"La storia prestata a feste di piazza"
FRANCAVILLA FONTANA – Una comunità che diventa miope davanti allo sgretolamento della propria identità storica, e non ha contenuti e metodi per essere contestuale al suo ambiente, diviene arrogantemente autoreferenziale e vuota. C è chi tutto questo lo denuncia, partendo dall’esempio di Francavilla Fontana (ma il problema è ampiamente estensibile a tanti altri casi). Si prendono in prestito dalla storia nomi e scenari ma solo per dare un titolo a manifestazioni che con la storia e il patrimonio monumentale e culturale della città ben poco hanno a che fare.
FRANCAVILLA FONTANA – Una comunità che diventa miope davanti allo sgretolamento della propria identità storica, e non ha contenuti e metodi per essere contestuale al suo ambiente, diviene arrogantemente autoreferenziale e vuota. C è chi tutto questo lo denuncia, partendo dall’esempio di Francavilla Fontana (ma il problema è ampiamente estensibile a tanti altri casi). Si prendono in prestito dalla storia nomi e scenari ma solo per dare un titolo a manifestazioni che con la storia e il patrimonio monumentale e culturale della città ben poco hanno a che fare.
Non si salgono i gradini di una chiesa o di un palazzo antico per andare ad ascoltare un concerto o assistere ad una rappresentazione, ma solo come sedute per bere, mangiare e fumare. Non c’è quell’equilibrio di eventi culturali ed artistici con lo spettacolo e lo svago che rende diverso un evento all’altezza della storia di una città dalle feste popolari di borbonica memoria.
“Un tempo piazza Vittorio Emanuele II – scrive Giuseppe Leone in una lettera pervenuta alla nostra redazione – meglio nota come ‘Piazza ti lu monumentu’, aveva un volto diverso da quello attuale; presentava una recinzione centrale che custodiva appunto ‘Lu monumentu’ dei caduti di tutte le guerre. Oggi invece, anche durante la manifestazione della settimana scorsa ‘La notte degli Imperiali’ – continua – tutto si esaltava eccetto le bellezze e i valori che nutrono in quella piazza”. La ricerca del piacere effimero, oggi, allontana prepotentemente la memoria dei luoghi e della storia, creando un vuoto culturale che soffoca la fantasia, uccidendo così ogni formulazione di pensiero, soprattutto quello critico.
“Ed è così che la ‘chiazza ti lu monumentu’, - continua Giuseppe Leone - diviene il luogo dove la musica commerciale rimbomba tra i palazzi storici che su di essa si affacciano, i ragazzi e le ragazze divertite utilizzano gli scalini come pista da ballo, qualcuno bivacca o alza il gomito ai piedi delle statue, davanti agli sguardi inermi degli adulti, che sorridono e annuiscono come a compiacersene”. Un animo artistico e con prospettive diverse dal ragazzino che oggi pensa solo al drink o alla discoteca, e si perde, a volte, nel senso di vuoto, che oggi, vige su tanti paesi e città dove la parola chiave è “happy hour” – ore felici.
“Le notti bianche , frutto di una Roma neorinascimentale veltroniana sono dei momenti ben lontani dalle variopinte sale da discoteca francavillesi – continua nella lettera Giuseppe Leone – le sporadiche e non organiche iniziative artistiche e comunque di qualità, sono il risultato di una proposta partecipata. Questo deve farci riflettere molto. Anziché soffermarci – continua Leone - sulla edificazione di nuovi totem autocelebrativi, dovremmo concentrarci per tutelare il patrimonio storico, artistico e culturale preesistente, anche attraverso l’intervento di nuove iniziative, ma senza dimenticare l’aspetto contestuale. Il compito delle nuove generazioni è sempre stato quello di andare oltre, senza la rottura degli schemi non c’è evoluzione, non c’è futuro, quindi non c’è storia”. Non uccidete il pensiero, conclude Giuseppe Leone.