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Sabato, 20 Aprile 2024
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La crisi dei partiti e il “caso Brindisi”: per un Pd non più esclusivo  

La crisi dei partiti origina dagli anni 80, in quanto le organizzazioni politiche forgiatesi nella lotta al fascismo, da formazioni di pensiero si erano andate trasformando in strutture di potere che “deformano la democrazia”

La crisi dei partiti origina dagli anni 80, in quanto le organizzazioni politiche forgiatesi nella lotta al fascismo, da formazioni di pensiero si erano andate trasformando in strutture di potere che “deformano la democrazia”. Già nel 1981 Berlinguer compendiò con l’espressione “questione morale” non una banale questione d’onestà dei singoli o di gruppi, ma quella gigantesca questione politica e democratica che era divenuta l’“occupazione delle istituzioni da parte dei partiti, della partitocrazia che le ha invase”. 

In quella veggenza vi era anche l’acuta percezione che stava morendo la “diversità” comunista, superata, dopo la sua morte, dalla progressiva trasformazione di quel partito “diverso” in un partito “normale” come gli altri, omologato al “sistema”. Era l’epilogo di una estenuante battaglia interna al partito tra due linee di pensiero divaricanti, che vide la soccombenza della diversità… berlingueriana.

Si discute ancora se quella “diversità” sia stata causa della ritardata modernizzazione del Paese. Certo è che la fine di quella “diversità” caratterizzò gli anni ’90 con l’affermazione di una concezione neo craxiana dei partiti, che sfociò in tangentopoli.
Ma soprattutto la morte di quella “diversità” nocque all’intero sistema politico nato dal dopoguerra, perché lo privò di quell’ “alternativa democratica” ad esso che ha prodotto nel tempo l’acuta febbre dell’antipolitica e del populismo dei giorni nostri.  

E’ bene ricordare, sia pure con inevitabile sommarietà, la genesi della crisi democratica dello Stato, per non incorrere nell’errore di ridurre storie, “scuole” e crisi locali odierne alla contingenza politica nazionale o territoriale e cittadina.
Anche la lettura del “caso Brindisi”, evocato in questo periodo, non può prescindere da questa genesi storica, sia pure con il “particulare” brindisino.

Non da oggi i partiti anche a Brindisi e provincia sono diventati delle “porte girevoli” dove entra ed esce chiunque alla bisogna, all’occorrenza e pure a richiesta. Assistiamo anche a Brindisi ai cascami di un partito, come il PD, che è andato decostruendosi e involvendosi nel corso di diversi anni, in ere pre renziane. Il decadimento culturale e dei comportamenti, che ha lasciato libero campo all’anarchia odierna, è il frutto amaro della progressiva diseducazione e disaffezione alla discussione democratica e collettiva.

La strumentale dialettica renziani-antirenziani non regge per i più. Lo ha dimostrato il Congresso che il re, il PD, è nudo e lo sarà anche in futuro, indipendentemente dalla sopravvivenza di Renzi o meno a questa turbolenta stagione politica, legata com’è più all’andamento dell’economia che alle interne pulsioni distruttive.

Essere ad esempio gruppi dirigenti e non diretti dai “cacicchi” locali, salvo eroiche eccezioni, come furono autorevolmente definiti diversi anni fa, è un problema politico e culturale della democrazia interna del partito da molto tempo. Certo, anche in altri tempi c’era chi “comandava”, ma allora si trattava di personalità che esprimevano un’egemonia politica per storia e cultura (penso ai Somma e ai tanti “lavoratori del braccio e della mente”, come i Carminucciu Blasi della nostra provincia), non di cacicchi locali che non solo obbligano all’obbedienza i sodali, pena l’esclusione dai circuiti del potere, ma anche all’esodo di tanti dalla politica attiva!

Un partito vero è una comunità di individui, di persone, di donne e di uomini che mettono in comune storie, passioni, pulsioni, idee, conflitti, esperienze, competenze e proposte per un obiettivo, un orizzonte, una visione comune. Al di fuori di questo un partito non è tale, né mai potrà sostituirlo la presenza compulsiva sui social, se non si vuole scadere nella caricatura della politica!

Al non partito di fatto quale sembra essere diventato per tanti caratteri il PD, corrisponde oggi il non partito dichiarato dei 5 Stelle, organizzato da una elite di navigatori dell’etere. Siamo all’avvento di una oligarchia telematica che tutto pretende di risolvere (politiche, candidature, regolamenti, espulsioni) con un inanimato algoritmo. E’ l’inveramento di un Grande Fratello di orwelliana memoria, la dittatura della oggettiva minoranza dell’etere, non la “dittatura della maggioranza” che si chiama democrazia. Siamo al partito elitario, esclusivo.
Ovviamente ciò non assolve i partiti “normali” che, pur dotati di Regolamenti e Statuti, li usano spesso e volentieri con discrezionale occorrenza, trasformando la regolamentazione della loro vita interna in una finzione della democrazia. 

Immaginiamo al contrario “un partito non esclusivo”, che non lascia fuori nessuno nel rispetto di regole e idee; un partito che non discrimina tra vecchio e nuovo, in quanto la politica non ha età, ma esalta e promuove in ogni tempo le qualità. Un partito democratico e di sinistra, non “sinistro” come certa sinistra. Un luogo dove piace starci, perché non chiede quanti voti “porti”, ma come puoi essere utile; un partito “di parte” dalla parte degli indifesi, dei deboli, degli ultimi….che promuove l’interesse generale per conquistare la maggioranza dei cittadini.

Ma la politica non è un’astrazione. Cammina sulle gambe degli uomini e delle loro storie. In terra di Brindisi una educatrice autocritica di chi ha contribuito, ognuno pro quota di potere, per scelte errate del passato, allo stato dell’arte, invoglierebbe tanti a dare un contributo a un progetto nuovo, “non più esclusivo”, che il PD dovrà avviare a settembre se vuole rinascere, cominciando a non tarpare le ali a chi dimostra voglia di “fare politica” sul serio tra i cittadini per i cittadini.

18 agosto 2016                        Ernesto Musio
                        della Direzione Provinciale del PD di Brindisi    

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