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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Carta d'intenti Pd: quale sviluppo

Pubblichiamo da oggi, uno al giorno, i dieci punti che costituiscono la Carta d’intenti del Pd, il documento attorno al quale saranno costruiti il programma di alleanze e l’iniziativa del principale partito del centrosinistra. Ciò perché il Pd è forza di governo sia al Comune capoluogo che alla Provincia di Brindisi, ed i cittadini possano verificare se le scelte che vengono compiute, o sostenute nel confronto tra alleati, sono coerenti con il progetto nazionale dello stesso Partito democratico. Dopo una sintesi della premessa alla carta d’intenti, oggi proponiamo il punto 7 del documento, in concomitanza con la fase più calda della crisi Ilva.

Pubblichiamo da oggi, uno al giorno, i dieci punti che costituiscono la Carta d’intenti del Pd, il documento attorno al quale saranno costruiti il programma di alleanze e l’iniziativa del principale partito del centrosinistra. Ciò perché il Pd è forza di governo sia al Comune capoluogo che alla Provincia di Brindisi, ed i cittadini possano verificare se le scelte che vengono compiute, o sostenute nel confronto tra alleati, sono coerenti con il progetto nazionale dello stesso Partito democratico. Dopo una sintesi della premessa alla carta d’intenti, oggi proponiamo il punto 7 del documento, in concomitanza con la fase più calda della crisi Ilva.

Sintesi premessa

“L’Italia ce la farà se ce la faranno gli italiani. Se il paese che lavora, o che un lavoro lo cerca, che studia, che misura le spese, che dedica del tempo al bene comune, che osserva le regole e ha rispetto di sé, troverà un motivo di fiducia e di speranza. L’Italia perderà se abbandonerà l’Europa e si rifugerà nel suo spirito corporativo, se prevarrà l’interesse del più ricco o del più arrogante. Se speranza e riscatto non saranno il capitale di un popolo ma scialuppe solo per i furbi e i meno innocenti”.

“Questa Carta d’Intenti vuole descrivere l’Italia che ce la può fare, che ce la può fare ricostruendo basi etiche e di efficienza economica; che ce la può fare con uno sforzo comune in cui chi ha di più dà di più. Sappiamo che la politica ha le sue colpe. E che quanto più profonda si manifesta la crisi, tanto più le classi dirigenti devono testimoniare il meglio: nella competenza, nella condotta, nella coerenza”.

7. Sviluppo sostenibile

Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più importante che possiamo giocare nella globalizzazione, quella del saper fare italiano. Sarebbe sciocco pensare che nel mondo nuovo l’Italia possa inseguire nazioni molto più grandi e popolose di noi. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che sappia fare l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto, la duttilità, la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate all’estero. O di usare al meglio il nostro territorio, che non è solo arte e bellezza naturale, ma bacino di risorse, creatività, talento.

Il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso nell’euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la concorrenza della rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale “integralmente ecologica” è la prima e più rilevante di queste scelte.

Si tratta di sviluppare prodotti e servizi innovativi in quei settori che, in un mercato globale sempre più attento alle sfide ambientali, rendano l’Italia un punto di riferimento essenziale. Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le scienze della vita, le tecnologie legate all’arte, alla cultura e ai beni di valore storico, l’agenda digitale, le alte tecnologie della nostra tradizione.

Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi fra loro, a capitalizzarsi, ad accedere alla ricerca ed alla internazionalizzazione. C’è molto da fare. Mettere al centro in Italia l’economia reale e le forze che la promuovono, è un grande tema politico e culturale. Una vera svolta, dopo gli anni di una destra che ha lasciato nell’oscurità le prospettive produttive del Paese.

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