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Sabato, 20 Aprile 2024
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Devoto alla sua missione in giunta, ma in ufficio neppure una poltrona buona

BRINDISI - Secondo il più deteriore dei luoghi comuni i politici di ogni stazza e razza, schieramento e colore, una cosa in comune ce l’hanno: l’attaccamento alla poltrona. Niente di più falso, l’attaccamento, quello vero, è al bene comune. Checché ne dicano i maligni. Certo, anche la poltrona ha il suo perché, ma a patto di intendersi rigorosamente fuor di metafora. La conferma starebbe tutta in una richiesta indirizzata recentemente – si dice, si mormora – dall’assessore provinciale del Partito democratico Pietro Mita alla dirigente dei servizi finanziari di Palazzo de Leo, lamentando il deprecabile stato degli arredi d’ufficio, il suo. Pare infatti che il giovane membro dell’esecutivo provinciale, 44enne cegliese di nascita, devotissimo del presidente Massimo Ferrarese per vocazione (quasi più che al Pd), abbia recentemente impugnato fax e tastiera per porre fine al disagio, rivendicando con orgoglio il diritto a una poltrona nuova di zecca.

BRINDISI - Secondo il più deteriore dei luoghi comuni i politici di ogni stazza e razza, schieramento e colore, una cosa in comune ce l’hanno: l’attaccamento alla poltrona. Niente di più falso, l’attaccamento, quello vero, è al bene comune. Checché ne dicano i maligni. Certo, anche la poltrona ha il suo perché, ma a patto di intendersi rigorosamente fuor di metafora. La conferma starebbe tutta in una richiesta  indirizzata recentemente – si dice, si mormora – dall’assessore provinciale del Partito democratico Pietro Mita alla dirigente dei servizi finanziari di Palazzo de Leo, lamentando il deprecabile stato degli arredi d’ufficio, il suo. Pare infatti che il giovane membro dell’esecutivo provinciale, 44enne cegliese di nascita, devotissimo del presidente Massimo Ferrarese per vocazione (quasi più che al Pd), abbia recentemente impugnato la tastiera del pc per porre fine al disagio, rivendicando con orgoglio il diritto a una poltrona nuova di zecca.

Donde muova la rivendicazione, si capisce. E si capisce anche il tono un poco piccato dato che, a quanto pare, la richiesta in questione sarebbe l’ultimo atto di uno stato dei fatti che si trascina ormai “da diverso tempo”, non a caso l’incipit della missiva sembrerebbe essere esattamente questo. Non è decenza, scrive l’assessore allo Sviluppo e Programmazione economica, che in un ufficio pubblico il mobilio sia tanto “inadeguato”, come appare del tutto evidente anche a chi frequenta anche occasionalmente l’assessorato. Dal punto di vista funzionale, innanzitutto, ma anche da quello puramente estetico, aspetto secondario ma non del tutto irrilevante. Deprecabile, soprattutto, la poltrona cosiddetta presidenziale, per l’appunto. Trattasi di poltrona dallo schienale alto, papale si direbbe, generalmente di pelle (umana solo quella del capoufficio di Fantozzi), di fattura tale insomma da incorniciare tutto intero il prestigio di chi la siede, o vi ambisce come nel caso di specie. Descritto lo stato dell’arte, l’assessore Mita brevemente conclude con l’auspicio che al danno si ripari al più presto, seguono cordiali e distinti saluti.

Ora, pare che la missiva scritta con pugno fermo, abbia scatenato il quarantotto negli uffici di palazzo De Leo. La dirigente interpellata ha convocato architetti, dirigenti e ragionieri, per addivenire al più presto alla scelta adeguata, coniugando le esigenze di funzionalità con quelle dell’estetica, e l’ensemble con le magre capacità di spesa dell’ente. Affare più complicato del previsto. La discettazione si è conclusa con una intuizione illuminata: il funzionario di turno ha suggerito “chiamiamo l’esperta!”. Chi altri se non la celeberrima soubrette della reclame, espertissima di poltrone e sofà? Detto fatto, la signora dall’altro capo del ricevitore naturalmente ha prestato il suggerimento giusto. Quando infine, curiosa, ha chiesto chi fosse il fortunato, ha commentato “Beato chi se la fa, la poltrona presidenziale”.

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