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Un ricordo di Coga e una riflessione sull'editoria meridionale, bene da tutelare

Alcuni giorni fa se ne è andato Raimondo Coga. Ho letto le cose belle che hanno detto o scritto di lui Beppe Vacca, Luciano Canfora, Mirella Giannini. Non lo conoscevo bene anche se lo conoscevo da tantissimi anni. Quando nel ‘68 volevo fare qualcosa che assomigliasse a un lavoro, Coga mi face fare il corettore di bozze della sua piccola casa editrice

Alcuni giorni fa se ne è andato Raimondo Coga. Ho letto le cose belle che hanno detto o scritto di lui Beppe Vacca, Luciano Canfora, Mirella Giannini. Non lo conoscevo bene anche se lo conoscevo da tantissimi anni. Quando nel ‘68 volevo fare qualcosa che assomigliasse a un lavoro, Coga mi face fare il corettore di bozze della sua piccola casa editrice. Poi divenni redattore di Laterza e i rapporti di lavoro si interruppero.

Qualche anno fa, tramite Beppe Vacca, pubblicò un mio phamplet sui girotondi e il radicalismo di sinistra che cascò nel bel mezzo di un congresso  dei Ds e un molto autorevole compagno mi disse che era meglio non dare fuoco alle polveri, così che quella prima stampa non ebbe un gran riscontro.

Quello che mi spinge ora a scrivere non è il mio ricordo di lui. Ovvero non solo quello. Uomo di impresa, così diverso da altri editori meridionali per questa sua passione per la scienza, per le culture politiche non maggioritarie, per la ricerca in mondi lontani, anche nel passato lontano. So che ha combattuto la malattia con forza e coraggio che aveva in proporzioni gigantesche.

Raimondo Coga-2Ho visto che con i suoi figli ha fatto ancora crescere la Dedalo che continua ad essere punto di riferimento dell’editoria intelligente. Quel che mi preme scrivere è che sempre, dico sempre, post mortem ci accorgiamo dei nostri uomini migliori. Soprattutto di quelle formiche che hanno lavorato per decenni nel mondo della cultura pugliese meridionale.

L’editoria meridionale, cioè una cosa che viene prima degli autori meridionali, è un miracolo economico e culturale. Non c’è regione che non abbia alcune case editrici di valore con scrittori autoctoni o anche con pubblicazioni prese, per così dire, dal mondo. In Puglia ne abbiamo avuti e ne abbiamo tantissime, anche ormai fondate da giovani.

La domanda è questa: stiamo facendo di tutto per salvare questa imprenditoria culturale così preziosa? Vedo con molto piacere che ci si occupa di cinema e di altre attività artistiche. Sento dire che la carta è ormai cosa vecchia. Tuttavia l’editoria pugliese è piena di tesori, autori, storie, anche storie locali, incursioni in mondi lontani.

Coga era un uomo venuto su dal niente, nel senso che non aveva una tradizione familiare alle spalle, credo, ma che ha creato una “cosa” di cui parliamo tuttora e che, grazie ai suoi figli, sarà sempre al centro dell’interesse culturale. Mi chiedo se accanto alle tante belle manifestazioni estive sui libri non è possibile immaginare una vetrina dell’editoria pugliese. Forse il nuovo giornalismo, quello on line, dovrebbe prendere questa bandiera nelle sue mani. Puglia terra di editori. E’ un bel titolo.

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