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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Intervento/ La sinistra e le generazioni "over"

Ho letto con interesse gli ultimi due interventi apparsi su BrindisiReport.it (Musio e Dipietrangelo) sul tema della sinistra. Faccio una premessa. Io sono cresciuta in una famiglia dove l’atteggiamento politico non è mai stato un “a sé” ma piuttosto la naturale componente di una più ampia educazione alla cittadinanza attiva.

Ho letto con interesse gli ultimi due interventi apparsi su BrindisiReport.it (Musio e Dipietrangelo) sul tema della sinistra e, dal mio piccolo punto di vista, vorrei aggiungere alcune considerazioni. Faccio una premessa. Io (e, come me, molti della mia generazione) sono cresciuta in una famiglia dove l’atteggiamento politico non è mai stato un “a sé” ma piuttosto la naturale componente di una più ampia educazione alla cittadinanza attiva (oggi si chiama così), di cui senso civico, rispetto delle regole, senso di appartenenza ai luoghi del vivere civile e partecipazione responsabile alle scelte individuali e collettive erano aspetti, oserei dire, quasi scontati. Ma purtroppo questa è già storia.

I giovani di oggi sono i figli di un modello educativo diverso, la cui scala di valori spesso non contempla ai primi posti la partecipazione politica. Per questo penso che non solo ai giovani debba rivolgersi la sinistra oggi. Bisognerebbe rivolgersi anche alle generazioni dei trenta-quaranta-cinquantenni che di questi giovani sono e saranno i principali educatori (anche solo attraverso la pratica di uno stile di vita) e dai quali passa e passerà l’approccio educativo determinante.

Bisogna rivolgersi alle donne di 30, 40, 50 anni che stanno portando avanti, da sole e a volte anche in maniera inconsapevole, un cambiamento culturale definitivo e irreversibile. Bisogna rivolgersi agli uomini di 30, 40, 50 anni che “scontano” la difficoltà di riposizionarsi in un modello di sviluppo economico diverso, che si impone giorno dopo giorno nei fatti, ma che la politica, l’attuale classe politica, non riesce ancora a gestire.

Tutti abbiamo bisogno di un sogno ma il sogno per “aggregare emozionare muovere” non può restare utopia, non può permettersi di deludere. Il sogno deve essere progetto, anche a lungo termine, deve prevedere un risultato realizzabile, se pur complesso, deve includere la possibilità di un’identificazione da parte di tutti e di ciascuno, per la propria parte e arte, in un obiettivo comune, nella tensione dell’attesa, nel desiderata che si porta con sé. Ma perciò deve essere “contestualizzato”, legato al territorio, riferirsi ad un qui ed ora (Brindisi oggi) rispetto al quale le persone devono potersi “immaginare concretamente” un qui domani (la Brindisi dei nostri figli ma anche quella tra 5, 10 anni).

E soprattutto un sogno per diventare progettualità comune  e condivisa, e per ciò stesso individuale,  deve poggiarsi su uomini e donne in grado di farlo camminare, leader ma anche comprimari. Uomini e donne  in grado di aggregare per la forza della passione con cui agiscono le proprie azioni, riconoscibili ai più anche per l’onestà morale e intellettuale, capaci di unire esaltando le diversità nel più ampio disegno del raggiungimento di un risultato comune. Sono le gambe di alcuni uomini e di alcune donne, oggi come nel passato, le sole in grado di far camminare grandi progetti.

E la sinistra? La sinistra di Brindisi?  Un sogno/progetto di sinistra non può che essere un progetto di rideterminazione di condizioni di eguaglianza e di democrazia (oggi). Ma deve anche contemplare scenari concreti di cambiamento nel locale (Brindisi: quale politica industriale, culturale, turistica, marittima, agricola, ambientale….) e nel particolare del vissuto di quei trenta- quaranta- cinquantenni e di tutti i giovani e meno giovani a cui la sinistra vuole rivolgersi (lavoro, sanità, trasporti, scuola, servizi, vivibilità…). E deve voler scommettere la ns sinistra, proprio quella “brindisina” , come quella nazionale, su uomini e donne nuove.

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