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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cultura

Left e le ricette per una buona salute

MESAGNE - “Aprite le orecchiette”, ché talvolta è sufficiente mutare prospettiva per combattere il peggiore dei mali, basta riazzerare il proprio orologio biologico, portandolo indietro di qualche decennio per sconfiggere gli acciacchi più o meno gravi, dalle gastroenteriti ai tumori.

MESAGNE - “Aprite le orecchiette”, ché talvolta è sufficiente mutare prospettiva per combattere il peggiore dei mali, basta riazzerare il proprio orologio biologico, portandolo indietro di qualche decennio per sconfiggere gli acciacchi più o meno gravi, dalle gastroenteriti ai tumori. La soluzione spesso è più semplice di quel che si possa immaginare, e la si può trovare a tavola educandosi alla buona alimentazione.

Pino Afrcano, tecnologo alimentare, lo spiega nel suo libro, edito da Terra Nuova Edizioni, dal titolo “Aprite le orecchiette”, per l’appunto. Ha deliziato una platea gremita di gente, incuriosita dalla ironica e non convenzionale trattazione, nella chiacchierata che ha avuto luogo a Mesagne, ieri sera, presso il ristorante Giudamino, un incontro organizzato da Left.

Dalle delizie della nostra terra alla tutela della salute. Il ritorno al biologico, paradigma di fedeltà ai principi alimentari che hanno garantito ai nostri avi la protezione dalle malattie dell’era moderna. Basta spostare le lancette, in taluni casi, per stare meglio. Non dimenticare che i nostri nonni, quando era l’agricoltura la fonte primaria di reddito, erano costretti a levatacce che facevano sì che la colazione si assumesse molto presto, che il pranzo fosse abbondante e la cena frugale.

La piacevole conversazione, leggera nella forma ma, non senza sarcasmo, molto profonda nell’analizzare i comportamenti più diffusi a tavola, con tanto di macroscopici errori e credenze da sfatare,  dal titolo “La Salute a tavola”, il cibo tra miti realtà, bugie e silenzi, è stata introdotta dal presidente di Left, Carmine Dipietrangelo.

Tra i relatori Michele Trotti, agronomo e componente del consiglio direttivo di Left Brindisi, con cui si sta compiendo un lungo percorso per le tortuose vie dell’alimentazione e della salute, Antonio Moschetta, direttore scientifico dell’Istituto tumori “G.Paolo” di Bari, autore di due importanti studi e di altrettante scoperte sulla lotta al cancro del fegato e del colon retto che si fondano sempre sul principio secondo cui è l’ambiente in cui viviamo, a partire da quel che mangiamo, a condizionare il nostro corpo, il medico Giuseppe Indolfi, che ha condiviso con il pubblico le proprie esperienze nella cura dei pazienti.

Morale della favola? Bisogna riflettere sulle nostre abitudini. Su come esse sono mutate nel tempo. Su quanto si stiano disperdendo quei sani principi di una volta, quando, anche senza una eccessiva consapevolezza, si conduceva uno stile di vita dettato da necessità. E’ la Dieta Mediterranea che va riscoperta, intesa non come serie di dettami alimentari, ma proprio come stile di vita, divenuto patrimonio dell’Unesco. I cereali, i cibi a basso indice glicemico – come ha fatto notare Moschetta – i meccanismi vorticosi che portano all’insulino-resistenza. Si mangiano quantitativi di zucchero sproporzionati rispetto al fabbisogno. E il glucosio, si sa, è il miglior alleato delle cellule tumorali che ne sono ghiotte. La carne rossa? Meglio evitare e preferire la bianca. La farina, è preferibile quella di grano duro, piuttosto che la doppio zero, invenzione di tempi più recenti.

“Se ci facciamo un giro, di sera – ha raccontato Moschetta, ricercatore stimato che è stato per lungo tempo all’estero, tra l’Olanda e gli Usa – i ristoranti, i locali, sono pieni di gente. Segno che si predilige la cena, per le abbuffate, quando invece sarebbe più opportuno mangiare di più a colazione e a pranzo. Si mangiano bruschette, pane, e infine anche un bicchierino di grappa”. Sono tutti zuccheri. Di che ci lamentiamo poi?

E’ stato dimostrato, ha raccontato infine Africano, facendo riferimento proprio a studi di Moschetta compiuti su un campione di alcune decine di pazienti, che si può guarire anche soltanto modificando il proprio rapporto con il cibo, senza ridurlo. Magari con un frappé di cereali crudi, mescolati a latte di soia, un po’ di miele e una banana.

Prevenzione su un fronte, cura delle malattie sull’altro. Ma principalmente un imperativo mentale: abituarsi al pensiero positivo, anche per fornire una speranza a chi pensa di averle smarrite tutte. Cambiare, anche se ogni cambiamento impone un dolore, come ha fatto notare Moschetta citando Pasolini. Per tornare a occuparci dei piccoli gesti quotidiani: come, quando e cosa si mangia. E’ così che la sfida contro il cancro può essere vinta.

Una cena, infine, con tanto di menù adeguato ai principi teorici, snocciolati senza pedanteria, per capire di che si stava parlando: orecchiette, per primo. Melanzane, zucchine, cozze e focaccia con farina di grano duro. Un bicchiere di vino rosso. E si va a letto felici, senza aver procurato grossi danni.

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