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Mesagne, dove la sinistra è divisa e il deputato Sel sceglie Emiliano

Molfetta: “Basta con le ideologie sterili”. Mingolla: “Noi il vero futuro”. Toni Matarrelli: “Potere da disincrostare: dietro le elezioni, gli stessi degli anni Settanta”

BRINDISI – Sembra impazzita la bussola della politica a Mesagne: qui, se si chiedono indicazioni stradali per raggiungere la sinistra, ci si potrebbe perdere. “Per di qua, dove sta il Pd con i Verdi”, dice la vecchia guardia del Partito democratico che schiera Francesco Mingolla, ex vice presidente della Provincia. “Ma no, quella è roba trapassata. Adesso c’è una coalizione allargata che abbraccia i fuoriusciti del Pd stantio, Sel e anche gli ex di An”, ribattono quelli della coalizione “Diamoci una mano” che puntano su Pompeo Molfetta, capogruppo uscente di Sinistra ecologia e libertà, molto vicino all’onorevole Antonio Matarrelli, in corsa egli  stesso per uno scranno in consiglio. Fermo restando  però il suo sostegno alle regionali per Michele Emiliano (peso massimo del Pd pugliese).

panoramica porta grande mesagne (10)Cos’è successo? E’ accaduto che da un anno a questa parte, sulla strada che porta al Comune, dove sta per concludersi il mandato del sindaco Franco Scoditti, è spuntata una nuova segnaletica, priva di bollini e ideologie di partito, in nome di un’alleanza responsabile per la città, trasversale quanto a provenienza dei protagonisti, se non addirittura scoppiettante, ma unita  in quella stretta di mano che tanto piace a Molfetta. Mentre quelli del Pd procedono spediti lungo il proprio percorso, forti del consenso arrivato alla nuova generazione, rappresentata dal segretario cittadino Francesco Rogoli, 24 anni, alla sua prima “guerra” politico-amministrativa in trincea, costretto anche a fare i conti con chi lo vede ragazzino.

Il gruppo di Molfetta, dalla composizione a dir poco frastagliata, punta alla vittoria, rivendicando il proprio ruolo sullo scenario politico cittadino dove il candidato sindaco che aveva già tentato di partecipare alla corsa elettorale la volta scorsa, ad agosto si è  autoproclamato tale. Non per questo ha chiuso con la maggioranza. Molfetta risulta ancora ufficialmente organico a Sel e soprattutto alla giunta Scoditti, dove rimane il vice sindaco Giancarlo Canuto, con l’incarico di arrivare al traguardo della scadenza naturale del mandato, anche se non intende ripresentarsi alle comunali. Salvo novità dei prossimi giorni. Chi, invece, sarà della partita, a sostenere Molfetta, è l’uscente Gianfrancesco Castrignanò, avvocato, arrivato in consiglio per poi diventare titolare della delega alla Cultura, con la lista “Noi Centro con Ferrarese”.

Un altro avvocato,  Giuseppe Semeraro, consigliere uscente, già assessore nella precedente giunta Incalza, alle spalle la militanza nell’ormai ex Alleanza Nazionale, ora fautore del progetto “Mesagne Futura”. Nel gruppo altri due ex assessori, sia pure in tempi differenti, Omar Ture e Maurizio Piro, nomi di punta di “Mesagne al centro”. Pompeo Molfetta convince come attaccante. Ci crede anche Gino Vizzino, che ripresenterà la sua civica, sebbene – si dica – che in famiglia il figlio Mauro sostenga il Pd alle regionali (si parla di un posto in una delle civiche del candidato presidente, assieme a Domenico Tanzarella e Carmela Lo Martire). Esattamente come Matarrelli. Perché votare Molfetta?

Pompeo-Molfetta1-2Pompeo Molfetta. “Per il senso di responsabilità in uno con la credibilità”, dice. “Mi spiego: a Mesagne si rischiava davvero di andare alla deriva con il Pd, visto che la strada percorsa sinora era di non ritorno. Io e gli altri abbiamo preso atto del punto di consunzione dopo venti anni e passa di governo alla vecchia maniera e quindi Pd e Sel si sono separati, prendendo strade differenti alle elezioni”.

Possibile mai che si mandi all’aria un progetto di lunga durata? “Possibile sì, se di mezzo ci sono rancori individuali che francamente con la politica nulla hanno a che vedere, ma che proprio sul piano politico hanno effetto perché le classi dirigenti dei rispettivi partiti hanno smesso di dialogare e di ascoltare la città, accartocciandosi su se stesse. Questa è la verità. Certo, mi si potrebbe obiettare di essere rimasto nella giunta”. E in effetti la domanda sorge più che spontanea. “Non sempre si possono fare le cose giuste, nel senso che avrei sicuramente potuto dare una spallata a Scoditti, ma avrei solo distrutto e non ricostruito. Invece ho impedito il commissariamento e al tempo stesso ho lavorato con altri a creare un’alternativa”.

