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Intervento/ Anche a destra si attende il nuovo

Al di là dei problemi giudiziari di Berlusconi la questione interna al centro-destra appare ben più grave in considerazione del fatto che non si intravede chi potrà rappresentare con autorevolezza l'area liberale moderata.

Al di là dei problemi giudiziari di Berlusconi la questione interna al centro-destra appare ben più grave in considerazione del fatto che non si intravede chi potrà rappresentare con autorevolezza l'area liberale moderata che non si riconoscerà mai nelle politiche assistenzialiste di sinistra. Ciò che si percepisce all'interno del Pdl e nell'area politica affine è la speranza di un cambiamento che dopo un ventennio segnato dal berlusconismo possa trovare nuovi stimoli su un disegno condiviso.

Se si pensa che autorevoli statisti occidentali, dalla Thatcher a Reagan e altri, hanno governato per un decennio segnando la storia il periodo berlusconiano è indubbiamente fuori dal comune. Il timore è che ci possa essere una profonda crisi di rappresentanza politica dove i più rappresentano se stessi aggregando piccoli segmenti di elettorato incapaci di tenere insieme l'intero popolo del centro-destra maggioranza nel Paese.

Volgendo lo sguardo a livello periferico ci si accorge che si naviga a vista in attesa degli eventi, in alcuni casi si va avanti per dovere istituzionale senza alcuna direttiva, senza alcun coordinamento e il sentimento più comune che si percepisce è "l'attesa". Come si può pensare che possa funzionare una rete che va dal sindaco di provincia al parlamentare nazionale, passando dai coordinatori provinciali, regionali e nazionale, se tra di loro non c'è dialogo e tutti tendono alla difesa della propria posizione?

La base è disorientata e il rischio è quello di identificarsi solo nella contrapposizione alla sinistra perdendo di vista quei valori culturali che ci accomunano, il senso dello Stato, i vincoli di solidarietà, la libertà. Si pensa al ritorno a Forza Italia, progetto suggestivo ma che sa di minestra riscaldata e di soluzione transitoria. Si spera in una nuova legge elettorale che possa archiviare il tanto criticato "porcellum" che tutti a parole vogliono cambiare ma che nessuno cambia e che, tanto per essere chiari, è stato mutuato dalla legge elettorale in vigore in Toscana dove governa ininterrottamente il Pd che non sente affatto il bisogno di doverla modificare ma che a livello nazionale si presenta come puro e verginello.

L'abbandono del sistema bipolare con il ritorno al maggioritario darebbe la possibilità a quel popolo di moderati e riformatori di potersi riaggregare. Basti pensare che nel Pd convivono elettori ex Dc con ex comunisti con crescente insoddisfazione da ambo le parti, che il centro rappresentato da Monti e Casini è in evidente dissoluzione. Ciò darebbe la possibilità di ricostituire un pentapartito aggiornato ai tempi d'oggi avendo quale contrapposizione la ritrovata unità della sinistra. Questo darebbe la possibilità al nuovo soggetto politico di riprendere i rapporti con le parti sociali, sindacali, imprenditoriali, di ristabilire un efficace dialogo con l'Europa, di ridare fiducia al Paese.

Certo, è difficile immaginare che la vasta area elettorale che per un ventennio si è riconosciuta nel Pdl e in chi lo ha rappresentato, come d'incanto possa riorganizzarsi in assenza di un leader carismatico, si tratterà di inventarsi qualcosa di nuovo ma altrettanto efficace che possa motivare e tenere unito questo popolo. La speranza alberga in ciascuno di noi guai abbandonarla.

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