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Sunniti, Sciiti e le responsabilità della politica americana nelle origini dell'Isis

Tahar Ben Jelloun, romanziere, poeta e giornalista di origine marocchina, nel suo ultimo libro si chiede: "L'Islam é davvero, per sua natura, violento ed antidemocratico, come molti lo dipingono, sull'onda dei recenti avvenimenti?"

Tahar Ben Jelloun, romanziere, poeta e giornalista di origine marocchina, nel suo ultimo libro si chiede: “L’Islam é davvero, per sua natura, violento ed antidemocratico, come molti lo dipingono, sull’onda dei recenti avvenimenti?” ed ancora: “Si può non temere l’Islam dopo le minacce, le parole d’ordine gridate, le stragi?”

Certo, in primissima istanza - anche sulla spinta di molta parte degli “opinion makers” e dei media - che sfruttano questi avvenimenti per scopi puramente commerciali, omettendo di  indagarne le ragioni - verrebbe da sentenziare che, sì, questo Islam é indubbiamente violento ed  antidemocratico e, pertanto, pericoloso. Sebbene alcuni aspetti dei recenti (e meno recenti) avvenimenti siano da tenere in considerazione per la sicurezza delle Nazioni Europee, inclusa l’Italia, non possiamo non chiederci il perché tutto ciò sia avvenuto.

Intanto, quando parliamo di Islam (parola araba traducibile con “sottomissione, abbandono, consegna totale di sé a Dio”), bisogna tenere conto che il mondo Islamico, é un mondo che abbraccia 1,6 miliardi di seguaci, un mondo variegato, nel quale, accomunate nella fede ad Allah, convivono molte anime. Tra queste, due sono le principali: i Musulmani Sunniti (coloro che seguono la Sunnah, la consuetudine, la tradizione) ed i Musulmani Sciiti (da shi’at Alì, il Partito di Alì) che, alla morte del Profeta Maometto nell’anno  632, generarono uno scisma e si separarono dai Sunniti e che, da allora, sono acerrimi rivali.

Crimini di guerra dell'Isis-2All' origine dello scisma non vi è una diversa lettura dei sacri testi, una disputa teologica, una fondamentale differenza liturgica; le due fazioni sono il risultato di quella che nella storia delle dinastie europee viene abitualmente definita una “guerra di successione”, una “guerra di poltrone” quindi; non un conflitto “teologico” ma “politico”. Alla morte di Maometto la scelta del successore cadde su uno dei seguaci, Abu Bakr, a cui fu conferito il titolo di “califfo” (dall’arabo kalîfat rasūl Allâh, vicario o successore del Profeta di Dio).

Un nutrito gruppo di dissidenti riteneva che sarebbe stato giusto rispettare il criterio della genealogia familiare e chiamare al califfato Ali ibn Abi Talib, marito di Fatima, figlia di Maometto, e padre dei suoi nipoti. Da allora, il partito di Ali, considera i Sunniti una banda di usurpatori, sebbene i Sunniti siano circa il 90% del mondo musulmano ed abbiano tradizionalmente esercitato il potere anche nei Paesi dove la maggioranza (come nel caso dell'Iraq sino alla fine del regime di Saddam Hussein) era sciita. Il solo grande Paese musulmano in cui gli Sciiti siano al potere è l'Iran.

Bisogna poi sempre tenere conto che nei Popoli di origine Arabica, non vi é quello che per noi é il “concetto di Stato”; per loro, la forma usuale di governo é la Tribù, formata dai Clan famigliari e, talvolta, la Tribù viene prima anche della religione. Infine si deve comprendere che per l’Islam la religione é Stato ed i precetti religiosi sono Leggi dello Stato.

Comprendere questi aspetti é fondamentale perché, senza aver chiaro in mente questi concetti, non sarebbe possibile cercare di interpretare correttamente i fatti di attualità. Sebbene queste dispute tra Sunniti e Sciiti, siano andate  avanti per secoli, é stato con la colonizzazione Anglo-Francese (accordi Sykes-Picot, che nel maggio  del 1919, sancirono la spartizione dei territori del Vicino e Medio Oriente tra Francia ed Inghilterra, dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano a termine della 1^ Guerra Mondiale),  e con l’insediamento dello Stato di Israele in Palestina, che i rapporti dell’Occidente con - e nel - Vicino Oriente ed il Maghreb, si sono esacerbati.

Tuttavia, se dobbiamo trovare la causa scatenante della situazione attuale, essa é senz’altro da ricercare nella politica Usa nel vicino oriente e nell’invasione dell’Iraq  (e, successivamente, dell’Afghanistan) compiuta da G.W. Bush nel 2003.  Da sottolineare come il neocolonialismo degli Usa sia sempre stato animato dalla spasmodica e spregiudicata corsa all’accaparramento delle risorse energetiche e non certo dalla sbandierata “esportazione della democrazia”; del resto, quale democrazia potrebbe esportare un Paese che dal 2002, nella prigione della Base di Guantanamo a Cuba, ha detenuto illegalmente centinaia di prigionieri senza che nessuno di essi sia mai stato sottoposto ad un giudizio in Tribunale?

