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"Cambiare i partiti assieme al sistema"

Leggo con attenzione e con passione il dibattito che si sta sviluppando sulle pagine del vostro giornale in merito alle possibili nuove forme di partito. Mi permetto, modestamente, di provare a dare un mio piccolo contributo. Il dibattito sembra tutto interno al Partito Democratico, credo invece che riguardi l’intero Paese. Leggendo i vari contributi sembrerebbero emergere due posizioni contrapposte, quella “tradizionale”, rappresentata dai compagni Caldarola e Lavarra, che vede come riferimento i partiti in forma classica, di stampo novecentesco per esemplificare, e quella che intende i partiti in una forma diversa, di stampo più anglosassone, sempre per esemplificare, rappresentata questa volta da Michele Emiliano, del quale sono stato e rimango un convinto sostenitore.

Leggo con attenzione e con passione il dibattito che si sta sviluppando sulle pagine del vostro giornale in merito alle possibili nuove forme di partito. Mi permetto, modestamente, di provare a dare un mio piccolo contributo. Il dibattito sembra tutto interno al Partito Democratico, credo invece che riguardi l’intero Paese. Leggendo i vari contributi sembrerebbero emergere due posizioni contrapposte, quella “tradizionale”, rappresentata dai compagni Caldarola e Lavarra, che vede come riferimento i partiti in forma classica, di stampo novecentesco per esemplificare, e quella che intende i partiti in una forma diversa, di stampo più anglosassone, sempre per esemplificare, rappresentata questa volta da Michele Emiliano, del quale sono stato e rimango un convinto sostenitore.

Sono stato sempre attratto dagli studi dei sistemi nella loro interezza (è una colpa data dal mio lavoro di ingegnere…), siano essi informatici, meccanici o - come in questo caso - sociali e politici. L’interessante dibattito sviluppatosi sembra però prescindere dal contesto sia sociale che costituzionale attualmente in vigore in Italia. Si dice che l’Italia attraversi da oltre 20 anni una fase riformatrice, ma ci si domanda se essa sia mai veramente iniziata. Ci troviamo in un sistema costituzionale che ha un impianto nel quale i partiti hanno una funzione fortissima,in moltissimi ambiti del paese, influenza che si potrebbe definire addirittura pervasiva.

Abbiamo però anche moltissimi e diversissimi sistemi elettorali, che creano confusione tra gli elettori, che spesso danno origine a strutturazioni nate in funzione delle scadenze elettorali e che si pongono in contrasto con la forma partito classica, andando invece nella direzione del “partito leggero”: una per tutte, le elezioni comunali con la preferenza unica, o le elezioni politiche con il “porcellum”. Per non parlare poi delle complicazioni introdotte da quello che molti hanno voluto definire “federalismo”, e che invece nella accezione in salsa italiana si è trasformato nel semplice moltiplicatore di uno stato centralista.

Pare evidente a tutti che i partiti nella loro strutturazione classica riescono sempre meno a rappresentare la complessità e la dinamicità della società attuale, hanno sempre minore credibilità e non riescono più a selezionare una classe dirigente degna di tale nome, sono diventati anzi, in molti casi, delle incrostazioni di potere che non si riesce a rimuovere per cui si rischia di perdere energie positive che. I partiti leggeri (o leaderistici, come li definiscono alcuni con intento denigratorio), tipici dei sistemi anglosassoni, sono nati per innestarsi su forme di Stato molto più leggere e quindi meno onnipresenti per i cittadini e, soprattutto, hanno contrappesi e controlli sociali assai più forti (si pensi alla proverbiale libertà e alla indipendenza dei mezzi di comunicazione anglo-americani).

L’idea di un partito leggero, che in questo momento serve certamente come soluzione alle incrostazioni di potere dei partiti classici, si deve tuttavia necessariamente porre all’interno di un contesto di revisione dell’intero sistema costituzionale, politico e sociale italiano, altrimenti, ci ritroveremo rapidissimamente in un regime democratico degradato di stampo sudamericano. Esempio per assurdo (sic!): cosa succederebbe in Italia se un leader avesse a sua disposizione infiniti mezzi economici e comunicativi? Chi di noi non ha fatto dei paragoni tra il peronismo e il berlusconismo?

Credo, per concludere, che sia quanto meno necessario, urgentissimo direi, istituire una sorta di “Assemblea Costituente” che ridisegni complessivamente la forma del nostro Stato e, di conseguenza, anche le forme dei partiti: altre proposte formulate con gran dispendio di discussioni e di energie rispondo sì a legittimi, incontestabili e necessari bisogni immediati (di stampo più propriamente politico-elettorale) ma non aiutano certo il nostro Paese a ridisegnare il proprio futuro.

*Direttivo Provinciale del Partito Democratico

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