agricoltori, i pescatori e gli imprenditori, i politici e la malavita. Anche tutto questo ha valenza assiomatica e serve a mettere subito a proteggersi dai soliti brontoloni abituati a scaricare le colpe ad altri!

Fatte queste premesse, alla vigilia della “festa di San Ghiatoru” che segna la fine dell’estate brindisina, tiriamo pure le somme. Recentemente abbiamo alzato le mani davanti alla bellissima sfida di candidarsi come “Città Capitale della Cultura Europea 2019”. L'ex sindaco Mennitti aveva visto bene ma un uomo solo non può fare miracoli. Lo stabilito: la cultura non è dei singoli ma della città! Non entro nemmeno nel merito delle giustificazioni ufficiali per la nostra dichiarata incapacità ad auto-proporsi, culturalmente parlando, a livello internazionale. Mi rincresce profondamente elencare le opportunità di crescita che abbiamo perso rinunciando a questa sfida.

Non voglio commentare neanche la cosiddetta “candidatura comune con Lecce”. Melina Mercuri quando proponeva l'idea nel ormai lontano giugno del 1985, aveva in mente la valorizzazione culturale della “polis” non certo del territorio: la città, ogni città è sempre una, unica, per posizione geofisica, per storia, per vocazione, per destino, per dna dei suoi abitanti e la “Città Capitale della Cultura Europea” vuole fare emergere tutte queste unicità: è un inno, un'apoteosi, un riconoscimento internazionale per la singola unica città. La Polis! E l'enorme tristezza non nasce dall'occasione perduta di misurarci con le nostre capacità e ambizioni, ma dalla contestazione che ci mancano proprio le ambizioni ancora prima delle necessarie capacità.

Avere - come polis, come città -, una proposta culturale seria, articolata che più dell’effimero e degli effetti speciali vuole ricollegare il presente al passato e proiettarsi in un futuro reale e solido ed in prospettiva di uno sviluppo sociale ed economico del territorio, vuol dire in primis, conoscere la propria storia. Si parte da lì. Dall'essere convinti che proveniamo dai Messapi, ma sapere anche che questi ultimi non sono affatto “quelli sconosciuti” come ci vogliono fare credere, ma che hanno cognome e certificato d’origine. Dal chiamare il simbolo della città con il proprio nome: “colonne brindisine”.. Ciò significa che storici brindisini qualificati ed educatori ispirati devono avere il dovere insieme all’onore di plasmare la coscienza cittadina.

Se no, anno dopo anno - “da San Ghiatoru a San Ghiatoru” - riproduciamo la “cultura della non cultura”, celebriamo la nostra “cultura alla brindisina maniera”, quella sotto l’ombrellone, che va benissimo se catalogata sotto la voce “eventi di intrattenimento estivo”, ma non dovrebbe essere l’obbiettivo di una crescita culturale, sociale ed economica. L’anno scorso gli eventi estivi a Brindisi sono finiti sotto l’inchiesta della procura; quest’anno una commissione composta dal sindaco e due esperti ha esaminato una valanga di proposte arrivate da associazioni, privati e ditte e ne hanno scelte 38. Peccato che non si è mai saputo chi erano questi meritevoli.

Poi in pieno agosto uno dei tre saggi della commissione ha parlato. A scoppio ritardato, ma ha parlato e siccome il sociologo Lele Amoruso, non parla facile, cerco di tradurlo liberamente: “Caro sindaco abbiamo, hai scelto, ma questa non è cultura, sono cose di poco conto che non contribuiscono alla crescita culturale della nostra città!”.

Quindi? Quindi niente!.. l’estate sta finendo, come recita la nota canzone. Vivere di “eventi culturali” di rito, facili, ripetitivi senza che essi facciano parte di un qualsiasi progetto vasto, coraggioso ed ambizioso, serve solo ad accontentare un po' tutti, spesso confondendo l'arte con la passione artistica personale, la danza con la promozione delle scuole di ballo, l'enogastronomia con gli affari di bancarella di pochi capaci, i grandi eventi internazionali con le fiere o le sagre di paese, con tutto il rispetto per queste ultime: quelle vere, autentiche!. Portare su lungomare, d'estate, qualche migliaia di persone attirate da un gruppo musicale importante a livello nazionale non è gran cosa. Imprenditori privati riempiono a pagamento stadi interi con gli stessi artisti... e lo fanno senza i soldi delle istituzioni.

Ci vuole una politica chiara della cultura: progettare delineando, marcando il percorso culturale che si vuole proporre alla città per i prossimi 20 anni, scegliere gli obbiettivi e quindi individuare metodi, alleanze e finanziamenti e naturalmente individuare le persone che sono capaci, avendo la passione, l'onestà e le competenze per gestire tutto questo in maniera limpida, trasparente e dinamica. Ci vuole tanto coraggio! Credo che la svolta culturale, di cui indubbiamente la città ha bisogno, con tutto il dovuto rispetto, non la si fa solo con le associazioni private di quartiere e neanche con gli imprenditori di eventi! Vanno cercate altre vie alternative.

E soprattutto va chiarita la differenza tra spettacoli di intrattenimento estivo e fiere paesane dalle iniziative artistiche e culturali e gli eventi di respiro nazionale ed internazionale che devono promuovere Brindisi dandole il profilo di città che merita, carica di storia, centro importante di scambi sociali, culturali ed economici nel Mediterraneo e nella nuova Europa.

Il governo della città dovrebbe prendere seriamente in considerazione tale prospettiva e l'opposizione dovrebbe passare da sterili dichiarazioni senza nessuna continuità a serie proposte di sviluppo culturale e di internazionalizzazione della nostra amata Brindisi. Un voto in questo senso “al nostro San Ghiatoru” non sarebbe una cattiva idea: la suggerisco al sindaco.

*presidente della Comunità Ellenica di Brindisi, Lecce e Taranto

 

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