Miliziani Sciiti assediano le forze dell'Isis a Tigrit-2L’improvvida invasione dell’Iraq ha avuto due conseguenze nefaste: la prima é stata l’inevitabile  caduta di Saddam Hussein che - leader di una minoranza Sunnita - governava e controllava (forse, con metodi discutibili) un Paese a maggioranza Sciita; la seconda,  é stata l’insediamento del Governo di al-Mālikī, voluto dagli Usa, che ha privilegiato gli Sciiti ed umiliato i Sunniti prima al potere. Tutto questo ha fatto sì che l’Iraq sia diventato il “territorio di tutti i terrorismi” e il teatro di una nuova guerra di religione tra i Sunniti i gli Sciiti. (Nella foto, miliziani sciiti iracheni assediano le forze dell'Isis a Tigrit)

In questo quadro, forze estremiste jihadiste “fanatiche” Sunnite occupano un terzo dell’Iraq ed un quarto della Siria ed autoproclamano la nascita dello Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (abbreviato in ISIS o Dāʿish o Daesh, in arabo) che, nel giugno 2014, si é trasformato nel Califfato Islamico a capo del quale si é posto l’autoproclamato  Califfo Abu Bakr Al Bagdadi, il cui vero nome è Ibrahim Awwad Ibrahim al-Badri. Da notare che, simbolicamente, quasi a evocare un ritorno alle origini dell’Islam, egli ha adottato il nome del primo Califfo che resse l’Islam alla morte di Maometto, dal 632 al 634.

Un’altra cosa curiosa che mi preme sottolineare é che sia Al Baghdadi che 17 dei 25 componenti dello stato maggiore del Califfato, erano prigionieri delle Forze americane in Iraq ed erano detenuti nel campo di detenzione di “Camp Bucca”, ma furono rilasciati in seguito al parere di una commissione che ne raccomandò “il rilascio incondizionato”… un errore di valutazione della Cia? o, piuttosto, una strategia mirata?

L’Isis, facendo leva sulla politica anti-sunnita del governo iracheno di al-Mālikī, é riuscito ad attrare nelle fila del suo esercito molti ba’thisti fedeli al deposto Saddam Hussein, come ex militari delle Forze armate Irachene e della Guardia Repubblicana, ex combattenti dell’Afghanistan e della Cecenia e molti giovani europei, di origine islamica e non, i cosiddetti foreign fighters. Un esercito di fanatici sanguinari che, interpretando in maniera distorta il jihâd, si é macchiato di atroci delitti, per di più trasmessi in diretta sui media.

Tuttavia non si deve fare l’errore - che fanno molti media - di confondere termini come “guerra santa” o come “jihâd” (che letteralmente significa “sforzarsi”, “applicarsi a qualcosa” per rafforzare l’Islam e proteggere i credenti), con il “terrorismo”; infatti, nella tradizione musulmana, il jihâd (sostantivo  maschile, quindi non la jihâd, come riportano i media) non consente l’uccisione di uomini, donne e bambini, siano essi musulmani o non musulmani.

Nel settembre del 2014, per arginare l’espansione dell’Isis, é nata una coalizione di cui fanno parte Regno Unito, Australia, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Polonia e Turchia, oltre che a Stati “Sunniti” come la Giordania e l’Arabia Saudita (sebbene gran parte dei finanziamenti all’Isis vengano da privati sauditi e dei Paesi del Golfo).

Abu Bakr al Baghdadi-2Quello che preme far rilevare é che, ancora una volta, sebbene non se ne parli sui media, la molla di tutto sembrerebbe essere stata il petrolio, visto che il rinnovato attivismo Usa é coinciso con il momento in cui l’Isis, per finanziarsi, ha cominciato a vendere sottocosto il petrolio che stavano estraendo dai pozzi che si trovano nei territori del Califfato.

Ed é nel quadro di questa “guerra all’Isis” che va vista anche la recente “apertura” di Obama verso l’Iran degli Ayatollah in quanto, nonostante le ripetute smentite da entrambe le parti, Teheran, non solo ha permesso agli Stati Uniti di sviluppare una strategia militare per arginare le forze dell'autoproclamato Stato Islamico ma le sue forze aeree sono intervenute direttamente in Iraq contro postazioni dell’Isis.

A questo punto mi si potrebbe dire: “Quindi?, come arginare questi fenomeni aberranti?”. É evidente che siamo di fronte ad un processo in continua evoluzione sul quale non é possibile fare delle chiare previsioni. Quello che é abbastanza intuibile é che non saranno esclusivamente i “bombardamenti chirurgici” della coalizione a fermare l’Isis. Nelle more delle future decisioni al riguardo dei Governi interessati, quello che mi sento di affermare é che non esiste una ricetta sicura per mettere fine, o limitare i fanatismi - islamici e non che siano.

La Storia ci ha dimostrato che non é con la forza delle armi che si vincono le guerre, ma con la forza delle idee; con la forza della cultura. Credo, pertanto, che bisognerebbe, partendo dalla scuola, insegnare il rifiuto del fanatismo, insegnare la tolleranza perché é dall’intolleranza che nasce il razzismo, nasce il rifiuto e l’emarginazione dell’altro che, attraverso l’incomprensione reciproca, porta al conflitto ed al terrorismo.

*L'autore dell'articolo è un ufficiale della Marina Militare in congedo, e con il Reggimento San Marco ha partecipato a varie missioni all'estero

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