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"Migration Compact" forse è la strada giusta per l'Europa

Ironia della sorte! Quando nel secolo scorso, durante le fasi della guerra fredda, i paesi dell'Occidente, capeggiati dagli USA, sottoponevano a bombardamento mediatico l'opinione pubblica mondiale, mettendo in risalto la superiorità del "mondo libero" rispetto al "blocco sovietico", deriso per essersi chiuso dietro una "cortina di ferro"

Ironia della sorte!  Quando nel secolo scorso, durante le fasi della guerra fredda, i paesi dell'Occidente, capeggiati dagli USA, sottoponevano a bombardamento mediatico l'opinione pubblica mondiale, mettendo in risalto la superiorità del "mondo libero" rispetto al "blocco sovietico", deriso per essersi chiuso dietro una "cortina di ferro" ed aver elevato il "muro della vergogna", non immaginavano quei paesi che, dopo alcuni anni dalla caduta del muro di Berlino (1989), per uno strano scherzo del destino, essi stessi sarebbero diventati fautori dell'innalzamento di barriere divisorie, simili a quelle aspramente criticate.

Con la differenza che, allora, con gli sbarramenti si tentava da parte dei paesi del blocco sovietico di impedire la fuga in Occidente dei molti aspiranti a vivere in un clima di libertà e di sottrarre gli abitanti di quelle realtà al contagio pernicioso delle società consumistiche occidentali, mentre attualmente in Europa, seguendo l'esempio degli USA, che già da tempo si sono dotati di una specie di "muraglia cinese" a confine con il Messico, si elevano barriere per impedire ai diseredati del terzo e quarto mondo di trovare accoglienza nelle società del benessere!

Tutti ricordiamo l'immagine commovente, che fece il giro del mondo, della bambina palestinese, profuga in Germania, che implorava piangendo Angela Merkel affinché non fosse rispedita nel paese d'origine... e la secca risposta ricevuta: " Non possiamo accogliervi tutti ! "  In seguito a quell'episodio, per riguadagnare la popolarità perduta e soprattutto su consiglio del suo 'entourage' economico la cancelliera tedesca apriva improvvisamente le porte di ingresso in Germania ad un milione di profughi siriani, mettendo in difficoltà con quella mossa a sorpresa gli altri paesi europei, non dotati della stessa capacità di accoglienza, che si precipitavano uno dopo l'altro a chiudere le frontiere ed a sbarrare l'accesso ai flussi crescenti dei migranti.

Si dice che la verità fa sempre male!  Ebbene, quella frase della Merkel, nonostante il dispiacere provocato all'istante, esprimeva un sentimento comune, diffuso tra la popolazione europea.  D'altronde, consentire il libero accesso alle moltitudini di persone, che da ogni parte del mondo, premono per entrare nella UE, porterebbe inevitabilmente al collasso le economie europee , senza recare giovamento ai nuovi arrivati.

Quando si criticano le barriere divisorie tra stato e stato in ambito europeo le ragioni non sono soltanto quelle che così operando si contribuisce a demolire uno dei pilastri su cui si fonda la UE, quello della libera circolazione delle persone nello spazio comune, quanto che le barriere, come l'esperienza insegna, si sono dimostrate largamente inefficaci a contenere le pressioni dei migranti alle frontiere.

Pertanto, non serve innalzare muri sempre più alti e spessi, come vanno predicando le destre xenofobe, per arrestare i flussi in entrata: vanno, invece, preventivamente attuate "a monte" ed all'esterno misure in grado di allentare le pressioni ai confini dello spazio europeo.  Un tentativo in tal senso è stato fatto, affidando alla Turchia, retta da un governo illiberale, il compito di bloccare gli ingressi nella UE dal lato sud-orientale.

Nonostante qualche mugugno iniziale, inteso ad aumentare le richieste, quel paese si è prestato, a caro prezzo, a svolgere la funzione di sentinella per conto della comunità europea : innanzitutto, ottenendo l'esborso di alcuni miliardi di euro per allestire campi di accoglienza per i rifugiati provenienti dai paesi confinanti in guerra, che altrimenti si riverserebbero in Europa attraverso la rotta balcanica   e, di maggiore interesse, l'accelerazione dei negoziati di adesione della Turchia alla UE, bloccati da decenni,  e così acquisire la possibilità di libera circolazione delle persone nell'area europea, condizione importante per il collocamento della manodopera in esubero, particolarmente in Germania, dove una consistente comunità turca  già da tempo si è stabilmente insediata.

