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"La crisi e la torre d'avorio di Grillo"

Analizzare il personaggio Beppe Grillo è diventato un esercizio abituale, tanto più insistente in quanto, negandosi egli a qualsiasi rapporto diretto con la stampa e Tv nazionali, alimenta diverse interpretazioni sulle sue posizioni ed azioni politiche.

Analizzare il personaggio Beppe Grillo, da quando ha assunto un ruolo rilevante sulla scena politica italiana, è diventato un esercizio abituale, tanto più insistente in quanto, negandosi egli a qualsiasi rapporto diretto con la stampa e Tv nazionali, alimenta diverse interpretazioni sulle sue posizioni ed azioni politiche.  Il fondatore del M5S si giustifica dichiarando che tutti i mezzi di comunicazione nel nostro paese sono asserviti e di nessuna attendibilità e, pertanto, non meritevoli di attenzione da parte sua.

In realtà, dietro il disprezzo e l'alterigia del personaggio si cela con tutta evidenza l'incapacità di accettare in campo aperto e non sulla rete, tra la cerchia dei fedelissimi, un confronto paritario ed argomentato con altri di diverso orientamento politico.  Ecco, che allora si concede e diventa loquace con i giornali e le Tv stranieri, dove può esporre in soliloquio e senza rischi il suo programma e la sua versione della realtà italiana, mentre si rifiuta di accogliere il dibattito, qui, nel nostro paese, con interlocutori in grado di smontare la costruzione artificiosa del suo "pensiero", che si basa su un equivoco di fondo ed una premessa sbagliata.

La semplificazione di partenza è che in Italia non esista una destra ed una sinistra; che non vi sia sostanziale differenza tra i due principali partiti, ormai omologatisi, PDL e PD, spregiativamente etichettato il secondo come PDL senza la 'L' e, conseguentemente, che la responsabilità del decadimento del paese sia da imputarsi "fifty-fifty" ai predetti partiti: "ergo", che i loro dirigenti vanno"rottamati" e mandati tutti a casa.

Questa rappresentazione di comodo e "pro domo sua" della realtà del paese non tiene conto, però, dello svolgimento obiettivo degli eventi degli ultimi venti anni, a partire dalla "discesa in campo" di un personaggio impresentabile come Berlusconi che, forte di uno smisurato potere mediatico ed economico, salvato a suo tempo e reso più robusto ed inattaccabile dal fu Bettino Craxi, ha potuto dominare nel paese, segnando in negativo e "profondo rosso" la storia del ventennio trascorso.

E' questa anomalia, sconosciuta agli altri paesi democratici ed il conseguente squilibrio delle due forze in campo, all'origine e la causa dei mali nazionali.  Inoltre, mettere sullo stesso piano, come fa Grillo, il PD, strutturato democraticamente, anche se con alcuni limiti ed insufficienze, ma con un dibattito interno in cui diverse posizioni si confrontano liberamente ed il PDL, a struttura verticistica ( ben imitato, del resto, con qualche accentuazione dallo stesso Grillo nella gestione del M5S), dove l'unico padre-padrone seleziona i dirigenti in base alle sue esigenze personali, per essere sicuro che gli stessi in ogni momento e circostanza si ergano a strenui difensori dei suoi problemi giudiziari ed interessi economici, significa alterare la verità dei fatti e prendere un grosso abbaglio, che porta ad errate conclusioni.

In verità a Grillo fa comodo fornire questa versione falsata della realtà, insistendo che non vi sia differenza alcuna tra i diversi partiti in campo: solo così egli può esaltare il suo ruolo, la sua novità e diversità nello scenario politico.   A tale scopo, egli ha fatto proprio e portato all'esagerazione il detto comune dei "politici tutti uguali e tutti ladri", nel quale si condensa il sentimento dell'antipolitica e che ci siamo sentiti ripetere infinite volte, in particolare dagli elettori della destra, messi di fronte all'ennesimo scandalo compiuto dai loro rappresentanti ( in numero e gravità ben maggiore rispetto a quelli che hanno visto coinvolti alcuni esponenti della sinistra, caro Grillo!).

Certo, puntando su questi temi e su altri, quali quelli degli alti costi della politica   e degli effetti disastrosi, sul piano economico e sociale, provocati dalle misure del governo dei tecnici, Grillo ed il M5S sono riusciti a fare il pieno dei voti. Tuttavia, la forza raggiunta elettoralmente rischia di trasformarsi in debolezza , se il M5S non esce dall'isolamento in cui si è cacciato, prigioniero della visione dell'uno (partito) che vale l'altro, che gli impedisce di compiere la scelta di favorire la nascita del governo Bersani.

Concordare con il presidente del consiglio incaricato la realizzazione di alcuni punti programmatici in comune, significherebbe, infatti, per Grillo legittimare lo schieramento del centro-sinistra ed il rinnovamento che vi è stato nelle sue file, sconfessando, così, tutta la sua campagna rivolta a fare "tabula rasa" dei partiti esistenti, per mirare a raggiungere il mitico risultato del 100%.  Ecco, che allora si tira indietro!  Non ha ancora capito il Nostro che in politica i cambiamenti richiedono intelligenza, tempismo, disponibilità alla mediazione (nel senso alto del termine), tempo e pazienza.

Chiudersi in una "torre d'avorio", in sdegnato isolamento guardando la sinistra con sospetto e biasimo, serve solo a soddisfare il proprio "ego" smisurato  e ad alimentare la convinzione infondata di essere nel  giusto mentre gli altri hanno torto.  Quando si persegue irragionevolmente la strada del "tutto o niente", non solo il niente è sicuro, ma lo è anche il peggio.

Ed il nostro peggio è dietro l'angolo: se il tentativo di Bersani dovesse fallire e si tornasse presto a votare, non vuol dire per Grillo sperare di arrivare al 100%, bensì di permettere a Berlusconi, responsabile di aver portato così in basso il paese, di raggiungere la maggioranza e distruggere anche la più piccola speranza di cambiamento.

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