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Cultura

Note dall'inferno, la musica dei lager

BRINDISI - Un coro di voci profonde sembra giungere da un luogo lontano, oscuro. Nell'aria inerte una parola, "Requiem". Arriva forte un'emozione. Un suono d'archi, poi voci, acute, possenti, soavi, profonde, intonano un "Kyrie". Un' esplosione di suoni anticipa una musica possente. E' la collera del Signore nel giorno del giudizio universale. L'uomo è solo davanti a lui. Squilli di trombe annunciano la vittoria della Vita sulla Morte. Poi scende il silenzio sull'umanità. Appare il "Rex" e il peccatore pentito chiede perdono. Un "Amen" di speranza, poi finalmente inizia il viaggio verso la luce,verso la libertà. "Liberami Signore"e il Coro conclude con un canto di lode alla Vita. E' il "Requiem" di Giuseppe Verdi.

BRINDISI - Un coro di voci profonde sembra giungere da un luogo lontano, oscuro. Nell'aria inerte una parola, "Requiem". Arriva forte un'emozione. Un suono d'archi, poi voci, acute, possenti, soavi, profonde, intonano un "Kyrie". Un' esplosione di suoni anticipa una musica possente. E' la collera del Signore nel giorno del giudizio universale. L'uomo è solo davanti a lui. Squilli di trombe annunciano la vittoria della Vita sulla Morte. Poi scende il silenzio sull'umanità. Appare il "Rex" e il peccatore pentito chiede perdono. Un "Amen" di speranza, poi finalmente inizia il viaggio verso la luce,verso la libertà. "Liberami Signore"e il Coro conclude con un canto di lode alla Vita. E' il "Requiem" di Giuseppe Verdi.

Non solo un'opera straordinaria ma un inno alla Vita eterna, alla libertà. Libertà agognata da chi in un luogo oscuro, in un baratro, vi era caduto da vivo e chiedeva,esattamente come nel "Requiem" , "liberami Signore". Un luogo che nonostante avesse un nome pensato per un omaggio ad una madre, era un luogo di sofferenza, di annientamento della dignità umana. Quel luogo era Theresienstadt (Terezin), "la città di Teresa" (omaggio che Giuseppe II fece a sua madre, l'imperatrice Maria Teresa). Theresienstadt era un campo di concentramento cecoslovacco voluto da Hitler e aperto nel 1941.

Nel campo vennero imprigionati circa 140.000 prigionieri ebrei e ne sopravvissero poco più di 17.000. A Theresienstadt era imprigionati ebrei "particolari": letterati, scienziati, musicisti tra i migliori d'Europa. E a rappresentare quel "Requiem", non per rassegnazione a un destino ingiusto, ma per una forma di resistenza, per invocare la libertà, fu uno di questi musicisti straordinari, Schochter. Nel campo non veniva suonata solo la musica di Verdi, ma anche quella di Mozart, di Beethoven, di Haydn, di Pergolesi. Si suonava anche la musica jazz, si rappresentavano spettacoli di cabaret. Ma i tedeschi non concessero subito la libertà di suonare. La musica infatti entrò prima "clandestinamente" nel campo,poi venne usata dai tedeschi per scandire i momenti più importanti della giornata e a fini propagandistici.

Per un'ispezione della Croce Rossa internazionale, i tedeschi prepararono infatti quel luogo di sofferenza "al meglio". Prepararono una farsa da presentare al mondo. Il campo doveva sembrare un luogo "felice" per la vita degli ebrei. A tale scopo i tedeschi chiesero all'attore Kurt Gerron, prigioniero anch'egli, di girare un film completamente falsato, dove gli ebrei erano ben vestiti, mangiavano bene e dove i bambini giocavano in un parco. Il titolo di quel film era "Il Fuhrer dona una città agli ebrei". La colonna sonora del film fu realizzata dai vari gruppi musicali nati all'interno del campo di concentramento, tra i quali un complesso jazz, un'orchestra d'archi. Gerron, pur se in conflitto con la sua coscienza, riuscirà nel suo compito al meglio tanto da essere odiato dagli altri ebrei e consegnerà ai tedeschi il loro "ghetto-paradiso", finendo poi, insieme agli altri prigionieri interpreti del film, ad Auschwitz, dove morirà.

