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Intervento/ Un bilancio sul filo del rasoio

Dal bilancio consuntivo del 2012 del Comune di Brindisi è emerso un avanzo di quasi 25 milioni di euro, dei quali 15,5 milioni circa non vincolati, che potrebbero essere utilizzati nel corso del 2013. Una situazione in apparenza rassicurante, che in prospettiva può diventare problematica.

Dal bilancio consuntivo del 2012 del Comune di Brindisi è emerso un avanzo di quasi 25 milioni di euro, dei quali 15,5 milioni circa non vincolati, che potrebbero essere utilizzati nel corso del 2013. Una situazione in apparenza rassicurante, che in prospettiva può diventare problematica sotto il profilo finanziario, se si fa riferimento ai soli elementi strutturali di bilancio, depurati dalle entrate straordinarie, non ripetibili, registrate nel corso del 2012 e all’elevatissimo volume di residui attivi (crediti) vantati dal Comune, che oltretutto fa sorgere non poche perplessità sulla capacità dell’amministrazione comunale di incassare i propri crediti.

Questa l’eredità dolorosa della precedente amministrazione, che dà evidenza di un bilancio ingessato, scarno, con poche possibilità di manovra, che impone grande cautela nell’utilizzo delle risorse, perché potrebbe causare qualche preoccupazione nel prossimo futuro, specie in proiezioni federalista. Sappiamo tutti che una amministrazione pubblica (ma anche una società o un’impresa privata) risulta economicamente in buona salute, quando le entrate correnti riescono a coprire le spese correnti (titolo I), cioè quelle relative alla normale gestione dei servizi pubblici.

Le cifre relative al consuntivo 2012 riferiscono, che rispetto ai 110.713.604,43 euro di entrate correnti rivenienti dai primi tre titoli di bilancio, sono state registrate 96.247.741,83 euro complessive di uscite, di cui 92.520.366,83 euro per spese correnti e 3.727.105 euro di quota capitale per rimborso prestiti, che la precedente amministrazione, in pochi anni ha quasi raddoppiato, portandoli da 34 milioni di euro iniziali a 65,5 milioni di euro circa, che comporta il pagamento di una rata annuale, per sorte capitale ed interessi, di 6.634.873 mila euro (13 miliardi di lire circa). Quasi l’intero importo dell’ addizionale Irpef comunale versata da tutti i cittadini brindisini.

Nondimeno, a conti fatti, nel 2012 è emersa una differenza positiva di 14.465.862,6 euro. Ma se depuriamo le entrate correnti dell’entrata straordinaria dei 14.737.343,15 euro relativa agli arretrati Ici delle centrali elettriche, che evidentemente il Comune non percepirà nei prossimi anni, il risultato diventa negativo per 271.210,55 euro, che nelle previsioni si è pensato di pareggiare facendo ricorso, come è avvenuto negli anni precedenti, agli oneri di urbanizzazione, sottratti alla loro funzione naturale di impiego per il finanziamento degli investimenti.

Una differenza che incide negativamente sulla futura capacità dell’amministrazione di andare avanti autonomamente, di assicurare i servizi, resa ancora più difficile e incerta dalle decisioni del governo di sottrarre ai Comuni, trasferendole allo Stato, le risorse Imu relative alle grosse aziende, alla quale si deve aggiungere l’incertezza della compensazione delle risorse sulla prima casa da parte dello Stato, ma anche le maggiori spese correnti connesse con la gestione di quanto nel frattempo si è realizzato o è di prossima realizzazione in questa città.

Tutto comunque si poggia sulla montagna di crediti di oltre 201,6 milioni di euro circa (oltre 390 miliardi di lire), dei quali 71,2 milioni anteriori al 2008. Ai cittadini purtroppo, per una decisione che riteniamo illegittima, è stato negato il diritto riconosciuto dalla legge di avere cognizione piena dei residui in rimanenza, distinti per anno, e dei motivi che hanno determinato la cancellazione di parte di essi, considerata la riluttanza, salvo poche eccezioni, alla pubblicazione del loro elenco sull’albo pretorio, come prescrive la legge. Un elenco di cui non si trova traccia, mi dicono, anche fra gli allegati alla delibera approvata dal consiglio comunale.

Ma questa montagna di residui non è ininfluente sul bilancio e sull’avanzo, perché potrebbero essere successivamente dichiarati per molte ragioni inesistenti. La stessa Corte dei Conti, negli anni scorsi, nella relazione redatta in occasione della verifica effettuata nel Comune di Brindisi, ebbe modo di rammentare alla giunta ed al consiglio comunale “che il mantenimento di un certo volume di residui attivi (crediti) viola i principi di chiarezza, veridicità ed attendibilità del bilancio in quanto non consente una corretta rappresentazione dei dati finanziari e contabili, rendendo inattendibile l’eventuale avanzo realizzato, perché può essere fittizio e non reale, con grave rischio dei futuri bilanci dell’ente”.

Presumo siano gli stessi motivi che hanno spinto il collegio dei revisori a raccomandare di “limitare il più possibile l’applicazione dell’avanzo non vincolato, (15,5 milioni di euro circa) per evitare tensioni finanziarie e destinarlo a far fronte ai debiti fuori bilancio ed al vincolo di crediti di dubbia esigibilità, nonché a vincoli di passività potenziali, aumentando il fondo di svalutazione in misura maggiore della percentuale minima prevista dalla legge”.

Sono preoccupazioni che mi sento di condividere totalmente e che ho avuto modo di rappresentare in più circostanze alla precedente maggioranza ed al commissario straordinario, unitamente alla necessità di ridurre maggiormente l’indebitamento , per consentire maggiori margini di manovra nella gestione del bilancio, per poter affrontare con più agilità i contraccolpi finanziari prodotti dalla crisi, ma anche per evitare di scaricare sugli altri, sulle future generazioni, le scelte sciagurate di questi ultimi anni.

 

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