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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Cassano e quel senso smarrito della sinistra che ci induce a riparlare di socialismo

Sono veramente tante le osservazioni e le riflessioni a cui conduce il nuovo libro dell'on. Franco Cassano (Senza il vento della storia. La sinistra nell'era del cambiamento Laterza, 2014), già sociologo barese arcinoto per le sue iniziative di valore sociale nella città di Bari e per la sua vocazione critica verso il sistema politico italiano nel suo complesso

Sono veramente tante le osservazioni e le riflessioni a cui conduce il nuovo libro dell’on. Franco Cassano (Senza il vento della storia. La sinistra nell’era del cambiamento Laterza, 2014), già sociologo barese arcinoto per le sue iniziative di valore sociale nella città di Bari e per la sua vocazione critica verso il sistema politico italiano nel suo complesso, pervenuto, nell’ultima tornata elettorale nazionale, al soglio parlamentare quale capolista PD nella circoscrizione barese, ancorché con liste bloccate.

Sono molti gli spunti da sviluppare partendo dal suo libro, ma uno mi pare più significativo degli altri e tale, mi sembra, da caratterizzare pienamente e irreversibilmente il suo testo. Egli impiega numerose pagine a spiegarci le virtù salvifiche della finanza, non in generale, ma, nello specifico, quella ingigantitasi nell’ultimo quarantennio a ridosso dell’esaurirsi della spinta del “glorioso trentennio” del periodo post seconda guerra mondiale inteso come keynesiano e caratterizzato dallo sviluppo delle garanzie sociali (welfare) e dei diritti concessi al mondo del lavoro.

Argomenta questa sua predilezione per la finanza onnipotente con la convinzione che questa novità sia l’essenza stessa della modernità e che, come tale, essa sia un bene assoluto che ostinarsi a ignorare è non solo cecità, ma cattivo servizio al bene comune e, in particolare, al bene dei lavoratori che da questa elefantiasi della finanza avrebbero il meglio oggi possibile e, forse, ma lo aggiungiamo noi, entusiasti della lettura del mondo dell’on. Cassano, desiderabile.

Accusa certa sinistra di commettere l’imperdonabile errore di lottare contro questa finanza e le chiede di saper andare anche senza il vento della storia, che ancora credono di avere in poppa gli intellettuali o certi esponenti demodés della sinistra (tradizionale!) ancorati alla devozione verso i lavoratori di fabbrica o delle campagne o, comunque, non allineati alle scorribande finanziarie che quotidianamente ci appassionano con il loro gergo anglicante del tipo spread, spending review, o, ultimo nato, jobs act.

Sostanzia quest’idea con una lettura del processo di globalizzazione che mal s’accorda con la realtà effettuale attribuendo ad esso la valenza salvifica che risiede, invece, nei movimenti emancipatori che hanno determinato l’affrancamento dal giogo coloniale prima, e imperialistico poi, dei paesi una volta terzo mondo. È un errore macroscopico, ma non proprio del buon on. Cassano; è, infatti, quanto pensano tutti i teorici più conformisti del Partito Repubblicano statunitense e le menti più fini che abitano i diversi uffici della finanza internazionale sparsi nelle città del Sud America, del Sud Est asiatico e dell’Europa unificata.

Al prof. Cassano sfugge, forse per smania nuovista o per un subitaneamente introiettato desiderio di rottamazione, questa volta del pensiero critico di sinistra tout court, che quella finanza “liberatrice” cerca, in tutti i modi possibili, di impedire l’ulteriore emancipazione di quei paesi e, nel contempo, auspica restrizioni delle libertà politiche persino dei paesi europei, come ha candidamente chiesto la J. P. Morgan in un report dell’agenzia europea dell’ottobre 2013 che si riferiva esplicitamente al nostro paese che avrebbe una Costituzione “troppo democratica”, frutto della sua ideologia antifascista, che ne limita o impedisce lo sviluppo economico (sic).

Questa finanza - priva di etica democratica e civile dico io, non l’on. Cassano - sarebbe portatrice del nuovo verso cui la sinistra dovrebbe piegare la sua politica se non vuole scomparire (sembra quasi una minaccia). È questo il senso del volumetto che si iscrive tutto in quella tragica adesione acritica alla versione renziana della sinistra che va disperdendo, giorno dopo giorno, ogni significato della parola “sinistra” perché , così, di sinistra è chiunque si professa tale, come sta accadendo da Tony Blair in poi.

Forse è giunto il momento di parlare di socialismo, senza altro aggettivo, per ridar peso ad una versione alternativa della politica nazionale e internazionale, perché il termine sinistra, usato com’è senza più discernimento e controllo dei contenuti, è incapace di difendersi dalle contaminazioni che, anche con le migliori intenzioni di questo mondo, di fatto lo rendono inservibile e ormai privo di senso, come il volumetto dell’on. Cassano, al di là delle intenzioni dello stesso autore, ampiamente mostra, parlando di una cosa che ormai non gli appartiene.

 Ma qualcosa di buono il libro dell’on. Cassano ci dà; il senso della difficoltà, indubbiamente insormontabile, a rivestire di una cornice teorica appena accettabile il tentativo di legare alla sinistra la brodaglia indigeribile delle contraddizioni dei fatti e dei pensieri che il padrone della politica italiana va quotidianamente ripetendo a reti unificate a italiani sempre più disperati e, speriamo, più vigili di ieri sul loro destino.

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