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D'Attis all'Anci: "Tempi maturi per la compatibilità tra patto di stabilità e sviluppo"

PADOVA - “I tempi sono maturi per un confronto serio sulla compatibilità tra patto di stabilità e sviluppo, per affermare con decisione alcune preoccupazioni su come i vincoli di finanza pubblica ed in particolare il patto di stabilità interagiscono con l’esigenza inderogabile di aiutare il Paese ad uscire dalla crisi e di produrre sviluppo”.

PADOVA - “I tempi sono maturi per un confronto serio sulla compatibilità tra patto di stabilità e sviluppo, per affermare con decisione alcune preoccupazioni su come i vincoli di finanza pubblica ed in particolare il patto di stabilità interagiscono con l’esigenza inderogabile di aiutare il Paese ad uscire dalla crisi e di produrre sviluppo”.

Sono le parole di Mauro D’Attis, vicesindaco di Brindisi e delegato Anci alle attività produttive pronunciate a Padova, durante i lavori della XXVII Assemblea annuale Anci. “Ho parlato volutamente di interazione e non di mutua esclusione perché ritengo sia necessario affrontare la questione con serietà e responsabilità”. Per D’Attis “proprio per essere credibili nel mettere in evidenza l’esigenza di rivedere alcune regole e per fare delle proposte su come coniugare rigore economico e sviluppo, dobbiamo noi amministratori per primi raccogliere la sfida del risanamento ed abbandonare qualsiasi approccio ideologico: il patto di stabilità è un prezioso strumento di governo dell’economia a livello comunitario, la crisi è stata e resta terribile nonostante i segni di ripresa, ma se l’Italia ha potuto attraversarla senza correre i rischi che hanno investito altri Paesi meno solidi, è proprio grazie alla politica di rigore perseguita dal Governo di cui il patto di stabilità è stato strumento importante di una politica economica accorta di cui gli amministratori locali sono stati protagonisti”.

E cita dei dati: “È un dato oggettivo il fatto che il contributo al contenimento della spesa pubblica da parte dei Comuni a partire dal 2004 è stato di 3,3 miliardi di Euro a fronte di un deterioramento complessivo del settore pubblico pari a 32miliardi. L’aumento della spesa pubblica rispetto al PIL nel 2009 è ascrivibile soltanto per lo 0,2% ai Comuni, mentre ben lo 0,9% è dovuto a maggior spesa dello Stato e lo 0,5% alle Regioni”. Di conseguenza per D’Attis “i Comuni hanno risparmiato di più quando si è potuto, hanno aumentato di meno la spesa quando si è dovuto, e continuano ad essere il livello di governo dove si concentra una parte molto importante degli investimenti sul territorio, nonostante questi obiettivi si siano dovuti raggiungere sacrificando gli investimenti e non solo la spesa corrente”.

Per il delegato Anci “è un ottimo punto di partenza la proposta dell’Anci che prevede per il “nuovo” patto di stabilità l’imposizione del pareggio di bilancio di parte corrente prevedendo dei livelli di indebitamento ottimali o limite, differenziati e che tengano conto di una serie di realtà, che consentano appunto ai Comuni virtuosi di investire nello sviluppo. Un modello del genere – aggiunge - consentirebbe ai Comuni che hanno le risorse di poterle spendere e ai comuni virtuosi nella propria spesa corrente di ricorrere ad uno strumento che per quanto da tenere sotto controllo non può in nessun modo essere sottratto alle autorità pubbliche: quello di ricorrere al debito per gli investimenti”.

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