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Marino e le finte consultazioni di Emiliano. Almeno sapremo chi ringraziare

Michele Emiliano e Matteo Renzi sono le due facce di una stessa medaglia. Per questo non si sopportano. Aggressivi e determinati tutti e due, grandi comunicatori (anche di fumo) entrambi. Delle rispettive pagelle come uomini di governo, uno è specialista dello zero virgola venduto a peso d'oro, e l'altro governa ancora da troppo poco per meritare un giudizio serio

Michele Emiliano e Matteo Renzi sono le due facce di una stessa medaglia. Per questo non si sopportano. Aggressivi e determinati tutti e due, grandi comunicatori (anche di fumo) entrambi. Delle rispettive pagelle come uomini di governo, uno è specialista dello zero virgola venduto a peso d’oro, e l’altro governa ancora da troppo poco per meritare un giudizio serio. Del loro partito, il Pd, gli interessa soltanto la legittimazione formale, per il resto lo ritengono (che poi non è del tutto sbagliato) soltanto una fastidiosa espressione burocratica.

Per questo lo hanno completamente destrutturato, trasformandolo in una diffusa ed indistinta rete di “votifici”. A conferma basterebbe uno solo di una lunghissima serie di esempi possibili: l’attuale rissa sul referendum per le trivelle che si terrà il prossimo 17 aprile. L’auspicio è che la posizione di Renzi, e dei suoi fedeli ventriloqui, faccia la fine che fece il famoso invito ad “andare al mare” che Bettino Craxi rivolse agli italiani in occasione di un altro famoso referendum, quello sull’abolizione delle preferenze.

Aggressività e determinazione, è anche quello che Michele Emiliano ha messo in campo nella scelta del candidato del Pd alle prossime elezioni amministrative. Aveva deciso che dovesse essere Nando Marino, il presidente della squadra di basket, e così è stato. Che ci fossero serie ragioni di opportunità e riserve su questa candidatura, e non solo di natura politica, a lui è interessato poco. Ha tirato avanti senza alcun ripensamento, ritenendo che la scelta di un possibile grande portatore di voti, possa cancellare la responsabilità che il Pd (ed Emiliano sapeva da tempo delle opacità di quel sistema di potere) si porta addosso per avere scelto nel 2012 Consales come candidato sindaco, ed aver sostenuto per quattro anni quella giunta sino al suo drammatico epilogo.

Basta un tocco di così plebeo populismo per cancellare questa enorme responsabilità politica? Siamo davvero ridotti a tal punto nella nostra Brindisi, città che Emiliano in ogni occasione sottolinea di amare, ma dalla quale vent’anni fa scappò o quasi? In quale altra civile città della nostra pur disastrata Italia, che comunque non è una sudamericana repubblica delle banane, si sceglie come candidato sindaco un signore che come unico titolo civile esibibile, oltre a quello di ottimo venditore di automobili, è quello di essere il padrone di una squadra di pallone (grazie a Dio a noi ci tocca quello più aristocratico del basket)? Suvvia, Emiliano lo spieghi.

A tutti, e non soltanto alla sua sparuta pattuglia di lealisti, nostalgici di un partito degno di definirsi tale (lasciamo perdere la definizione  di Sinistra, che è ben altra e nobile cosa che con il Pd non c’entra). E c’è dell’altro. Il Pd di Emiliano non solo non presenta un suo candidato sindaco, con tessera o tratto culturale e civile conducibili alla storia e ai valori di quel partito, ma ripete gli stessi errori commessi nel 2012. Quali garanzie offre, in caso di vittoria, di solidità, stabilità e discontinuità rispetto al passato con una coalizione come quella che, sia pure con tanta fatica, si pensa di mettere in piedi?

E’ possibile che i nuovi dirigenti del Pd, questa specie di “novelle vague” della politica, non abbia ancora capito che vincere non significa poi governare? E che garanzia, sul rispetto dei valori di cui il Pd è portatore, possono offrire gli eletti delle liste (due o tre) che si richiamano al candidato sindaco, piene o di pallonari in pensione o di transumanti della politica in servizio permanente effettivo? Emiliano impegna anche per costoro il suo prezioso faccione di falso cattivo?

Nel suo Pd, a Brindisi, è in atto una specie di guerra civile. Sulla carta il tesseramento dà un migliaio di iscritti. Ma non si è mai proceduto a riunirli insieme. Forse perché per evitare che si sbranino in una rissa collettiva occorrerebbe il reparto mobile di Taranto! Una parte, molto consistente, sta nel gruppo del cosiddetto “7 marzo” (Salvatore Brigante, Luciano Loiacono etc.) che coordinati da Pino Romano che ne ha presieduto l’assemblea, partecipa al raggruppamento civico (ex Laboratorio) più i fittiani che ha indetto le primarie per il 10 aprile prossimo. Possono costoro definirsi ancora appartenenti al Pd nel momento in cui partecipano alle elezioni in schieramenti ostili al Pd?

Nessuno sinora si è espresso ufficialmente, forse anche per evitare di affrontare il caso (imbarazzante) il disinvolto comportamento del consigliere Romano. Tanto più che a parlare con gli ”scissionisti”, tutti si dicono che si tratta soltanto di una situazione provvisoria, che si risolverà con una loro “riabilitazione” non appena, dopo il prossimo congresso, Emiliano sarà sostituito alla segreteria regionale da un renziano di provata fede. Poi c’è un altro consistente gruppo di iscritti che si richiama ad un paio di ex assessori e ex consiglieri comunali – anch’essi con un po’ di transumanze nel proprio curriculum politico - che consentirono il ribaltamento (la famosa Opa) a favore di Emiliano della situazione interna al partito di Brindisi. Come tratterà questa fazione Emiliano nella formazione delle liste? Saranno ricandidati, o anche per questi varrà il “piazza pulita” che ha annunciato?

Ed infine il gruppo dei “lealisti”. Avrebbe ingoiato la candidatura Marino solo per stanchezza e per disciplina di partito. Si dice anche perché il suo più autorevole rappresentante, quell’Antonio Elefante che con le sue dimissioni da segretario cittadino provocò il commissariamento della sezione, alla fine ha abbandonato la trincea dei resistenti. Un favore che Emiliano ricambierà con la sua ricollocazione, unico tra gli uscenti, nella lista del Pd? O avrà influito la anche vicinanza con altri appuntamenti elettorali e organizzativi?   

Due considerazioni finali. Ho da tempo denunciato che la nostra è, da qualche lustro, una città etero diretta. Se Marino alla fine della giostra risulterà eletto sindaco (ma ce ne vuole…), ancora una volta a deciderlo, in percentuale sempre più ridotta per il crescente aumento del partito del non voto, non saranno stati i brindisini, ma si è trattato di una scelta “mallevada” fuori dai nostri confini. Da Bari in questa occasione.

Qualcuno, nella società dell’apparire, abituato a giudicare le cose e le persone solo sulla base dello spazio occupato sui media, ma che non conosce la storia di Brindisi, dirà che è un bene: un San Michele che toglie il posto al disastrato San Teodoro,  sarà una pacchia! E poi, ma di questo mi riservo di scrivere appena le situazioni saranno più consolidate, le nubi che si addensano all’orizzonte della nostra città non fanno per niente prevedere per essa finalmente la possibilità di un futuro di semplice normalità. Almeno questo i brindisini lo meritano.  

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