E che fine fanno i partiti in questo nuovo progetto, Sel in primis? “Indubbiamente la coalizione è differente quanto a provenienza, ma è cementata da un patto di solidarietà che vuol dire governabilità, rispetto al quale le vecchie ideologie fanno un passo indietro. Io stesso rivendico il mio essere di sinistra, ma questo non può essere una condizione ostativa. Se, poi, Sel procede con le epurazioni, sarò epurato. Del resto non che è Sel stia attraversando un bel periodo. Nichi Vendola lo sa benissimo”. Il governatore di Puglia uscente non ha mai parlato con Molfetta. Nessun dialogo. “Non mi ha cercato, né io l’ho fatto. A casa mia non mi si può dire ciò che devo fare”.

Francesco MingollaFrancesco Mingolla. Quella “casa” da intendere come Mesagne, è casa storica del Pd e qui Mingolla, osserva, studia il diretto avversario e dice: “Nutro affetto e stima per il collega (Mingolla è medico ospedaliero), ma non riesco a condividere la sua scelta di spaccare il centrosinistra per andare da solo. Con chi? Non l’ho inteso. Così come non ho capito per quale motivo non abbia voluto confrontarsi con le primarie che sarebbero state aperte alla città per scegliere il candidato sindaco. Il Pd le ha chieste, ma non c’è stata risposta”. Dalla sua ci sono tutti i consiglieri uscenti, tra cui Giuseppe Indolfi, Biagio Silla, Sergio Guarini e Fernando Orsini, presidente dell’assemblea consiliare. E c’è anche l’assessore in carica all’Urbanistica e al Verde, Rosanna Saracino, penalista, espressione del Pd di nuova generazione.

“L’aver unito insieme  personalità di estrazione diversa non porta a nulla di buono, men che meno di costruttivo per Mesagne: in altri termini mi chiedo, ammesso e non concesso che riescano a vincere le elezioni, come governeranno? Sono su poli ideologici distanti, hanno posizioni lontane sullo sviluppo, sul sociale e sull’immigrazione, solo per fare qualche esempio. L’unica risposta possibile è che cerchino un posto al sole, vale a dire in consiglio. Si sbagliano anche in questo. La vera roccaforte, il solo partito è il Pd. I mesagnesi lo sanno”.

Il segretario cittadino, arrivato a marzo dello scorso anno, come candidato unico, aggiunge: “Probabilmente Molfetta non voleva affidarsi a passaggi intermedi che avrebbero potuto stoppare la sua corsa. E’ la sola ragione che riesco a trovare”. Ma i più agguerriti del Pd, ne danno un’altra che tira in ballo Matarrelli perché sarebbe lui il vero “regista” della manovra, con l’obiettivo di asfaltare il Pd mesagnese, rapportarsi direttamente con Emiliano e vista la sua nuova residenza a Roma, con Matteo Renzi. Il suo obiettivo? Raggiungere il Pd, ora che Sel è nel limbo.

Toni MatarrelliAntonio Matarrelli. “Che io parli con Emiliano non è segreto per nessuno, visto che sono stato tra quanti hanno sostenuto alle primarie l’ex magistrato barese. E sì, è vero lo sostengo ora che è in corsa come governatore”, dice il parlamentare che alimenterà la coalizione di Molfetta con due liste, “La mia città” e “Mesagne domani”, dove confluiranno quelli di Sel, così come chi non si riconosce nel Pd. “Sto con Emiliano per due motivi: prima di tutto perché è più vicino all’uomo di sinistra e quindi adatto a proseguire in continuità il lavoro degli ultimi dieci anni, poi perché ha la giusta leadership per la governabilità. Vendola lo sa bene dato che ne abbiamo parlato”. Sul caso Mesagne, invece, non c’è stata discussione. Neppure con Emiliano. “Qui la situazione, lo ammetto, è originale ma il problema non è il Pd, è la classe dirigente”.

“A Mesagne ci sono dirigenti del Pd che sono gli stessi degli anni Settanta e che non vogliono lasciare il monopolio sin qui realizzato: chi come me ha detto basta alla dominazione, ha fatto la sua scelta sganciandosi da quel dominio assoluto che attiene non solo alla politica, ma anche all’apparato burocratico attraverso i familiari”. In che senso? “Nel senso che ci sono sempre gli stessi nomi, in altre parole c’è bisogno di disincrostare il potere. Non c’è bisogno che faccia io i nomi di Cosimo Faggiano, Vincenzo Montanaro o Damiano Franco: non si vedono spesso in giro, ma anche questo giro ci sono. E governano la campagna elettorale. Altro che svecchiamento. Il segretario cittadino, per me è radiocomandato, così come Francesco Mingolla è la foglia di fico che usano per nascondersi. Molfetta è l’alternativa”.

Per quale motivo non provare a ricompattare la sinistra e lasciare la scelta del candidato ai mesagnesi con le primarie? “Perché non si possono usare le primarie come strumento a convenienza. Le hanno impedite nel 2010, sostenendo che lo avrebbero fatto ad alternanza successivamente. Lo promisero. Invece niente, se non una richiesta generica, senza neppure fare il nome del candidato: Mingolla è stato fatto solo di recente dalla solita classe dirigente con cui dialogare con è possibile. Vediamo cosa succede ora che noi ci misuriamo in questa coalizione”. Matarrelli aspira a un posto in Consiglio. Pronto a puntare il nemico Pd. Che di cedere non ne ha alcuna intenzione. Ovvio che la bussola impazzisca alla ricerca della sinistra.

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