Ecco cosa c'è dietro il lungo assedio del Pd regionale al sindaco
L’organizzazione delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali aveva lasciato tracce, determinando l’allarme tra i fedelissimi del sindaco Mimmo Consales, praticamente l’unico primo cittadino di area Pd colpito da indagini per reati non certo secondari, e con un processo già in corso, al quale non era stato posto il problema delle dimissioni immediate
BRINDISI – L’organizzazione delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali aveva lasciato tracce, determinando l’allarme tra i fedelissimi del sindaco Mimmo Consales, praticamente l’unico primo cittadino di area Pd colpito da indagini per reati non certo secondari, e con un processo già in corso, al quale non era stato posto il problema delle dimissioni immediate. Insomma, ben altre pressioni avevano subito Ignazio Marino e lo stesso Vincenzo De Luca, per restare al Partito democratico. Ma a Consales era stato concessa la sanzione minima, l’autosospensione, cosa che non gli ha impedito di avere comunque l’ultima parola sulle scelte amministrative, godendo della presenza pressoché nulla del partito sulle grandi questioni della città.
Poi lo scontro con il segretario regionale nonché governatore della Puglia, Michele Emiliano, che si era reso conto che l’autosospensione del sindaco di Brindisi dal partito non aveva affatto ridotto l’influenza sullo stesso Pd di Consales e della sua maggioranza. La controprova è stata la richiesta disattesa di taglio dalla giunta degli assessori Pasquale Luperti e Antonio Monetti. Da quel punto in poi la crisi tra Emiliano e Consales ha allontanato anche il Comune di Brindisi dalla Regione Puglia, in una sorta di sovrapposizione perversa tra crisi interna al Pd e rapporti istituzionali, con ampia strumentalizzazione delle vicende Tap e riforma dei porti, ad esempio (anche per errori dello stesso Emiliano).
In mezzo, il commissariamento del partito in città, con l’invio a Brindisi di Sandra Antonica dopo le dimissioni del segretario cittadino Antonio Elefante, diventato anche nella pratica quotidiana acerrimo nemico del sindaco, con scontri plateali in pubblico e guerre sui social network. Tutto ciò in un contesto in cui la città ha cominciato a sentire l’assedio di gravi problemi nel settore dei servizi (il ciclo dei rifiuti su tutti), ma anche il fiato sul collo di crisi che hanno modificato la percezione della tenuta occupazionale e produttiva dei grandi gruppi presenti nel territorio (chimica, energia, metalmeccanica), la riforma dei porti.
Ma quale è stata la reazione del Comune di fronte a questi nuovi scenari? La razionalità è stata accantonata per avviare invece campagne inconcludenti in nome di presunti interessi lesi dal governo e dalla Regione, il renzismo decisionista sposato in origine da tutti gli attori è stato messo da parte per vestire i panni dei rivoltosi di fronte alle riforme e alla strutturazione degli interventi per il Sud. Il rinnovamento urbanistico della città è stato fermato (ed anche questo settore è finito al centro di indagini), i grandi appalti sono fermi. E’ tutta farina del sacco di Consales, questo scenario in cui Brindisi è rimasta isolata? Probabilmente no.
Ma la corda è stata tirata troppo, e adesso non c’è altra via, per il Pd regionale e per l’opposizione consiliare, che togliere definitivamente a questa amministrazione la possibilità di continuare. Qualcuno dirà che si tratta di un piano esterno per affossare Brindisi. Chi vuole, può crederci. E’ difficile del resto assolvere chi ha permesso alla situazione di giungere sino a questo punto, ma Brindisi ha toccato il fondo e non può permettersi di affrontare probabili, future congiunture, oppure le sfide per riemergere, con una guida tanto debole da essere stata costretta a continui rimpasti e a soccorsi urgenti basati su interessi personali. Se il problema non si risolverà in queste ore, sarà comunque solo questione di tempo.