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Lettera/ L'ultimo cruccio di zio Mino, politico d'altri tempi

Ho letto la nota di Carmine Dipietrangelo sulla morte di Cosimo Saracino, per me Zio Mino. Per me molto più di Zio Mino, da unico legame con il cattolicesimo essendo stato lui e sua moglie, Zia Dora, i miei padrini di battesimo, a maestro di sport e, molto spesso, ospitante nella città più bella del mondo

Ho letto la nota di Carmine Dipietrangelo sulla morte di Cosimo Saracino, per me Zio Mino. Per me molto più di Zio Mino, da unico legame con il cattolicesimo essendo stato lui e sua moglie, Zia Dora, i miei padrini di battesimo, a maestro di sport e, molto spesso, ospitante nella città più bella del mondo.

Magari sarà sembrato troppo “politico” ma per Zio Mino la politica era tutto. Ha attraversato il PCI, il PDS, i DS fino al PD, portandosi la bandiera nella bara, perché lui ha sempre preferito “sbagliare con il partito che aver ragione da solo.” Ci separammo politicamente per questo, visto che io preferii “sbagliare da solo piuttosto che aver ragione con il partito.”

Quando è giunta la notizia ferale ho ripensato alle sue infinite campagne elettorali, alle sue raccolte di denaro per le feste de l’Unità, alla sua franchezza e alla sua lealtà con tanti compagni che non sempre la hanno ricambiata.

Mi son chiesto se ne valeva la pena di tutti quei sacrifici, della sezione e della sua disponibilità ad autotassarsi per tenerla aperta. Se ne va un uomo “politico” che ha dato tutto alla politica. Se ne va con la stessa dote economica con la quale è entrato. Nulla aveva quando ha preso la prima tessera del PCI, nulla ha ora che non può più prendere la tessera.

Se ne va con il cruccio di non aver potuto risolvere il problema di una signora così povera da non potersi permettere una tomba e per la quale ha tormentato, per cercare una soluzione impossibile, un caro amico che fa il sindaco. La signora, per ora, della tomba non ha bisogno, ne ha avuto bisogno lui.

Anche lui senza potersela permettere ma con una famiglia grande alle spalle, di quelle famiglie che non lasciano solo nessuno. La politica per Zio Mino era questo, la sezione del partito non era che il luogo nel quale tutti potevano trovare una grande famiglia. Ha ragione Carmine, era un ingenuo, o forse aveva capito tutto prima di tutti.

Ho letto la nota e, personalmente e per tutta la famiglia, colgo l’occasione per ringraziarlo per come lo ha descritto. Mi sia permesso solo di ricordare a Carmine che anche lui, per Zio Mino, era uno di famiglia. E a lui chiedo di farsi latore delle aspirazioni di un uomo che, nella tomba, si è portata la bandiera del Pd.

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