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Intervento/ Riforma Province, città metropolitane e Comuni: legge nata già morta

Dopo un dibattito molto articolato, approfondito e culturalmente di livello eccellente (si fa per dire), il Parlamento ha approvato a luglio la legge 56/2014 recante" Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di Comuni". Una legge nata già morta

Dopo un dibattito molto articolato, approfondito e culturalmente di livello eccellente (si fa per dire), il Parlamento ha approvato a luglio la legge 56/2014 recante” Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”. Una legge nata già morta in quanto promulgata “In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione” e già approvata in prima lettura dal Senato l'8 agosto.

Il tenore letterale della norma non chiarisce però se si tratta di una speranza o di una certezza considerato che in Italia, notoriamente, non vi è nulla di più definitivo di ciò che si dichiara provvisorio.   Dipenderà dalla fine che farà la riforma costituzionale del Senato.

La caratteristica principale di questa legge è data dalla sua chiarezza sistematica(sic!). Essa è composta da un articolo (art. 1) e da 151commi! La tradizionale articolazione delle leggi in titoli, capi, sezioni, articoli e commi, che di norma si utilizza in applicazione del principio della chiarezza e semplicità delle leggi, è stata saltata a piè pari. Un solo articolo e chi vuole trovare ciò che cerca deve leggersi tutto il testo.

Il contenuto della legge, invece, in quanto a qualità, supera ogni più rosea previsione. Le città metropolitane individuate sono in tutto otto (esclusa Roma e quelle comprese tra le regioni a statuto speciale), il cui “territorio coincide con quello della provincia omonima”. (Andatevi a trovare il comma relativo).

Studi demografici hanno accertato che le tre più grandi città metropolitane, lasciamo perdere ogni confronto con quelle europee, contano mediamente poco più di tre milioni di abitanti ciascuna, mentre il numero complessivo costituirebbe all’incirca un terzo della popolazione italiana.

Se ed in quanto le città metropolitane dovranno costituire il fulcro della nuova organizzazione periferica dello Stato non può non balzare agli occhi che da questo tipo di organizzazione resterebbe esclusa una cospicua parte degli abitanti pari a circa i due terzi della popolazione totale. In Puglia Bari sarà città metropolitana e coinciderà con l'attuale provincia i cui abitanti avranno un regime e una governance istituzionale diversi dal resto degli oltre tre milioni di pugliesi.

Un cittadino di Altamura sarà amministrato in maniera differente da un cittadino di Mesagne. Uno avrà la città metropolitana, l'altro non avrà niente se non una associazione o unione di Comuni.

Per le Province invece, la legge è chiara. Dovevano essere soppresse ma “entro il 30 settembre 2014 si vota (in maniera indiretta) per le Province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014”. A seguito di una proroga si voterà ad ottobre. La Provincia di Brindisi è politicamente acefala da molto tempo ed è nelle mani di un commissario che in maniera ragioneristica sta amministrando le "cose provinciali".

La precisione della legge si spinge finanche a prevedere che le schede elettorali saranno fornite “a cura dell’ufficio elettorale”: perbacco! (Andatevi a trovare il comma).  Il consiglio provinciale sarà un organo di secondo livello, non eletto direttamente dai cittadini, ma dai “sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia”.

Tradotto significa che il consiglio provinciale sarà rappresentato dalle maggioranze dei relativi consigli comunali. Ove, per ipotesi, le leggi devono essere generali ed astratte, vi fosse omogeneità politica tra le maggioranze dei vari Comuni, l’opposizione di quel territorio non avrebbe titolo ad essere rappresentata. Non pensate che questa ipotesi possa essere tanto fantasiosa. Infatti, nessuno pensava che l’anatra zoppa potesse “azzoppare” decine di consigli comunali, eppure l’applicazione pratica della legge elettorale comunale, pure sbandierata come modello di governabilità, ha dato prova di debolezza proprio sul punto. (In attesa di un prossimo referendum per la sua abrogazione: manca solo quella dal carnet della Corte Costituzionale).

I singoli partiti ma soprattuto i singoli consiglieri ,fiutata la opportunità della provvisorietà, sono alla ricerca di accordi per diventare consiglieri e amministratori provinciali con il solo intento di gestire il presente. Quanto auspicato da alcuni dirigenti del Pd in un opportuno e interessante documento pubblicato in questi giorni, mi sembra utile per aprire un dibattito che fino adesso non c'è stato. Infatti dopo questa legge e la soppressione della Provincia, del futuro dei nostri territori, dei nostri Comuni, dei cittadini, da parte di partiti e degli stessi sindaci, non una parola.

Va bene: le riforme istituzionali sono necessarie e lo Stato abbisogna di un suo ammodernamento anche istituzionale. Ma tra nuovi " costituenti" e fauna politica in campo si rischia sempre che "fatta la legge trovato l'inganno". Ma, mio padre avrebbe detto: “ non è piettu pi loro”.

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