Il racconto durante la vendemmia: "Ecco come è rinato l'Ottavianello doc"
Il vitigno aperto al pubblico in una giornata speciale. Enzo Iaia racconta la storia del suo vino agli ospiti, tra musica e luminarie
OSTUNI - Nella piana degli olivi monumentali c'è una piccola "enclave". Qui si producono due vini doc: l'Ottavianello e il Bianco Ostuni. Sono due vitigni autoctoni, che sono scomparsi per diversi anni. Enzo Iaia si definisce il "capitano" di Villa Agreste, che ieri (sabato 2 ottobre) ha aperto i suoi cancelli al pubblico, con la vendemmia corale. Allietati dalla musica del trombettista Ramon Cuoco, gli ospiti hanno potuto vendemmiare e poi degustare, in una location evocativa: il frantoio ipogeo medievale. "Non abbiamo profanato questo luogo". Enzo Iaia ne è sicuro: con le tecniche di oggi, il frantoio ipogeo è superato, per ottenere prodotti di qualità. Iaia nella sua idea in questo modo ha trasformato il frantoio in un contenitore, non solo per la degustazione. Qui sono esposte le opere di un artista: David Cesaria, da Manduria, dalle terre del Primitivo. Sono luminarie, molto pop: il contrasto tra pre-moderno e moderno funziona, gli ospiti gradiscono. E anche Enzo Iaia gradisce. Lui osserva, controlla, spiega, racconta, verifica. Camicia a quadretti e scarpe comode, ché in campagna c'è sempre da camminare. Anche in un giorno speciale.
La vendemmia corale
Gli ospiti arrivano alla spicciolata, accolti con caffè e crostata - d'uva, naturalmente - e dal sorriso delle collaboratrici di Villa Agreste. E' una bella mattinata, il sole splende, c'è da unirsi agli operai per la vendemmia. Poi, come ristoro: la degustazione. "Ma c'è tempo. Lasciate che vi racconti come è nata questa idea", esclama Enzo Iaia. Nel frattempo gli ospiti si fanno istruire dai lavoratori di professione. Forbici in mano, si separano gli acini "guasti" da quelli buoni, si mette in un secchione che viene poi caricato su un camion. Dopotutto il protagonista è il vitigno, l'Ottavianello doc. A Villa Agreste hanno pensato a questo evento come un'occasione per dare il giusto risalto al vitigno nostrano. E' una "vendemmia pop". Ramon Cuoco si lascia ispirare dal momento e soffia nella sua tromba. Poi arriva David Cesaria a spiegare le sue luminarie. E nel frattempo, Enzo Iaia si muove da una parte all'altra, per raccontare la storia dell'Ottavianello doc.
Ottavianello doc, il boom
Finalmente il "capitano" di Villa Agreste si ferma. E comincia a raccontare. Secondo dopo-guerra, l'Italia conosce il boom economico. E anche a Ostuni si assiste a un altro boom: quello dei vitigni autoctoni. "L'attività viti-vinicola è molto valida qui in agro di Ostuni - spiega Iaia - Gli anni Cinquanta e Sessanta sono momenti buoni per questo areale, molto coltivato con i vitigni. Con meno di un ettaro, con i proventi intendo, era possibile far studiare i propri figli, comprare una casa in città. E' un momento storico molto positivo. Ma nel 1972 accade qualcosa che, a distanza di anni, permetterà all'Ottavianello e al Bianco Ostuni di sopravvivere. Questo lo dobbiamo a Pietro De Laurentis, presidente di una grossa cooperativa sociale del territorio. Bene, De Laurentis scrive al ministero dell'Agricoltura. Chiede e ottiene le due doc. Ricordiamoci di questa data, è molto importante. Anche perché dagli anni Settanta, in questo settore, le cose cominciano a non andare bene".
Scomparsa di due vitigni autoctoni
Enzo Iaia prosegue nella sua narrazione, mentre gli ospiti si avvicinano al frantoio ipogeo e si godono le opere di David Cesaria. Il racconto tocca un momento storico negativo, a causa di due contributi pubblici combinati tra loro. Il primo paga l'espianto delle vigne, il secondo incentiva l'impianto degli uliveti. Continua Iaia: "L'azione composta è deleteria per il settore, spinge gli agricoltori ad allontanarsi dalla viti-vinicoltura. Ma il colpo di grazia lo dà lo scandalo della sofisticazione dei vini". Anni Ottanta: lo scandalo ha una eco vastissima, anche la criminalità organizzata locale si butta nel business. "E' così - spiega Enzo Iaia - che scompare l'areale dei doc di Ostuni. Ci sono le doc, ma le bottiglie sono vuote". Per decenni nessuno produce molti vini nati da vitigni autoctoni. Bisogna aspettare decenni prima che ritornino.
La rivincita dei vini "abbandonati"
Anno 2013, a Villa Agreste nasce un progetto, spiega Enzo Iaia. Si decide di puntare non sui vitigni più famosi, ma su quelli "abbandonati" da decenni, quelli autoctoni dell'areale di Ostuni. Gli agricoltori che fanno questa scelta sono pochissimi, ma l'importante è che i vitigni rinascano. E così sarà, soprattutto grazie alla lungimiranza di Pietro De Laurentis. Il Bianco Ostuni doc vede la selezione di bianca bacca, impigno e francaidda. L'Ottavianello doc si giova di ottavianello, notardomenico e susumaniello. E' tempo di assaggiarlo, questo Ottavianello. Enzo Iaia guida gli ospiti, stanchi ma divertiti, nel frantoio ipogeo. In alto i calici. "Non è un vino 'muscoloso', i tannini sono morbidi, siamo nell'area della delicatezza e della finezza". Enzo Iaia, prosegue guardando al futuro: sta svolgendo opera di convincimento presso gli agricoltori della zona, per puntare sui vitigni autoctoni. E sottolinea che, come a Villa Agreste, chi vuole puntare su questo settore, deve far svolgere le operazioni a mano, coltivando in regime biologico, in linea con il Green Deal europeo. Il futuro dei vitigni autoctoni passa da qui, come passa dal 1972, grazie alla certificazione doc voluta da Pietro De Laurentis.