Gli spartiti della musica concentrazionaria prodotta nei campi di sterminio dal 1933 al 1945, vengono oggi raccolti e incisi da Francesco Lotoro, pianista e critico musicale nato a Barletta, in un'enciclopedia discografica formata da oltre 4000 opere e intitolata "KZ Music". Nell'opera ancora in lavorazione, Lotoro ha inciso anche la sinfonia n.8 di Erwin Schuehoff  (scritta nel campo di Wuelzburg), la partitura pianistica di Viktor Ullmann (che la scrisse a Terezin) e del Nonet di Rudolf Karel (scritta nel carcere di Praga). Francesco Lotoro ha curato inoltre la postfazione di un libro intitolato "La musica a Terezin. 1941-1945", scritto dallo storico di musica concentrazionaria Joza Karas (1926-2008) e presentato ieri sera nell'ambito di un incontro-concerto tenutosi a Brindisi, presso l'ex convento S.Chiara, alle 17.30, e intitolato "Note dall'Inferno".

L'incontro è stato curato dalla dott.ssa Federica Caniglia. L'introduzione e la traduzione del libro sono state curate dalla professoressa Francesca R. Recchia Luciani, docente di Filosofie contemporanee e saperi di genere dell'Università degli studi di Bari, la quale ha dialogato con il prof. Francesco Fistetti,docente di Storia della filosofia contemporanea dell'Università degli Studi di Bari. Tra i relatori dell'incontro anche Raffaele Pellegrino, musicologo, co-traduttore e curatore della prefazione. Durante la serata è stato trasmesso il video "La Bellezza e il Male. La natura ambigua e dolente della produzione artistica di Terezin". Gli intermezzi musicali tratti dalle opere di Viktor Ullman sono stati eseguiti dal Maestro Maria Grazia De Leo. A spiegare il perchè della traduzione in italiano del libro di Karas è la prof.ssa Luciani,la quale ha affermato che durante il lavoro con il dott.Pellegrino, si è chiesta "se questo non fosse un libro che potesse dare adito a ‘fraintendimenti’,se non fosse un libro pericoloso in quanto i lettori potrebbero pensare che a Terezin si stesse realmente bene data l'intensa attività culturale e musicale concessa ai prigionieri".

La docente ha poi parlato della "zona grigia" di Primo Levi, quella zona del compromesso in cui si muovono gli esseri umani che vivono in una situazione del genere, degli"avvoltoi" dei lager (quegli ebrei cui venne affidato il compito di spingere gli altri prigionieri nelle camere a gas per poi ritirarne i corpi). Insomma di coloro che vennero chiamati "collaborazionisti". Citando poi Anna Harendt secondo la quale "vittime e carnefici sono tutti cadaveri" la prof.ssa Luciani ha concluso il suo sentito intervento ricordando "quella intera generazione di musicisti, di intellettuali che non c'è più, quel patrimonio di creatività che non potremo più recuperare".

Secondo il prof. Francesco Fistetti "la Shoah non è stata solo una catastrofe politica, culturale,umana, ma una punto di rottura della civiltà. Non si era mai verificata prima una pianificazione sistematica dell'omicidio. Il progetto di cancellare un intero popolo dalla Terra. La Shoah va riproposta al nostro ceto politico perchè l'insegnamento che essa ha lasciato è quello di mantenere la politica a livello alto,intendendo la vita degna di essere vissuta". Fistetti ha parlato poi dell'impoverimento dell'Occidente dopo il venir meno della diaspora ebraica, della cultura come argine alla disumanizzazione(senza la cultura infatti l'uomo perderebbe la sua umanità),dei regimi totalitari che volevano ridurre l'uomo ad animale e del pericolo sempre in agguato di una nuova catastrofe morale.

L'incontro-concerto si è concluso con la splendida esecuzione al piano del maestro De Leo di alcuni brani tratti dalle opere di Viktor Ullmann e con la spiegazione di questi fornita dal dott. Raffaele Pellegrino, il quale ha parlato anche del significato filosofico di cui si carica la musica del compositore che cambiò le strutture musicali sino ad allora ascoltate in Europa. Secondo il musicologo, nella musica di Ullmann vi è "l'ultimo sussulto di resistenza umana di fronte all'estremo". Hanno organizzato l'incontro il Comune di Brindisi e il Conservatorio  “T. Schipa” di Lecce, con il patrocinio dell’Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo della Regione Puglia.

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