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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cultura

"Pompei? Meno turisti. Gli architetti? Muratori che hanno imparato il latino"

Il professor Pierre Gros, docente di archeologia romana all'Università di Aix-en-Provence, membro dell'Institute Universitaire francese, celebre per i suoi numerosissimi scritti sull'architettura antica (ad esempio “Storia dell'urbanistica. Il mondo romano”, edito dalla Feltrinelli), studioso di Vitruvio, responsabile della missione a Cartagine dell'Unesco e impegnato tuttora negli scavi del Palatino a Roma, è stato ospite venerdì 25 Marzo presso l'Istituto Ibil del complesso universitario Ecotekne (strada per Monteroni - Lecce), per tenere una conferenza organizzata dall'area delle scienze umane dell'Istituto Superiore Isufi dell'Università del Salento, diretta da Francesco D'Andria.

Il professor Pierre Gros, docente di archeologia romana all'Università di Aix-en-Provence, membro dell'Institute Universitaire francese, celebre per i suoi numerosissimi scritti sull'architettura antica (ad esempio “Storia dell'urbanistica. Il mondo romano”, edito dalla Feltrinelli), studioso di Vitruvio, responsabile della missione a Cartagine dell'Unesco e impegnato tuttora negli scavi del Palatino a Roma, è stato ospite venerdì 25 Marzo presso l'Istituto Ibil del complesso universitario Ecotekne (strada per Monteroni - Lecce), per tenere una conferenza organizzata dall'area delle scienze umane dell'Istituto Superiore Isufi dell'Università del Salento, diretta da Francesco D'Andria.

La ringrazio innanzitutto per la sua disponibilità nel concedermi una piccola intervista. Dando un semplice sguardo al suo curriculum vitae, risulta evidente quanto lei abbia studiato per ottenere i suoi successi e quanta passione abbia messo nel suo mestiere. Quando nasce questa sua passione per l'archeologia e per l'architettura antica?

Nasce nel momento in cui inizio a confrontarmi con dei testi storici e archeologici durante il mio percorso scolastico. Di certo da piccolo non sognavo questo mestiere, ma solo perchè ovviamente non potevo essere già a conoscenza di quanto questi meravigliosi saperi potessero darmi. Quando ho iniziato, però, ho sentito che probabilmente era ciò che volevo fare: in fondo ho sempre seguito i miei interessi, e ciò verso cui gli studi mi portavano giorno dopo giorno, semplicemente.

Ancora una domanda sulla sua sorprendente carriera lavorativa. Fra tante esperienze decisamente uniche, mi vengono in mente le sue spedizioni in Francia, Tunisia, Italia e Turchia: qual è il momento che ricorda con maggiore soddisfazione?

Sono numerosissimi. Visto che ha nominato la Tunisia, mi è venuta in mente la scoperta del “forum” e dei monumenti nel centro di Cartagine. Tuttavia sono anche un docente, e riconosco che veder crescere professionalmente i propri allievi fino a riconoscerli come colleghi è una grandissima soddisfazione. Parlando di momenti importanti, però, non posso omettere la gioia provata nel ricevere il premio Feltrinelli 2010, non assegnato ad un archeologo da 47 anni e in particolare mai conferito prima ad un archeologo francese.

Alcuni studiosi affermano che Vitruvio non abbia influenzato grandemente l'architettura romana a lui posteriore, la quale, nel momento di pubblicazione del “De Architectura”, scritto più famoso dell'autore, era giunta ad un punto di svolta che l'avrebbe differenziata per sempre dalla tradizione del passato. Lei ha dedicato molti dei suoi studi a questo trattato: cosa si sente di dichiarare riguardo queste affermazioni? Pensa che sia riduttivo definire il De Architectura come uno scritto poco incisivo?

Penso che fondamentalmente queste affermazioni dicano il vero. É una realtà inoppugnabile il fatto che Vitruvio raccolse tutti i dati sull'architettura romana in un momento, per così dire, “sbagliato”, in quanto la tradizione costruttiva stava cambiando, assieme a tutte le regole seguite fino ad allora. Nonostante questo, il trattato di Vitruvio ha un valore paradigmatico, funge da esempio, in quanto è stato l'unico fra i sicuramente innumerevoli testi superstiti scritti durante l'antichità romana. Il fatto importante è proprio quanto esso sia stato studiato successivamente, il numero delle copie riprodotte dai monaci amanuensi, e quanto sia stato preso in considerazione dagli artisti del Rinascimento, i quali, recuperando i testi del passato, studiavano e reinterpretavano le regole Vitruviane nelle loro opere.

Avendo nominato il Rinascimento, sorge spontanea un'altra domanda. In questo periodo storico l'architettura era affiancata, nel suo sviluppo, dalla filosofia: ne è un ottimo esempio Leon Battista Alberti. C'è in minima parte, secondo lei, una concezione più che produttiva nell'epoca moderna, o l'“arte” è stata sostituita dalla più banale “produzione industriale”?

