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"Giorni tristi per la sinistra italiana. La crisi non è colpa di Renzi"

Sono giorni tristi per la sinistra italiana che frammentandosi in tante schegge impazzite continua a dare l'immagine di un'area politica disunita, incapace di un dialogo costruttivo ed istintivamente votata ad una perenne e sterile opposizione

Sono giorni tristi per la sinistra italiana che frammentandosi in tante schegge impazzite continua a dare l’immagine di un’area politica disunita, incapace di un dialogo costruttivo ed istintivamente  votata ad una perenne e sterile opposizione. L’allontanamento volontario dal PD di numerosi esponenti nazionali e locali anche se doloroso è comunque un momento di necessaria e definitiva chiarezza.  L’immagine di litigiosità esasperata che abbiamo dato per mesi all’esterno insieme al perdurare di una crisi economica che penalizza da sempre chiunque governi in periodi burrascosi unitamente a qualche scelta politica certamente discutibile hanno allontanato dal partito milioni di elettori.

La principale accusa mossa all’attuale dirigenza dai fuoriusciti del PD è quello di averne profondamente cambiato la natura originaria facendogli perdere il connotato di partito della sinistra italiana. Essere di sinistra però non significa solo cantare “Bandiera Rossa” o “Bella ciao”” nei congressi ma soprattutto stare dalla parte dei più deboli per difenderne i diritti.

I più deboli in assoluto sono oggi soprattutto i giovani precari che in massa ci hanno voltato le spalle in occasione del referendum istituzionale del 4 dicembre. Il loro voto contrario sappiamo bene che non è stato nel merito dell’abolizione del CNEL o delle province. E’ stato un voto politico di protesta contro Renzi quale primo ministro pro-tempore ma lo sarebbe stato contro chiunque avesse incarnato nell’immaginario collettivo una intera classe politica che ha portato non nel breve tempo ma nei decenni le nuove generazioni a vivere di attese disilluse.

Se il PIL nazionale è stagnante, se il lavoro manca e se l’unica cosa che continua a crescere è il debito pubblico è davvero tutta colpa degli ultimi 36 mesi del governo Renzi?  I mali che hanno causato e continueranno a causare questo stato di cose si chiamano globalizzazione, delocalizzazione e meccanizzazione del lavoro.

Negli anni le nostre industrie tessili, calzaturiere e meccaniche hanno via via spostato i macchinari ed il “know-out” verso i paesi dell’Est europeo facendo perdere milioni di posti di lavoro che sarebbero andati ai nostri giovani. L’agricoltura è sempre meno remunerativa perché olio, grano, frutta e ortaggi ci arrivano a prezzi stracciati dal nord Africa, dalla Spagna e dalla Grecia.  

L’utilizzo progressivo dei robot nelle catene di montaggio, capaci di lavorare 24 ore al giorno festivi inclusi, ha sottratto altre migliaia  di posti di lavoro. Riducendosi il numero degli occupati si riduce il reddito nazionale e la contribuzione pensionistica. Proprio in questi giorni l’INPS ha comunicato che per la prima volta la somma dei contributi versati è stata inferiore alle uscite per le pensioni erogate.

Questo significa che dal “bancomat dell’INPS” i pensionati attingono di più di quanto i giovani riescono a versare. Insensibile a questo scenario nazionale di stagnazione l’Europa ci costringe a restituire progressivamente gran parte del debito accumulato dalle precedenti generazioni. Proprio per far fronte al “Fiscal compact” ogni anno vengono sottratti ad investimenti ed a possibili assunzioni (nella scuola, sanità, servizi sociali ecc.) circa 70 miliardi di euro e così per i prossimi 20 anni a venire.

Essere un partito di sinistra, stare dalla parte dei più deboli, significherà in futuro fare delle scelte dolorose ed impopolari. Per trovare risorse economiche per giovani bisognerà iniziare a mettere in discussione i diritti acquisiti di molti pensionati. Che non sono solo le pensioni d’oro ed i vitalizi dei parlamentari ma anche i privilegi di chi ha potuto lasciare il lavoro intorno ai 50 anni, di chi è stato promosso di grado all’atto del pensionamento o altri numerosi abusi del genere.

Essere di sinistra significherà proporre una patrimoniale che recuperi parte dell’evasione fiscale avvenuta nei decenni quando chi dichiarava un reddito da fame acquistava inspiegabilmente la prima e la seconda casa. Andranno regolarizzate le delocalizzazioni penalizzando seriamente, magari con la reintroduzione dei dazi, chi produce all’estero facendo poi rientrare i manufatti col brand “made in Italy”.

Bisognerà esigere che il rispetto del lavoratore e della sua sicurezza valga in tutti i paesi (dall’Est europeo al lontano oriente) scoraggiando e boicottando quegli imprenditori che pur di avere un maggior margine di profitto spostano la produzione dove il lavoro rasenta il limite dello stato di schiavitù. Va infine assolutamente rivista la politica del rigore europeo e va diluita la restituzione del debito non sui 20 ma su 100 anni facendo prevalere gli interessi delle persone su quelli della finanza.

Il governo Renzi ha sicuramente commesso degli errori ma ha cercato di dare una qualche risposta al paese. Ha cercato di negoziare con l’Europa il rigore ottuso cui ci costringe. Ha messo al centro del suo programma il lavoro riuscendo pur con qualche innegabile errore di percorso ad aumentare il numero degli assunti. Ha cercato di investire nella scuola sia per quanto riguarda le infrastrutture sia nel tentativo di dare una continuità didattica alle nuove generazioni.

Ha cercato di semplificare un assetto istituzionale obsoleto e farraginoso. Come chiunque tenti di fare qualcosa ha commesso errori ma li ha fatti andando contro un perenne immobilismo ed in un contesto storico oggettivamente difficile. L’unica vera ragione che può essere riconosciuta ai fuoriusciti del PD è aver dovuto confrontarsi con un segretario come Renzi rivelatosi nei fatti poco propenso al dialogo e con un alto contenuto personale di arroganza.  

Ma se si e’ davvero convinti della bontà delle proprie ragioni le battaglie politiche si combattono all’interno di un partito come stanno facendo Orlando ed Emiliano e non creandone un altro.  Questi novelli Bertinotti affosseranno ancora una volta la sinistra condannandola nel suo insieme e condannando ancora una volta la nazione ad un nuovo ventennio di disastri in mano agli imbonitori ed ai populisti di turno.

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