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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cultura

Un eroe da rimuovere: Garibaldi, storia di busti e lapidi sparite

BRINDISI - Non c’è città, paese e borgo d’Italia che non gli abbia dedicato almeno una via, se non una piazza. La sua leggenda è richiamata in oltre cinquemila comuni, si può dire un esercito ben cinque volte superiore a quello che lo seguì nella spedizione vittoriosa dell’unificazione italiana. A duecento anni dalla sua nascita e a 150 anni da quello dell’Unificazione d’Italia, Giuseppe Garibaldi è entrato nella leggenda come “l’uomo dei mille”. Per lui, si sono sprecate “mille” aggettivazioni, quanti erano i componenti del suo esercito (e senz’altro di più) con la camicia rossa.

BRINDISI - Non c’è città, paese e borgo d’Italia che non gli abbia dedicato almeno una via, se non una piazza. La sua leggenda è richiamata in oltre cinquemila comuni, si può dire un esercito ben cinque volte superiore a quello che lo seguì nella spedizione vittoriosa dell’unificazione italiana. A duecento anni dalla sua nascita e a 150 anni da quello dell’Unificazione d’Italia, Giuseppe Garibaldi è entrato nella leggenda come “l’uomo dei mille”. Per lui, si sono sprecate “mille” aggettivazioni, quanti erano i componenti del suo esercito (e senz’altro di più) con la camicia rossa.

Anche Brindisi era stata generosa col Generale che indossava il poncho e uno strano copricapo. Quel che ora rimane è solamente la dedica di uno dei tre Corsi cittadini, precisamente quello che da Piazza Vittoria mena giù, fino alla Stazione marittima. Eppure, di Giuseppe Garibaldi esisteva una pregevole statua a mezzo busto che nel 1882 fu collocata nella rotonda aiuola di Piazza del Popolo, questa, poi, avrebbe dato le spalle al Cinema Teatro Mazari (inaugurato nel 1914 e demolito nel 1967), nel preciso posto dove oggi insiste la statua di Cesare Ottaviano Augusto.

Il monumento a Garibaldi resistette in quel sito fino al 1940, allorquando la municipalità brindisina decise di dover far posto ad “Augusto Imperatore”, manufatto che è una buona copia dell’originale che si trova nei Musei Vaticani. Il monumento all’Imperatore fu donato a Brindisi dall’onorevole Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale, nel 1937, anche se le intenzioni del suo dono erano conosciute, fin dal 1935, dal salentino nativo di Gallipoli, Achille Starace, influente segretario del P.N.F. (Partito Nazionale Fascista). L’effigie bronzea di Augusto, verosimilmente (non esiste alcuna documentazione in proposito), dovette permanere, ben custodita, in qualche deposito comunale fino al 1940, vale a dire quando, per quella data, lo “sfratto” a Garibaldi divenne esecutivo ed il Nizzardo, conclamato eroe italiano, suo malgrado, dovette cedere il suo posto al condottiero romano che “trionfalmente” se ne impossessò.

Da quell’istante nessuno ha mai saputo quale fine abbia fatto la scultura marmorea dell’ “Eroe dei due mondi”, né, perlomeno, quale … via abbia preso. Per la storia, che proprio mai è casuale, c’è da ricordare che il ministro Bottai fece visita a Brindisi proprio nel 1940, il 16 ottobre, per inaugurare l’anno scolastico e soprattutto per visionare la grandiosa Opera Salesiana che, per merito della contessa Grazia Balsamo, era nata su una superficie di terreno di 25.000 mq. che la stessa contessa aveva donato nell’agro che insisteva tra la zona Commenda e la via Appia. Il ministro Bottai si congratulò con “donna” Grazia Balsamo e le comunicò che su proposta del Provveditore agli Studi, le sarebbe stata assegnata la “Medaglia d’Oro al Merito Scolastico”. Sempre per la storia, il compianto professor Giuseppe Patrono mai e poi mai riuscì a rendersi conto della improvvisa sparizione che, alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, avevano fatto due lapidi, con rispettive epigrafe, poste a destra e a sinistra del portone di Palazzo Seminario (che a suo tempo era stato Regio Liceo-Ginnasio) in Piazza Duomo.

A ricordo e a detta dello stesso professor Patrono, un’epigrafe ricordava le imprese di Giuseppe Garibaldi, l’altra, invece, inneggiava al Risorgimento. Tuttora, a ben guardare ai lati di quel portone, sono evidenti e finora indelebili i segni di una frettolosa, quanto inusitata rimozione. Nonostante tutto, da Brindisi scorsero pagine con impresse grandi aneliti di libertà. I brindisini, a seconda delle loro possibilità e del proprio inserimento nella scala dei valori sociali, parteciparono alla causa Risorgimentale.

Accanto a nomi illustri, come quelli del matematico Raffaele Rubini, dell’arcidiacono archeologo Giovanni Tarantini, del patriota “rivoluzionario” Giovanni Crudomonte  e di Giacomo Catanzaro, si accostano nomi di gente comune, quali: Nicola Perrone, Vito Lisco, Giacomo Santostasi, Angelo Miccoli, Giovanni Laviano, Francesco Palmisano, Giuseppe e Teodoro Camassa, Giuseppe Nisi, Cesare Chimienti, Ignazio Mele, Cesare Gioia, Domenico Balsamo, Giovanni Bellapenna, Tommaso Quarta, Francesco Daccico e tanti, tanti altri concittadini che combatterono, soffrirono e morirono per il ripristino della Libertà. Tra tutti costoro una menzione particolare spetta di diritto al medico Cesare Braico, di questo nome le pagine di storia risorgimentale sono strapiene. Cesare Braico, nato a Brindisi il 24 ottobre 1816 da Bartolomeo Braico e da Carolina Carasco, si laureò in medicina a Napoli nel 1845; subito in lui serpeggiò l’animo dell’eroe e presto aderì all’esercito delle “camicie rosse” di Garibaldi, prestando all’opera di Unificazione la sua generosità di patriota e il suo insostituibile valore di medico. Cesare Braico, eroe brindisino e nazionale, verso la fine della sua vita, dopo aver tanto combattuto e sofferto, trovò impiego come archivista presso il Ministero dell’Interno. Si spense a Roma il 25 luglio 1887.

Ritornando a Giuseppe Garibaldi, c’è da dire che sul suo conto, tuttora, persistono delle divergenze di giudizio, difatti per alcuni storici fu un antipolitico, un trascinatore, vero genio delle strategie e delle tattiche: un modello di condottiero antico. Non a caso è il personaggio del Risorgimento italiano più noto all’estero. Per altri storici, invece, il mito di Garibaldi è stato costruito ad arte dalla Massoneria, di cui Garibaldi era illustre esponente, per costoro il vero vincitore del Risorgimento fu Camillo Benso di Cavour che, in quanto accorto politico, era l’antitesi di Garibaldi … un dibattito destinato senz’altro a continuare e, forse, a non esaurirsi mai.

Qualcuno ha scritto che nel 1860, quando Garibaldi era alla testa della rivoluzione in Sicilia, i contadini lo venerassero come un eroe mitologico. I bambini venivano sollevati verso di lui come se fosse un santo. Quasi a chiedergli grazie insperabili. Si sa, ogni mito ha i suoi eccessi e i suoi limiti e proprio in base a questo dibattito e al di là di ogni personale convinzione, a Brindisi, città risorgimentale, un’epigrafe marmorea ed un monumento che lo ricordassero ci stavano e ci starebbero proprio bene.

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