Non credo che dietro l'architettura ci sia, oggigiorno, una semplice concezione industriale e produttiva. Anche nell'epoca moderna quest'arte va aldilà, nonostante quello che molti credano, ma penso  non esista più una stretta connessione con il campo propriamente filosofico. É sbagliato però giudicare l'architettura contemporanea come un qualcosa di vuoto, in quanto un architetto, nel momento in cui viene interrogato sul senso di una sua opera, riesce a spiegare il suo gesto  creativo, motivandolo. Certo, è innegabile che attualmente non percepiamo sempre l'architettura come un qualcosa di ascetico, e il suo allontanamento dall'uomo potrebbe essere spiegato considerando il modo stesso in cui oggi si crea: un tempo si aveva un contatto diretto con gli strumenti da disegno, mentre oggi viene tutto affidato al computer, e l'unica sensazione che l'architetto prova è quella che da il mouse sotto le dita. Si privilegia la precisione,ma a svantaggio dell'umanità della creazione.

Artisti del XVI secolo, come Michelangelo e Bramante, hanno sempre attinto, per il loro lavoro, da scritti del passato. Oggi c'è ancora questa grande attenzione ai modelli della storia o ci troviamo nell'era dell'indipendenza artistica?

Personalmente credo che i grandi architetti di oggi conoscano molto bene i testi antichi. Tutto quello che è possibile innalzare oggi, e mi riferisco ovviamente solo alle vere opere architettoniche, deve ogni cosa a una fondamentale presa di coscienza di ciò che è già stato fatto. Senza le conoscenze del passato saremmo fermi a moltissimo tempo fa. Al contrario, la semplice conoscenza, che non significa influenza, degli scritti antichi e delle opere più datate da parte dei nuovi artisti, permette di andare oltre, avanti nell'immaginazione. Per spiegarmi meglio uso una frase di Adolf Loos che mi ha molto colpito: “Un architetto è soltanto un muratore che ha imparato il latino”.

Guardandosi intorno, pensa che resista ancora, nel mondo contemporaneo, una ricerca del bello e del perfetto forte quanto nel passato? Quale è stato, a suo parere, il percorso di questa ricerca estetica?

Il concetto di “bello” ha subito una grande trasformazione. Nel passato un qualcosa era bello quando segnava una completa rottura con tutto ciò che lo circondava, e quindi quando stupiva. Oggi il bello è ciò che funziona bene. Un aeroporto è bello quando funziona, quando ha sale d'aspetto accoglienti, comode. In realtà, quindi, resiste ancora una ricerca del bello, solo che questo, oggi, è sinonimo di comodità e funzionalità.

Lei ha dedicato un'intera vita allo studio di quei beni culturali che le popolazioni del passato ci hanno lasciato. Come ha vissuto il crollo della casa dei gladiatori di Pompei? Cosa ha da dire riguardo la cura da dedicare ai beni architettonici e artistici dell'umanità?

Questo argomento è sicuramente molto delicato. Ovviamente io, che sono archeologo, ho provato un forte dispiacere nell'apprendere questa notizia, tutto sommato non si può dire che la famosa caduta che ha appena nominato fosse un qualcosa di inaspettato. La colpa di questo crollo, non è da scaricare completamente sulla cura riservata a Pompei, ma dal fatto che questi scavi siano molto delicati e , come disse Amedeo Maiuri, “Pompei non si potrà mai mantenere in piedi senza metterci tutto l'esercito italiano”. Per quanto vedo intorno a me, il crollo della casa dei gladiatori è solo un esempio: ogni giorno molte opere artistiche o beni archeologici subiscono danni, e le cause sono molteplici. Personalmente credo che un modo per tutelare Pompei sia diminuire i flussi turistici. Pompei è un patrimonio dell'umanità e per questo deve essere accessibile al pubblico; ma, d'altra parte, l'umanità deve proteggere il suo patrimonio ed evitare quindi che ogni giorno circa 2400 turisti lo calpestino. Tuttavia non mi sento di esprimere un parere negativo sulla tutela dei beni artistici, al contrario, penso si stia lavorando molto sotto questo punto di vista. A questo proposito: era da tanti anni che non tornavo a Lecce e ho notato la crescita di questa città, la trovo risorta, bellissima.

Infine, qual è il messaggio che vorrebbe lanciare ai nuovi architetti e agli studenti di beni culturali

Di studiare attentamente il passato al fine di conservare la ricchezza che ci circonda, in quanto non è una nostra proprietà ma ne siamo solo umili affittuari. Bisogna sempre prestare molta attenzione al patrimonio e non dimenticarci mai che dobbiamo essere una società in grado di dedicare tempo e denaro alla sua tutela.

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