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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Intervento/ Città, critica e bene comune

"E' colpa del sindaco". Tipica affermazione. Tipico atteggiamento. E’ sin troppo facile riversare, sempre, le colpe sugli altri, guardare la pagliuzza o la trave negli occhi altrui evitando, sempre, di frugare nei propri. Facile, criticare.

"E' colpa del sindaco". Tipica affermazione. Tipico atteggiamento. E’ sin troppo facile riversare, sempre, le colpe sugli altri, guardare la pagliuzza o la trave negli occhi altrui evitando, sempre, di frugare nei propri. Facile, criticare: “fannu schifu... è totta ‘na mafia”. Comodo, giudicare mentre si messaggia delle puttanate davanti ad un costoso telefonino o comprando l’attrezzatura per il proprio hobby. Tipico, sentenziare, sempre, senza muovere un dito se non per cambiare canale col proprio telecomando muovendosi tra l’1 e il 7 come un cane per quanto gli permetta la catena. Tipico, colpevolizzare standosene adagiati nel proprio nido casalingo. E’ bello, per chiunque, prendersi un mondo messo a disposizione da altri o esigerlo senza impegnarsi per modificarlo.

Quello che scoperchiano, sempre, le inchieste giudiziarie, non è solo la colpa di un uomo di destra o di sinistra, non è l’interesse malsano di questa o quell’impresa, bensì, è mostrare sul tavolo, al momento, il regolamento di un intero giuoco societario in cui imperversa la miserabilità dei giocatori. Una ragnatela malsana, composta dagli stessi ragni, in cui è facile imbrogliarsi.

Certo, l’uomo comune non può paragonarsi all’uomo del potere, ma il malaffare si attua sia con l’azione di pochi, per esempio quelli che decidono a piacimento col diritto di abusarne a loro vantaggio, che col silenzio dei molti, con l’ignoranza di tutti e con la disunione, con l’indifferenza e il disinteresse collettivo, azioni che determinano la complicità.

Io credo che al giorno d’oggi il diritto di critica possa esercitarsi soltanto quando si fa il proprio dovere sociale, una specie di obbligo collettivo nei confronti del bene comune e della moralità, un compito che esula da qualunque attività svolta (casalinga, impiegato, libero professionista, eccetera, eccetera) e che comporta la dedica di parte del tempo libero di ognuno. Lo dobbiamo ai posteri ed è utile a noi stessi. E’ troppo ovvio colpevolizzare comodamente gli altri senza pensare che ognuno, nel proprio “piccolo”, faccia parte del sistema, perchè solitamente, o all’occorrenza, non rinunzia ai privilegi riservati ai pochi.

Continuamente mi domando se sia poi così difficile unirsi, parlarsi, chiarirsi, prima di offendersi, denunciarsi, litigare. Se sia così difficile vivere come in una grande famiglia. Ma il pensiero che mi assilla è che stiamo consentendo all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e della terra, di pregiudicare il futuro dei nostri figli e di arrivare a troncare la nostra stessa vita. L’azione più stupida che l’uomo possa fare. “Lu pesci nfitesci di la capu”. Forse, ma nessuna minuscola squama può ritenersi esente da colpe se quel pesce non sta andando nella giusta direzione.

Personalmente continuo a credere che il popolo brindisino, generalmente, sia composto di brava gente, “bueni cristiani”, usiamo dire, ma che hanno dimenticato il detto “bueni sini ma fessi noni”, facendosi defecare addosso dai governi e dallo straniero, accontentandosi dell’elemosina prostrandosi, e poi, lasciandosi calpestare senza reazione.

“Una educazione comune, obbligatoria e sbagliata ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è stare con i deboli. Ma io dico che in un certo senso tutti sono deboli, perchè tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perchè tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.” (Pier Paolo Pasolini)

 

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