Più complessa si presenta la situazione per il nostro paese, esposto lungo tutto il tratto costiero meridionale agli sbarchi dei migranti, per le difficoltà di avviare trattative impegnative con la Libia - scossa da una guerra civile dagli esiti ancora incerti - al fine di porre in essere azioni di contrasto efficaci contro i trafficanti di uomini e di prevenire il flusso continuo dei disperati, che si imbarcano sulle carrette del mare per tentare la pericolosa traversata del Mediterraneo.  

Nello scenario accennato, l'Italia ha ripetutamente chiesto aiuto alla UE, per non essere lasciata sola ad accollarsi il peso del salvataggio in mare, prima, e dell'accoglienza in terraferma, poi, dei richiedenti asilo, trovando solo parziale sostegno. Da ultimo, nell'aprile scorso, il governo italiano, preoccupato per il possibile aggravarsi della situazione degli sbarchi sulle nostre coste dopo l'interruzione della rotta balcanica, si è attivato, presentando alla UE una proposta innovativa ed articolata, 'Migration compact' ( patto sulla migrazione ),  che si spera, dopo le significative aperture da parte di personalità europee di primo piano, venga presto discussa, integrata,  approvata e finanziata nelle sedi comunitarie apposite, per diventare operativa ed in parte risolutiva del problema.

Senza soffermarci sui particolari, tale proposta, seguendo un approccio europeo al tema e partendo dall'assunto che solo intervenendo nei luoghi di origine è possibile frenare le correnti migratorie, imposta su un piano di collaborazione e cooperazione reciproca i rapporti con i paesi di partenza e di transito in Africa, da dove continuerà ad arrivare il grosso dei flussi, prevedendo per quei paesi aiuti, investimenti e canali di ingresso legali in specifiche circostanze ed a determinate condizioni.

L'impostazione di tale proposta ci sembra abbastanza corretta e lungimirante, valida per le realtà più sviluppate del pianeta ( USA, UE, etc.), in quanto traccia il percorso che esse dovranno obbligatoriamente seguire per evitare di essere travolte dalle ondate migratorie,  sempre più consistenti, che dai paesi poveri si dirigono verso quelli più abbienti. 

A riguardo, si impone la realizzazione di un piano di vasta portata di assistenza allo sviluppo per tali paesi, sotto l'egida dell' ONU e di altri organismi internazionali, adeguatamente dotati di poteri decisionali e di intervento e, soprattutto, di disponibilità finanziarie, condizionando gli aiuti economici e sotto altra forma alla attuazione nei paesi poveri di efficaci politiche di controllo delle nascite, fattore non secondario del loro sottosviluppo.

La Cina ha avuto ritmi annuali di crescita, a due cifre, della ricchezza prodotta negli ultimi anni, in quanto per ben 35 anni ha imposto alle coppie l'obbligo del figlio unico, con possibilità di averne un secondo solo a partire da quest'anno, mentre in molti paesi africani il tasso di natalità ( nascite/ 1000 abitanti ) ha raggiunto punte molto elevate, intorno a 45 ( in Italia appena 9 ), senza che parallelamente sia cresciuta a sufficienza la ricchezza prodotta.

Al contrario, nei  paesi più sviluppati assistiamo ad un declino della natalità, mentre in essi cresce l'utilizzo delle risorse naturali, alimentari ed energetiche. E' stato calcolato che uno statunitense consuma energia come due europei, una decina di cinesi, una quindicina di indiani ed una trentina di africani, con i conseguenti deleteri effetti sull'ambiente, in quanto l'innalzamento delle temperature del pianeta è causato dall'abuso di combustibili fossili, come petrolio, carbone e metano.

Le risorse disponibili non sono illimitate ed il pianeta, come ogni organismo vivente, può ammalarsi, come sta avvenendo: pertanto, se non vogliamo soccombere tutti insieme e rendere più vivibile l'esistenza su questa terra, urge intervenire per fronteggiare le due emergenze sopra esposte.  Infine, una speranza ed un auspicio per l'avvenire: che non vengano accesi nuovi focolai di guerra, con il pretesto di voler esportare la democrazia in paesi impreparati ad accoglierla! Il rischio è che poi, a differenza del passato, le moltitudini che fuggono dalle aree in guerra ce le ritroviamo sotto casa!

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