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Sabato, 20 Aprile 2024
Cultura

Quattro opere per “Attimi di scena”

BRINDISI - Con «Attimi di scena» la Fondazione Nuovo Teatro Verdi di Brindisi apre alle migliori espressioni dei giovani artisti locali.

BRINDISI - Uno spazio-vetrina per talenti in house. Con «Attimi di scena» la Fondazione Nuovo Teatro Verdi di Brindisi torna a scommettere sulle migliori espressioni tra le giovani generazioni del territorio. E dopo il successo delle prime due edizioni, sottolineato dal gradimento e dalla partecipazione del pubblico, rinnova l’appuntamento con la rassegna che è già diventata un corredo di proposte di qualità e diversificate.

Sperimentazioni interpretative, testi di bruciante attualità: la rassegna «Attimi di scena» presenta quattro spettacoli che utilizzano con forza e vitalità i linguaggi del teatro di oggi. Protagonisti i gruppi della scena brindisina che conducono un’attenta riflessione sui temi ricorrenti del contemporaneo: relazioni, storia, identità, impegno, vengono riletti attraverso il rito del teatro che riporta ogni argomento all’esperienza.

«Sì, l’amore?» del Teatro Delle Pietre (12 aprile), «Aspettando il vento, primo studio» (25 aprile), «Italiano, prigioniero sono» di Meridiani Perduti (25 maggio) e «Candido» del Gruppo Motumus (1 giugno), i quattro spettacoli in programma nel Nuovo Teatro Verdi che mettono in scena scelte drammaturgiche, tematiche e registiche diverse, ma con l’obiettivo comune di regalare uno sguardo impensabilmente inventivo sul mondo.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione di stamani, il direttore artistico del Nuovo Teatro Verdi, Carmelo Grassi, ha sottolineato il valore dell’iniziativa che “ha lo scopo di promuovere la crescita culturale del territorio attraverso una rete di collaborazioni orientata verso il pubblico, che ci auguriamo continui a intensificare le sue maglie, nell’idea che per il teatro non abbia senso parlare in termini di concorrenza bensì di moltiplicazione. Stiamo anche pensando di coinvolgere le giovani compagnie del territorio in un progetto comune, convinti che la crescita abbia bisogno anche di un percorso condiviso”.

Valorizzare significa anzitutto offrire spazi nella stagione artistica. E la Fondazione Nuovo Teatro Verdi tiene a battesimo, per il terzo anno consecutivo, quattro produzioni al debutto. “È un’esperienza che rientra nel cammino di un teatro come il nostro, sensibile ai linguaggi del contemporaneo e attento alla condivisione delle idee”, ha spiegato Daniela Angelini, responsabile organizzativo della Fondazione, che ha sottolineato il ruolo del Nuovo Teatro Verdi come laboratorio di nuove proposte con il compito di scandagliare e interrogare il mondo della creatività.

Ecco, allora, in apertura di rassegna «Sì, l’amore?», uno spettacolo scritto a quattro mani da Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito che compongono un ritratto della coppia di oggi, due mondi al limite del loro tempo, attraversati da insoddisfazioni e incomprensioni, eppure incapaci di rinunciare all’amore che li crea e li lega. La storia di un’amicizia è invece il filo narrante di «Aspettando il vento, primo studio», la nuova produzione di Cooperativa Thalassia che porta la firma di Luigi D’Elia e Francesco Niccolini: pochi personaggi sembrano disegnati su uno stagno, hanno il cielo dentro e si raccontano con la meraviglia negli occhi.

I Meridiani Perduti affrontano il dramma della guerra con «Italiano, prigioniero sono», spettacolo che conferma il percorso comune di Sara Bevilacqua ed Emiliano Poddi, autore della drammaturgia. Oscar, soldato classe 1923, è prigioniero nei campi tedeschi dal ‘43 al ‘45. Due anni all’inferno prima della liberazione, avvenuta a Berlino il 16 aprile 1945, ad opera dell’Armata Rossa. Chiude la rassegna «Candido», piece del Gruppo Motumus con la regia di Maurizio Ciccolella e il testo di Antonio De Mattia che si ispira liberamente alla celebre opera di Voltaire. Lungo i suoi viaggi, il protagonista scopre sofferenze e disgrazie e smette di pensare che il mondo sia il migliore dei mondi possibili: tuttavia non è la disperazione a trionfare. La conclusione lo rinfranca: per diminuire la sofferenza nel mondo, basta evitare di fare il male. Solo così il mondo può diventare migliore.

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