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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cultura

Masiello spiega il pensiero popolare

BRINDISI - Chi ama davvero Brindisi, la sua “anima”, la sua antica saggezza popolare, non potrà non amare anche l’ultimo libro scritto da uno dei suoi figli più illustri, uno dei veri cantori di questa città, l’avvocato Ennio Masiello.

BRINDISI - Chi ama davvero Brindisi, la sua “anima”, la sua antica saggezza popolare, non potrà non amare anche l’ultimo libro scritto da uno dei suoi figli più illustri, uno dei veri cantori di questa città, l’avvocato Ennio Masiello. “Proverbi e modi di dire del dialetto brindisino” (edizioni La Concordia, pp.224-euro 13,00) è infatti una straordinaria raccolta di 2123 locuzioni del nostro dialetto che riporteranno i lettori indietro nel tempo, alla Brindisi fatta di semplicità e saggezza contadina; 2123 perle da custodire gelosamente in quanto espressione del nostro passato, delle nostre radici, del nostro Dna.

Il libro di Masiello è stato presentato sabato sera nella Sala università di Palazzo Nervegna, dal professor Antonio Caputo della Società di storia patria per la Puglia-Brindisi, davanti ad un numeroso e caloroso pubblico. I saluti dell’amministrazione comunale sono stati portati dal vicesindaco, Vincenzo Ecclesie, che ha affermato di aver voluto fare così anche un “bagno di brindisinità”, per conoscere meglio la tradizione. “Tempo fa”- ha affermato Ecclesie- “vi era il Quotidiano che pubblicava una rubrica di Masiello, purtroppo adesso non c’è più. Quindi ben venga questa raccolta”. La presentazione di Caputo ha messo invece in risalto l’importanza e il valore dei proverbi e dei modi di dire nel corso del tempo.

“Se affermiamo che l’avvocato Ennio Masiello è un amico di Brindisi, o meglio, l’Amico della città di Brindisi, non diciamo certo cosa falsa o pretenziosa”, ha detto Caputo. “Quando una persona mette al servizio della città e dei suoi cittadini cordialità, competenza professionale, storia personale, passione, ma soprattutto attitudine a ricercare, con puntuale precisione e lucidità, aspetti di vita cittadina attraverso “proverbi e modi di dire del dialetto brindisino”, ecco che ci troviamo di fronte a quello che, senza presunzione, si può definire ‘l’uomo della memoria’.

Le pagine di questo libro – ha proseguito Caputo - sono frutto di una lunga e paziente ricerca che ci offre chiavi interpretative valide per la comprensione di un mondo che andiamo progressivamente perdendo, comunque che si è inesorabilmente trasformato. Sono soprattutto i proverbi che rispecchiano nel tempo vizi, virtù, debolezze, passioni, esperienze e credenze antichissime della nostra gente”.

I proverbi e i modi di dire raccolti nel libro seguono un preciso ordine, quello alfabetico. Caputo ha quindi presentato e spiegato il significato di alcuni proverbi del prezioso volume partendo da quello che inizia con la lettera A: “Amici e cumpari si parla chiari” e continuando poi con “Ci era ciucciu mia no li tava mancu pagghia” , o “Cullu giustiziu si campa la casa” ed altri. Il professore ha proseguito la sua presentazione spiegando inoltre il motivo per cui il proverbio era solitamente breve, e cioè perché rimanesse impresso nella memoria anche di chi non sapeva né leggere né scrivere.

E dalla Bibbia, nella quale era presente già “Il libro dei Proverbi”, al mondo greco, con i sette saggi che “si espressero con un certo numero di motti, massime e sentenze di grande valore morale e civile”, e passando poi per il mondo latino, i cui proverbi popolari hanno lasciato “abbondanti tracce nel nostro linguaggio corrente”, Antonio Caputo è giunto sino a Giovanni Verga e al suo uso dei proverbi nell’opera “I Malavoglia”, terminando la sua bella presentazione affermando che dopo aver letto il libro dell’avvocato “se ne ricaverà una sensazione di benessere capace di sostituire qualsiasi medicina, con il non trascurabile vantaggio che per il libro scritto dall’avvocato Ennio Masiello non esistono controindicazioni di sorta”.

Dopo l’intervento di Caputo, a prendere la parola è l’autore del libro che afferma: “Credo che il dialetto stia morendo. Io sono un conservatore di un mondo che non c’è più. Volevo lasciare un compendio di quella che è stata la nostra vita, perché i giovani imparassero quello che i vecchi sapevano, facevano. Un modo come un altro per fare la storia della nostra città”. L’avvocato ha ricordato e spiegato poi l’origine di alcuni detti molto conosciuti come “Acqua salza”, cioè acqua salsa, che deriverebbe dal fatto che forse al rione Sciabiche vi era un pozzo che dava acqua salata, o il detto “Bullatu ti Misciagni”, definizione data dai monelli brindisini ai galeotti del Castello svevo, che essendo marchiati in fronte erano facilmente riconoscibili.

Masiello ha spiegato che i monelli attendevano i prigionieri presso Porta Napoli, al loro rientro dalla città di Mesagne dove venivano impiegati per lo stradinaggio. Alla vista dei galeotti i monelli gridavano quindi la ormai nota frase: “Sta ‘rrivunu li bullati ti Misciagni”. Anche il noto “Cati piru ca ti màngiu” è presente tra i modi di dire raccolti dall’autore, che lo spiega così: “si dice che un brindisino pur di non far fatica per prendere una pera dall’albero, aspetta che gli cada in bocca”. Il detto “Fari Casamìcciula”, cioè fare un disastro, ha invece un’origine molto recente (seconda metà dell’Ottocento), quando cioè si verificò il terremoto che distrusse quasi per intero il comune campano di Casamicciola.

Il detto: “ Lu ricalu ti Betta alla nora” rivela invece un particolare curioso: “Sembra che questa Betta, in occasione del matrimonio del figlio, regalò un ago alla nuora, perché sapesse che, cucendo, aiutava la famiglia”, spiega l’avvocato. Tra i vari detti e proverbi l’autore ha ricordato anche il modo di dire “Paru paru”, che poteva indicare sia un modo di cuocere alcune minestre sia un modo di dire “giusto a …” ( giusto a me? se “paru paru” era seguito dal pronome personale) o quello usato per indicare che si era rimasti senza un soldo: “Rumaniri a liffa”. “Alef”, come ha ricordato l’autore, è la prima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi “Rimanere all’alef” vuol dire restare all’a-b-c.

E ancora: “Tagghiari li viermi”, che si usava nei casi di infezioni intestinali dei bambini. “Quando i bambini avevano un’infezione all’intestino”, spiega Masiello, “non si portavano dal medico, ma da una donna anziana che sapeva, con la pronuncia di giaculatorie, ‘tagliare i vermi’ ”. E a seguire: “Li poppiti alla scazata”, definizione che si dava agli abitanti del basso Salento che venivano a Brindisi per la vendemmia e che per non consumare le scarpe camminavano senza calzature.

Il viaggio di Ennio Masiello nella memoria popolare si è concluso con una bellissima e un po’ malinconica poesia scritta dal poeta e intitolata “Malincunia ti Natali”. La poesia ha offerto lo spunto non solo un momento di riflessione sul Natale che tante persone si ritroveranno a festeggiare da sole, ma anche sugli insegnamenti che ci giungono da quest’ antica saggezza popolare, insegnamenti che non tramonteranno mai.

 

 

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