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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Lotta al caporalato: “Il valore della proposta di legge che introduce il reato di specie”

BRINDISI - Stop al caporalato. La battaglia promossa dalla Cgil che punta dritto verso il licenziamento di una legge che introduce nel codice penale italiano il reato di specie contro caporali e padroni, passa anche da Brindisi. Si è tenuta ieri, presso la sala conferenze di palazzo Nervegna a Brindisi una tavola rotonda promossa dal sindacato confederale alla presenza del segretario generale della Flai Puglia Giuseppe De Leonardis, i responsabili della vigilanza tecnica della direzione provinciale del lavoro di Brindisi Francesco Taveri e Maria Teresa Cuppone, Dino Testini della direzione provinciale Cgil, con gran finale affidato a Mercedes Landolfi della Fillea Cgil nazionale.

BRINDISI - Stop al caporalato. La battaglia promossa dalla Cgil che punta dritto verso il licenziamento di una legge che introduce nel codice penale italiano il reato di specie contro caporali e padroni, passa anche da Brindisi. Si è tenuta ieri, presso la sala conferenze di palazzo Nervegna a Brindisi una tavola rotonda promossa dal sindacato confederale alla presenza del segretario generale della Flai Puglia Giuseppe De Leonardis, i responsabili della vigilanza tecnica della direzione provinciale del lavoro di Brindisi Francesco Taveri e Maria Teresa Cuppone, Dino Testini della direzione provinciale Cgil, con gran finale affidato a Mercedes Landolfi della Fillea Cgil nazionale.

La presentazione dell’iniziativa è stata affidata alla segretaria generale della Flai Brindisi Giovanna Tomaselli, che nel suo intervento ha saputo sapientemente restituire la memoria storica del fenomeno, la stringente attualità del dramma che pesa sulla pelle dei braccianti, e le prospettive future di contrasto. La tappa brindisina è la prima in Italia, dopo la proposta di legge presentata al congresso nazionale del 24 gennaio scorso a Roma, da Susanna Camusso, Walter Schiavella e Stefania Crogi.

Dal congresso capitolino direttamente a Brindisi, tutt’altro che a caso. Nella lunga relazione introduttiva Giovanna Tomaselli ha ricordato una ad una le giovani vittime del caporalato in terra di Brindisi, nomi mai abbastanza ripetuti, come quelli di “Lucia Altavilla 17 anni, Pompea Argentiero 16 anni, Donata Lombardi 23 anni mamma di tre piccoli bambini ed altre rimasero feriti,stipate in 50 in un pulmino di nove posti”, giovanissime braccianti di Ceglie Messapica, morte il 19 maggio del lontano 1980. Tragedia a cui troppe altre sarebbero seguite. Fino ai giorni nostri.

Il caporalato è tutt’altro che un anacronismo, una pagina di storia da rammentare. Il fenomeno eternamente capace di rinnoversi, che fa il paio con le mutazioni delle organizzazioni criminali sempre al passo con i tempi, è più che mai attuale. Lo sanno i giovani migranti sfruttati per un pugno di euro, costretti al silenzio dal bisogno e dalla mannaia dell’espulsione che quotidianamente incombe, grazie alla Bossi-Fini. Ma lo sanno anche i braccianti italiani, costretti allo stesso silenzio con la colpevole complicità della politica. “Gli allarmi sociali si creano solo quando ci sono i morti”, ha rammentato Giovanna Tomaselli, che in nome della Cgil tutta ha rilanciato la proposta di legge.

“La campagna  Stop al caporalato nasce da due ragioni fondamentali – ha spiegato Giovanna Tomaselli -, la prima legata alla crisi, perché l’emergenza occupazionale ha portato a una forte recrudescenza della piaga del lavoro nero, rendendo ancora più deboli i lavoratori e le lavoratrici dei settori maggiormente coinvolti, cioè agricoltura ed edilizia,che insieme al settore dei servizi sono i più colpiti dalla presenza del lavoro nero e grigio, di evasione ed elusione fiscale e contributiva. La seconda ragione nasce dalla ormai improcrastinabile necessità di introdurre nella legislazione il reato di caporalato,come reato contro la persona".

"Non è possibile - aggiunge - che oggi  in caso di intermediazione illecita nell’avviamento al lavoro,risponde solo il caporale con una semplice sanzione amministrativa non anche il datore di lavoro che si avvale della intermediazione del caporale. È una piaga endemica, che in territori come il nostro sappiamo a quali aberranti condizioni di schiavitù costringe centinaia di migliaia di lavoratori. Un fenomeno che ha dietro la regia della criminalità organizzata, conseguenza  delle blande sanzioni previste dalla legge in caso di incriminazione e quindi conveniente per inserirsi ed a operare nel circuito illecito del reclutamento della manodopera”. I ritardi colpevolmente accumulati dalla politica non consentono ulteriori indugi, l’ora di rimediare è scoccata ormai da un pezzo. “Se non ora quando?”, è l’interrogativo lanciato a bomba verso le istituzioni e la società civile.

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